Polizia e carabinieri hanno individuato capi e gregari delle famiglie mafiose di Roccella e Brancaccio, quartieri della zona orientale di Palermo, ricostruendo oltre cinquanta estorsioni ai danni di imprenditori e commercianti. Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo mafioso. Le operazioni, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, sono denominate ‘Stirpe’ (carabinieri) e ‘Tentacoli’ (polizia), e giungono al termine di due anni di indagini sulla scia dei blitz precedenti ‘Maredolce 1’, ‘Maredolce 2’ e ‘Sperone’, concluse tra il 2017 e il 2019.
La polizia ha fermato 13 persone: Giovanni Di Lisciandro, di 70 anni; Stefano Nolano, 42; Angelo Vitrano, 63; Maurizio Di Fede, 52; Gaspare Sanseverino, 48; Girolamo Celesia, 52; Sebastiano Caccamo, 66; Giuseppe Ciresi, 32; Onofrio Claudio Palma, 42; Rosario Montalbano, 35; Filippo Marcello Tutino, 60; Salvatore Gucciardi, 41; Giuseppe Caserta, 45. I 13 sono coinvolti nel troncone dell’inchiesta che riguarda le famiglie mafiose di Roccella e Brancaccio, che secondo gli investigatori sarebbero guidate rispettivamente da Giovanni Di Lisciandro e Stefano Nolano.
I carabinieri si sono concentrati sul mandamento di Ciaculli-Brancaccio, fermando il 63enne Giuseppe Greco, il 71enne Ignazio Ingrassia e il 58enne Giuseppe Giuliano. Giuseppe Greco sarebbe il reggente del mandamento.
Di Lisciandro e Nolano avrebbero “gestito la rete relazionale mafiosa” della famiglia di Roccella, fissando incontri e “gestendo” i proventi delle estorsioni e del traffico di droga “con particolare attenzione – dice la polizia – al mantenimento dei familiari dei detenuti“.
A Vitrano, invece, sarebbero stati affidati compiti di raccordo con gli elementi di spicco della famiglia di Ciaculli e di coordinamento del lavoro di Di Fede. Quest’ultimo, secondo gli investigatori, sarebbe “la mente operativa” della famiglia mafiosa, “con compiti di promozione e organizzazione delle estorsioni e del traffico di stupefacenti“.
Montalbano, Gucciardi, Palma e Ciresi sarebbero stati i soldati pronti a raccogliere il pizzo a Roccella e a individuare le nuove attività da taglieggiare: “A questi ultimi bastava avvicinarsi ai commercianti, senza necessità di minacce esplicite, per ottenere quanto preteso“, dicono gli investigatori.
Il gruppo aveva a disposizione anche armi perfettamente funzionanti e pronte all’uso.
Per la famiglia di Brancaccio spiccano i nomi di Celesia e Tutino: il primo avrebbe partecipato a riunioni ai massimi livelli del mandamento mafioso, anche con i Greco di Ciaculli, e coordinato le attività criminali del clan. Tra gli esattori della famiglia di Brancaccio ci sarebbe Gaspare Sanseverino, che secondo gli investigatori sarebbe stato “punto di riferimento” di Celesia e della famiglia per le estorsioni “e per una vera e propria mappatura delle attività commerciali sul territorio“.
Caserta, infine, scarcerato poco peno di due mesi fa, secondo gli investigatori “si è subito proposto agli attuali vertici di Brancaccio mettendosi a disposizione e rivendicando un ruolo in seno alla compagine mafiosa“.