Sono giorni decisivi per il processo Borsellino-quater che si celebra a Caltanissetta. Entro mercoledì la Procura dovrebbe avanzare le richieste di pena per l’attentato del 19 luglio ’92, costato la vita a Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta. In Corte d’Assise alla sbarra, con l’accusa di strage ci sono i boss Salvo Madonia e Vittorio Tutino, mentre di calunnia rispondono Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Calogero Pulci.
Nel corso dell’udienza di oggi il Pm Stefano Luciani ha ricostruito bugie, depistaggi e omissioni del racconto di alcuni collaboratori di giustizia e delle “amnesie” degli investigatori. Nel tirare le fila di quanto accaduto nel corso del processo, Luciani ha definito “inaccettabile che un investigatore sia venuto in aula a deporre per sciorinare una serie di non ricordo. Parliamo di vicende molto gravi e se anche non ricordo diversi dettagli è tuo dovere andare a rinfrescare la memoria”. Il riferimento del magistrato è alla deposizione resa in aula dal poliziotto Mario Bo. L’investigatore era stato sentito nel Borsellino quater in merito alle presunte pressioni e minacce nei confronti di falsi pentiti.
E anche sul capitolo falsi pentiti e collaboratori di giustizia, Luciani è andato giù duro: “Nessuno degli ex collaboratori di giustizia si è mai seduto spontaneamente davanti a un magistrato, dal ’92 al 2008, per dire di avere raccontato un mucchio di falsità. Prendiamo Salvatore Candura, le cui dichiarazioni sono un materiale che va maneggiato con cura, in quanto piene di contraddizioni che hanno portato in passato gli inquirenti ai disastri che oggi ci troviamo davanti“. “Candura – ha affermato Luciani – viene sentito nel novembre 2008, pochi mesi dopo il pentimento di Gaspare Spatuzza, e conferma ancora una volta di essere stato lui a rubare la 126 usata per la strage di via D’Amelio e che a commissionargli il furto era stato Vincenzo Scarantino. Le dichiarazioni in cui accusa i poliziotti di esser stato picchiato per esser convinto a raccontare ciò che volevano gli investigatori le rende solo nel 2011, ma non ne fa parola né negli interrogatori del 2009 né in quelli del 2010 e una cosa del genere dovrebbe essere la prima che uno racconta”. Anche le dichiarazioni di Andriotta finiscono nel mirino del pm: “Francesco Andriotta ha ammesso di avere detto il falso, ed è questo il dato centrale relativo all’accusa di calunnia che gli viene contestata. E ha confessato perché spinto dalle nuove circostanze emerse in questo processo”.
“Prima di scoppiare in lacrime e chiedere ad altre persone di ammettere le loro responsabilità si dovrebbe aspettare un attimo“, ha aggiunto Luciani facendo riferimento allo sfogo fatto da Andriotta quando ha deposto in aula. Il pm ha poi fatto rilevare diverse contraddizioni nelle dichiarazioni del falso pentito sulle imbeccate che gli sarebbero state fatte da alcuni poliziotti, affermando: “Quando era detenuto a Ferrara aveva detto a un altro detenuto di essersi rigirato Scarantino come una marionetta. Durante la fase di indagine non ha detto al pubblico ministero di avere ricevuto denaro da Arnaldo La Barbera e Mario Bo e che i poliziotti avevano consegnato soldi pure alla sua ex moglie. Quella sarebbe stata una circostanza rilevante, avremmo potuto avere elementi a riscontro della sua dichiarazione, invece lo ha raccontato solo nel 2015, durante il dibattimento. E non può rigirare il discorso dicendo che non voleva metere in mezzo terze persone. Dice di avere ricevuto appunti, mentre era in carcere a Saluzzo, con le dichiarazioni da rendere, ma ci dice che ha distrutto nel 2006 quei documenti che avrebbero rappresentato la prova regina di questa vicenda, pur dicendo di non avere avuto timore di custodirli in cella”.
Infine il Pm ha dedicato una parte del suo intervento a Pulci: “Quello che ha fatto Calogero Pulci è inaccettabile: ha accusato Tanino Murana dicendo che quest’ultimo gli aveva confidato di essere uno di responsabili della strage di via D’Amelio e che la famiglia della Guadagna aveva incaricato Vincenzo Scarantino di rubare la 126”.
Il pm ha così proseguito: “È quasi teatrale quello che fa Pulci, che racconta di avere reso quelle dichiarazioni nel processo d’appello Borsellino bis per compiacere il procuratore generale d’udienza e perché si era convinto della colpevolezza degli imputati. E la gente va all’ergastolo per questo? Pulci ha poi ritrattato, ma in questo dibattimento ha confermato di nuovo le vecchie dichiarazioni perché, ci ha detto, aveva paura di perdere il beneficio degli arresti domiciliari. Ma di cosa stiamo parlando?”. “Mi auguro – ha concluso Luciani – che chi andrà a valutare il lavoro della Procura in questa vicenda tenga conto che, con il nostro impegno, è stato possibile garantire la revisione a otto persone condannate ingiustamente al carcere a vita nel Borsellino bis“. Anche Murana era stato condannato, per poi essere scarcerato dopo il pentimento di Gaspare Spatuzza, e nel processo si è costituito parte civile con l’avvocato Rosalba Di Gregorio.