“Il modello organizzativo dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati non funziona. La gran parte del territorio siciliano è gestito dagli uffici che hanno sede in Calabria, mentre Palermo, Trapani e Agrigento fanno riferimento alla sede dell’Agenzia che è a Palermo, con modelli amministrativi che in alcuni casi differiscono l’uno dall’altro. E’ un tema da affrontare, occorre sistematizzare e affrontare i nodi di difficoltà amministrativa. Sono queste le parole di Antonello Cracolici, presidente della commissione Antimafia dell’Assemblea regionale siciliana ribadite durante la relazione ad un anno dal suo insediamento. Sulla questione del riutilizzo dei beni confiscati se ne discute infatti ormai da anni.
La mappatura di Libera
L’associazione Libera ha pubblicato i dati aggiornati dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, relativi al 22 febbraio 2024. A livello nazionale, sono stati destinati un totale di 22.548 beni immobili (particelle catastali) ai sensi del Codice antimafia, registrando un aumento del 14% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, permane la presenza di 19.871 immobili ancora in gestione ed in attesa di essere destinati. Riguardo alle aziende, sono state destinate 3.126, evidenziando un incremento del 77% rispetto al 2023, mentre 1.764 sono ancora in fase di gestione.
Nel contesto siciliano, si registra la destinazione di 7.727 beni immobili (particelle catastali), mentre 8.656 rimangono ancora in gestione ed in attesa di assegnazione. Per quanto riguarda le aziende, in Sicilia sono state destinate 551, mentre 913 si trovano ancora in fase di gestione. Questi dati mettono in luce sia i progressi compiuti nella destinazione dei beni confiscati, sia la necessità di accelerare il processo di assegnazione per ottimizzare il loro utilizzo a fini sociali ed economici.
Le criticità di sistema
“La Sicilia è la regione con il più alto numero di beni immobili confiscati, circa il 60 per cento. Così come alto è il numero di imprese tolte ai boss, ma allo stesso tempo nell’Isola registriamo un livello di mortalità di queste aziende pari al 98%, un dato inaccettabile”, ha aggiunto Cracolici. “Molte delle imprese confiscate ai boss nascono solo per riciclare denaro – ha proseguito -, ma ci sono anche aziende in cui lavorano decine e decine di persone. Il rischio è che quando queste imprese falliscono passi un messaggio pericolosissimo: che con la mafia si lavora e con lo Stato si vivono grandi difficoltà“.
Le critica del presidente Cracolici sul modello organizzativo dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati sollevano importanti questioni riguardanti l’efficacia e l’efficienza delle politiche di contrasto alla criminalità organizzata, in particolare in Sicilia. La decentralizzazione e la disomogeneità nel funzionamento dell’Agenzia, con uffici sparsi tra diverse regioni e modelli amministrativi variabili, possono compromettere la capacità di gestire in modo adeguato i beni confiscati. I dati forniti da Libera confermano l’entità del problema, evidenziando il vasto numero di beni immobili e aziende confiscati in Sicilia. Tuttavia, l’alto tasso di mortalità delle imprese confiscate sottolinea una criticità nel processo di riutilizzo di queste risorse. Il paradosso che si viene a creare trasmette un messaggio pericoloso alla società ovvero che con la mafia si lavora e che l’affidarsi allo Stato comporta quindi quasi sempre un fallimento.
Una risorsa da sfruttare
Le imprese confiscate potrebbero rappresentare risorse economiche preziose per la comunità, offrendo opportunità di lavoro e contribuendo allo sviluppo locale dei territori. Tuttavia una gestione inadeguata, provoca una perdita di risorse economiche e di opportunità per la popolazione siciliana. Questo crea un vuoto che potrebbe essere sfruttato dalle mafie per infiltrarsi nuovamente nell’economia e nella società, un inevitabile circolo vizioso senza uscita. Inoltre, una cattiva gestione dei beni confiscati trasmette un pericoloso messaggio di impunità. Se il governo non è in grado di gestire efficacemente questi beni e di utilizzarli per contrastare la criminalità organizzata, le mafie interpretano questo come un segnale di debolezza e inefficacia. Di conseguenza, il loro potere e la loro influenza nella regione si rafforzano, alimentando ulteriormente il ciclo di illegalità e corruzione.
Questa situazione sottolinea l’importanza di adottare politiche e misure efficaci per il riutilizzo responsabile dei beni confiscati, che tengano conto delle implicazioni sociali ed economiche coinvolte. Diventa essenziale quindi garantire che le imprese confiscate siano gestite in modo trasparente e legale, favorendo la continuità delle attività che contribuiscono al benessere della comunità e combattendo allo stesso tempo il riciclaggio di denaro sporco e l’infiltrazione delle mafie nell’economia. Solo attraverso un impegno deciso per la legalità e la trasparenza nella gestione dei beni confiscati, insieme a politiche di sostegno all’imprenditoria legale, diventa possibile contrastare efficacemente il pericoloso messaggio che deriva dal fallimento delle imprese confiscate e costruire un futuro migliore per le comunità colpite dalla presenza della mafia.