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Il 10 maggio, alle 17,30, verrà inaugurata a Venezia, davanti Palazzo Zenobio, l’installazione inedita di Domenico Pellegrino “I’m the Island” in occasione della 58esima Esposizione Internazionale d’Arte a Venezia, intitolata “May You Live In Interesting Times“.
L’opera di Pellegrino è stata voluta da Mokhlesur Rahman e Viviana Vannucci, curatori del Padiglione del Bangladesh che, accanto agli artisti bengalesi, hanno voluto affiancare un siciliano che con l’acqua, tema del Padiglione, ha stretto da tempo un rapporto privilegiato.
In Bangladesh l’acqua è malata: nonostante i suoi 54 fiumi, con corsi condivisi con l’India, le falde sono contaminate da arsenico o spesso devono fare i conti con la siccità.
Il rapporto con l’acqua, dunque, è vitale e malefico nello stesso tempo, si tenta di trasformare il terreno, renderlo vivo, ma il lavoro è lungo e costoso. Da queste considerazioni il tema dell’acqua.
Dinanzi al settecentesco Palazzo Zenobio, sede del Collegio Armeno Moorat-Raphael, dei padri Mechitaristi, approderà l’installazione, una barca che sa di viaggio, percorso, ricerca di conoscenza, voglia di vita.
Una barca che affiora sull’acqua, è un tappeto luminoso che sembra rimandare ad altro, ad un racconto sinuoso che supera tempo e spazio, e unisce idealmente due territori lontanissimi: il Bangladesh da cui è tratta la forma, e la Sicilia che veglia sul contenuto.
Pellegrino ha lavorato sul modello delle imbarcazioni tipiche bengalesi, barche in legno scuro che scivolano sul fango di un Paese che si vede inghiottire dall’acqua; e ha raccolto e annodato un filo che lo conduce in Sicilia, all’antica famiglia Rodolico, ai maestri d’ascia citati già ne “I Malavoglia” di Verga.
“Il tema della ‘Sete’ va oltre il semplice aspetto fisico di espandersi in molti territori intellettuale- artistico – spiega Domenico Pellegrino – Purificare e sublimare il mondo fenomenico da qualsiasi connotazione negativa e trasformarlo in qualcos’altro, in un’opera d’arte, appunto. La sete di acqua pura che le persone sentono non è solo un requisito fisico, ma diventa espressione di desiderio di vita e conoscenza”.
La barca al suo interno traghetta la cultura di un popolo vivo, simboleggiato dalla luce, e protetto dalla stessa barca, come due mani trattengono la cosa più importante al mondo. Le luminarie ridisegnano alcuni decori del Bangladesh, elementi presi a prestito dalla natura, riscritti e ridisegnati attraverso la cultura siciliana.
L’installazione, completata da una scritta al neon “I’m The Island”, sarà esposta temporaneamente nel canale antistante al Palazzo, per poi essere spostata all’interno della residenza settecentesca dove verrà esposta, sempre di Pellegrino, “Cosmogonia Mediterranea”, l’isola di luminarie che è rimasta sul fondo del mare dinanzi a Lampedusa, dopo aver viaggiato per il Mediterraneo.
Quest’ultima opera è stata dedicata a Sebastiano Tusa l’archeologo, scomparso poche settimane fa nel disastro aereo in Etiopia, che sostenne sin dall’inizio il progetto dell’artista.
Le opere rimarranno esposte fino al 23 novembre.