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Era stato proprio Vittorio Sgarbi, all’epoca assessore regionale ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana, a proporre e promuovere, sotto suggerimento di Sebastiano Tusa, che poi prese il suo posto nel ruolo istituzionale, in sinergia con il Comune di Catania, l’assemblaggio della Testa Biscari e del torso del kouros di Lentini ritenuti, già dal 1927, parti della stessa opera.
Il kouros, statua greca raffigurante solitamente un giovane, era una forma d’arte con funzione funeraria o votiva molto diffusa nel periodo arcaico e classico, tra il VII e il V secolo avanti Cristo; le due parti erano state rinvenute in epoche diverse, il torso a Lentini in provincia di Siracusa nel 1908, la testa nel ‘700 e, successivamente, esposte separatamente a Siracusa al Museo archeologico Paolo Orsi e a Catania al Museo civico di Castello Ursino.
Il primo ad affermare con sicurezza che si trattasse di parti della stessa statua fu nel 1927 Guido Libertini.
Con il sostegno di Fondazione Sicilia, l’intesa con l’Assessorato e con i Comuni di Siracusa e Catania oggi l’opera vive sotto nuova luce e bellezza: dopo il restauro conservativo, condotto nei laboratori del Centro Regionale Progettazione e Restauro della Regione Siciliana, e l’unione delle due parti, adagiate su un basamento monolitico in grigio di Billemi, opera di Giacomo Rizzo, il kouros ritrovato rimarrà esposto fino al 13 gennaio 2019 a Palazzo Branciforte, nella Sala della Cavallerizza, in un ideale dialogo con la collezione archeologica permanente.
“Le evidenze scientifiche confermano l’appartenenza dei due reperti a un’unica scultura – ha detto l’assessore Tusa, curatore anche dell’esposizione – e il loro ricongiungimento costituisce a tutti gli effetti un nuovo ritrovamento archeologico che arricchisce il patrimonio culturale della Sicilia. La multidisciplinarità con la quale abbiamo operato è stata l’arma vincente: il meglio delle conoscenze scientifiche messe in campo per un risultato straordinario”.
Da questo momento in poi l’opera continuerà a essere concepita come una realtà unitaria, non più come due distinti reperti conservati in musei diversi: dopo Palermo il kouros sarà infatti esposto, già da febbraio 2019, al Museo civico di Catania per poi essere trasferito a Siracusa, al Museo archeologico Paolo Orsi, dove un convegno internazionale concluderà l’evento.
“Con il sostegno a questa iniziativa – ha concluso il presidente di Fondazione Sicilia, Raffaele Bonsignore – abbiamo contribuito a riportare in vita un’opera di straordinaria bellezza che, nella nuova unione, rappresenta un bene collettivo non più della singola città“.
Tra i professionisti impegnati nell’opera di recupero: Lorenzo Lazzarini, Fabrizio Agnello, Filippo Cucco, l’Associazione culturale LapiS e la SIQILLIYA srl, incaricata del restauro e dell’allestimento.
Allo svelamento del “nuovo reperto archeologico” era presente anche Vittorio Sgarbi che, in questa occasione, ha annunciato un’altra azione che intende promuovere, che interesserà la cornice ritrovata della Chiesa dello Spasimo di Palermo.