Borsellino quater: “nessuna trattativa tra lo Stato e la mafia”. Questa è la tesi dell’avvocato dello Stato Salvatore Faraci, spiegata durante la sua arringa nel processo Borsellino quater, che si celebra al Tribunale di Caltanissetta. Faraci è legale di parte civile della presidenza del consiglio dei ministri, della presidenza della regione Sicilia e dei ministeri dell’interno e della giustizia. Secondo la sua ricostruzione, dal quarto processo per la strage di via D’Amelio non sarebbero emersi “elementi per sostenere l’esistenza di una trattava tra lo Stato e Cosa nostra”. Una dichiarazione importante che arriva a quasi 25 anni dalla strage. “La Corte d’assise di Palermo si esprimerà – conclude Faraci – ma ad oggi non sono arrivati riscontri sul punto e le dichiarazioni ed i documenti forniti da Massimo Ciancimino si sono rivelate contraddittorie, inattendibili e manipolatorie”.
Proseguendo nella sua disamina, Faraci ha chiesto un risarcimento danni complessivo per 120 milioni di euro a carico dei cinque imputati del quarto processo per la strage di via D’Amelio.
Il legale ha sottolineato l’attendibilità delle parole del pentito Gaspare Spatuzza e ha chiesto che Salvo Madonia e Vittorio Tutino, imputati di strage, versino nelle casse dello Stato 10 milioni di euro a testa, mentre i restanti 100 milioni dovranno essere versati complessivamente, sulla base della richiesta della parte civile, da Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Calogero Pulci che rispondono di calunnia per le falsità raccontate. Gli interventi dei legali di parte civile proseguiranno mercoledì quando sono previste le arringhe dei legali di associazioni antimafia, altri enti e di alcuni difensori dei familiari delle vittime dell’attentato del 19 luglio ’92, costato la vita a Paolo Borsellino e ai cinque poliziotti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
A Caltanissetta, intanto, si attende la sentenza; il procuratore Amedeo Bertone ha chiesto a fine 2016 la condanna all’ergastolo per Madonia e Tutino, ritenuti responsabili della strage, sollecitando 8 anni e 6 mesi per Vincenzo Scarantino e 14 anni ciascuno per Francesco Andriotta e Calogero Pulci, i tre falsi pentiti.