“Ho voluto essere qui anche per esprimere la mia indignazione per quanto accaduto per la Calcestruzzi. Mi sembra strano che undici famiglie debbano affrontare una morte bianca per delle cifre che nel grande pentolone dei soldi sono irrisorie. Sono qui per dire a loro che non siete soli. E questa solidarietà la voglio dimostrare con un gesto che non ha niente di straordinario, ma mi sento in famiglia, uno di voi e con voi. Se tutto è soltanto per una cifra di 30 mila euro io darò al sindaco questa cifra”. Lo ha detto il cardinale Francesco Montenegro durante la fiaccolata che si è tenuta a Montevago sabato scorso in occasione del quarantanovesimo anniversario del terremoto nella Valle del Belice.
Con questo impegno il monsignore intende risolvere una vicenda singolare e garantire il posto di lavoro agli 11 dipendenti dell’impresa. La Calcestruzzi Belice Srl, infatti, è una società confiscata alla mafia dallo Stato che rischia di fallire per un debito nei confronti di una società pubblica, l’Eni. Un debito davvero di poco conto se rapportato al fatturato dell’azienda, che supera il milione di euro all’anno.
Il sindaco di Montevago, l’on. Margherita La Rocca Ruvolo, ha parlato di “una silenziosa protesta per quello che stanno vivendo gli 11 dipendenti della Calcestruzzi Belice. È giusto che si sappia cosa è accaduto per una distrazione di pezzi dello Stato”. La stessa Ruvolo aveva sottolineato, all’indomani della dichiarazione di fallimento dello scorso 29 dicembre, come la situazione dell’impresa fosse paradossale visto che si tratta di una società sana con un problema di liquidità facilmente superabile.
Per anni sotto il controllo di Cosa nostra la Calcestruzzi Belice, dell’imprenditore di Partanna Rosario Cascio, ha lavorato senza sosta, dando lavoro a decine di persone. Ha continuato a lavorare anche dopo essere passata sotto la gestione degli amministratori giudiziari ed ancora oggi le commesse non mancano. Ma adesso rischia di fallire e di mandare sul lastrico 11 lavoratori. Una sconfitta per le istituzioni dal pericoloso significato simbolico.
“Sono qui anch’io – ha detto il cardinale – per dare la mia solidarietà, pensando a quanto avvenuto 49 anni fa io che vengo da Messina, terra dove i terremoti sono frequenti”.
In un territorio in cui ancora si parla di ricostruzione è necessario che la speranza dei cittadini non venga ulteriormente tramortita, nonostante la difficile crisi economica.
“Io sono in difficoltà – ha continuato Montenegro – perché c’è la cattedrale da costruire e tante storie però ritengo che quando in una famiglia c’è una situazione simile se si possono salvare 11 posti di lavoro l’indignazione si accompagna alla solidarietà. Questo mio gesto è accompagnato anche dal gesto di don Ciotti – ha aggiunto Montenegro – che ha pensato di dare la cifra per colmare il buco che c’è e siamo rimasti che sia io che lui daremo la cifra per poter, se possibile, riprendere il cammino e togliere questo tam tam che occupa il cuore di queste famiglie e di questi lavoratori”.