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Calcio: il professionismo femminile non convince Sibilia, la replica di Antonella Licciardi

mercoledì 20 Novembre 2019

Continua a far discutere il tema del professionismo femminile all’interno del mondo del calcio.

In Italia sono soltanto sei le federazioni che riconoscono lo sport professionistico e lo fanno solo sul fronte maschile. Fra queste vi è anche la FIGC, di cui Cosimo Sibilia è vicepresidente.

Proprio ieri, il leader della Lega Nazionale Dilettanti si è espresso sull’idea di rendere professionistico il calcio femminile. Come ribadito ai microfoni di Italpress e come riportato nel nostro articolo di ieri, il presidente della LND non è sembrato molto favorevole.

LE PAROLE DI COSIMO SIBILIA

Ho qualche dubbio sul calcio professionistico – ha sottolineato Sibilia -, magari le calciatrici di Serie A mi rimprovereranno, ma se diciamo che sono tante le squadre maschili e cambiamo lo status alle calciatrici, facendo diventare di conseguenza più costosi i campionati, non sono convinto che tutte le societa’ di A e B siano in grado di andare avanti“.

Un chiaro messaggio a tutto il mondo del calcio e a tutto il mondo dell’AIC femminile che in questi mesi, sulla spinta dei risultati raggiunti dalla nazionale femminile, sta cercando di smuovere le acque a livello politico.

LA REPLICA DI ANTONELLA LICCIARDI

Abbiamo chiesto un pare alla mister della ASD Ludos Palermo Antonella Licciardi che, in merito alle parole di Sibilia, ha così replicato: “Si conosceva già il suo pensiero. Diciamo che sul tema ci sono varie correnti. Passare al professionismo puro significa raddoppiare i costi per le società, mentre dall’altra parte vi è l’AIC che spinge per avere una legge“.

Ad oggi, infatti, a regolamentare il professionismo nel mondo dello sport italiano è la legge 91/1981, una legge quantomeno vetusta se rapportata agli attuali volumi economici e ai regimi di allenamento del mondo dello sport femminile.

Il problema non è solo economico, ma si sposta anche sul piano delle tutele. Ed è proprio su questo punto che Antonella Licciardi batte il chiodo: “Prima facciamo una legge ad hoc sul professionismo femminile che coinvolga varie realtà. C’è un mondo che sta chiedendo più tutele, soprattutto su questioni quali la maternità e la pensione. Ognuna di queste atlete, non solo nel calcio, sa che se guadagna qualcosa in più la deve mettere da parte perchè non esiste nessuna forma di previdenza pensionistica. Se ti infortuni poi, se la società ti segue, ottieni un rimborso, altrimenti rischi di smettere di giocare“.

COSA SIGNIFICA ESSERE PROFESSIONISTE

Antonella Licciardi
Antonella Licciardi, mister Ludos Palermo

Rientrare nell’arco professionistico significa ottenere tutele importanti. La questione infatti non è solo economica, anche se le calciatrici ad oggi possono guadagnare al massimo 30.000€ all’anno, cifre lontane da quanto guadagnano i loro colleghi al maschile.

Il problema riguarda maggiormente il sistema previdenziale. Un contratto di lavoro professionistico permette, ad esempio, di avere pagati i contributi, di rientrare nelle tutele garantite dallo statuto dei lavoratori, soprattutto in tema di infortuni e di maternità.

Ricordiamo che la differenza fra professionismo e dilettantismo è venuta a decadere negli anni, sia sotto l’aspetto pratico che dal punto di vista giuridico. I regimi di allenamento sono diventati simili, i guadagni sono in alcuni casi superiori per atleti dilettanti che per i professionisti.

Una battaglia quindi che non riguarda solo il calcio, ma si estende in generale a tutto il movimento sportivo italiano. La legge 91/1981 nasce sotto la grossa spinta data dal mondo del calcio ma oggi è diventata vetusta, in generale non al passo con i tempi. Vi è la necessità di un’intervento da parte del Governo nazionale, che vada ad aggiornare quella legge.

Si parla di semi-professionismo, si parla di tante cose. La verità è che serve una legge che dia tutela al lavoro di queste atlete e che non le costringa ad allenarsi per la gloria. Al di là della terminologia, oggi come ieri il calcio sta dando la spinta per una riforma dello sport italiano. Riusciranno le atlete italiane ad essere riconosciute come professioniste?

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