Molto conosciamo della nostra storia dalle testimonianze “fisiche” ed ancor più dalla sintesi tra materia, figure e parole.
Sul tema che da un po’ di tempo ci occupa, la cronaca della permanenza dell’imperatore Carlo V a Trapani nel 1535, oggi interroghiamo le “pietre parlanti”, cioè le iscrizioni lapidee.
In particolare due:
– la prima “pietra” è lo stemma della Città di Trapani che si trova ora collocato nella parete in alto a destra dell’androne del Palazzo Senatorio, detto anche Palazzo Cavarretta, oggi sede del Consiglio Comunale della Città.
La pietra usata pare quella tipica trapanese, detta dal nome dei proprietari della più nota tra le cave dalle quali si estraeva, “pietra Tipa”; una tufacea molto compatta dal colore bruno ed usata, tra l’altro, per le raffinate sculture, decoro di facciate di Chiese e palazzi di cui Trapani era riccamente adorna.
La lapide mostra in rilievo lo stemma della Città di Trapani che consiste in uno scudo su cui campeggia un ponte a tre arcate i cui piloni sorgono dalle onde del mare e sulle quali poggiano cinque torri di diversa altezza. In alto, sullo sfondo, qui molto logorata dal tempo, una falce richiama sia la forma della penisola su cui sorge ancor oggi, sebbene la sua sagoma originale sia stata nel tempo modificata, il centro storico murato della città, sia il mito legato alla dea Cerere che, in affannosa ricerca della figlia Proserpina rapita da Ade, qui avrebbe perduto il suo simbolo di fertile operosità.
Sotto lo stemma si legge su due righe:
DREPANUM URBS INVICTISSIMA
è il titolo conferito a Trapani da Re Giovanni d’Aragona tramite il Viceré Conte di Cardona il 5 luglio 1478 (privilegio trascritto nel Libro Rosso della città) e da quel giorno sino all’unità d’Italia sempre usato nella simbologia delle istituzioni trapanesi, dai sigilli alle stampe, dagli stemmi lapidei alla intestazione degli atti ufficiali.
Al momento della visita dell’Imperatore Carlo V Trapani già godeva di questo titolo, che venne evidentemente confermato, e non allora concesso come alcuni hanno detto, nel giuramento dei privilegi di cui ora diremo.
UBI CAESAR PRIMUM IURAVIT
Momento importante per la Storia della Città. Il primo luogo (UBI PRIMUM) in terra di Sicilia scelto dall’Imperatore (CAESAR) per giurare (IURAVIT) la conferma dei privilegi nei secoli dai re suoi predecessori ed antenati attribuiti alla città.
Queste parole indicherebbero anche che Carlo V, che già aveva scelto Trapani come primo approdo in Sicilia rientrando da Tunisi, abbia qui giurato il mantenimento non solamente dei privilegi della Città di Trapani, ma quelli dell’intero Regno di Sicilia, anticipando ciò che poi con maggiore solennità avrebbe fatto in Palermo innanzi al Parlamento Siciliano.
La più nota storiografia ufficiale siciliana, di evidente impronta palermitana, dal Fazello al Maurolico e così via, ha sempre cercato di concentrare l’attenzione sui giorni palermitani e messinesi dell’Imperatore sorvolando rapidamente sull’importanza del soggiorno trapanese, addirittura riducendone anche la durata a quattro giorni (Fazello) contro le evidenze documentali conservate negli archivi e le certezze del calendario che indicano il 20 agosto come giorno di approdo della flotta imperiale a Trapani ed il 3 (e forse il 5) settembre come il giorno del solenne ingresso nella capitale, dopo un viaggio via terra con due soste, la prima ad Alcamo, la seconda a Monreale.
Quindi, se la matematica non è una opinione, il soggiorno trapanese di Carlo V non durò meno di dieci giorni, anche perché esistono documenti sottoscritti dallo stesso il 30 agosto 1535 e “dati” in Trapani.
Ma al di là del calendario è lo stesso Imperatore che sottolinea l’importanza di Trapani nella sua visione strategica.
La sceglie come suo primo approdo (cosa che vedremo pure sottolineata nella significativa iscrizione che esamineremo nel successivo articolo) non solamente per la posizione geografica e per la agibilità del suo porto.
Trapani è una delle sue città “predilette” per la qualità dei servigi resi alla corona aragonese nel tempo. Primo approdo di tutti i Re suoi antenati, già scelta per questo da Pietro d’Aragona il Re dei Vespri e da Martino di Montblanc, il Re dell’unificazione alla corona aragonese, Carlo V l’aveva chiamata “Instrumentum Regni” – “Chiave del Regno”, le aveva destinato molte risorse per nuove fortificazioni, e ancor di più farà appresso, e soprattutto ne conosceva la “civiltà” con la quale svolgeva il suo ruolo di città di mare industriosa e moderna, (e generosa per tributi!) ricca di traffici con tutti i regni cattolici e centro di rapporti proficui, al di là delle guerre, con la costa africana.
Già nel 1292 Re Giacomo aveva concesso ai Trapanesi di aprire un consolato a Tunisi.
Questi sentimenti, accresciuti dalla qualità dell’accoglienza e dalla concretezza del sostegno in quell’estate riservati non solo a lui ed alla sua armata, ma principalmente ai ventimila “captivi” provenienti dalle prigioni tunisine (sforzo sanitario da far impallidire qualsiasi emergenza “pandemica”!) si tradussero immediatamente in atti di gratitudine:
1) i doni, due dei quali abbiamo illustrato nei precedenti articoli sull’argomento mentre di altri, ai più sconosciuti, diremo in un prossimo scritto avendo compiuto i necessari approfondimenti
2) il “primo giuramento” in terra di Sicilia. Certamente furono “giurati” i privilegi nel tempo concessi a Trapani, molti in materia commerciale e fiscale nell’ambito dei traffici marittimi e del tutto simili a quelli concessi all’altra grande città marinara del Regno, Messina.
Ma se Trapani fosse stata un semplice comodo approdo, rapido sarebbe stato il passaggio, i preziosi doni sarebbero stati portati alla capitale o comunque altrove, i privilegi della città confermati con un ordinario decreto, la permanenza limitata alle strette esigenze logistiche.
Così non fu, in particolare la solennità del giuramento fu degna non solo di una importante città, ma di un luogo che poteva in quella occasione rappresentare l’intero Regno.
Non per spirito di campanile o per ansia di conferire maggior dignità alla nostra città in una storiografia, che consideriamo in effetti quantomeno distratta, ma per logica deduzione da testimonianze documentali di episodi e di significativi comportamenti, in un’epoca in cui la forma era sostanza, riteniamo di poter convenire sul fatto che nella solenne adunanza nella Chiesa “civica” di Sant’Agostino, Carlo V abbia giurato la conferma dei privilegi dell’intero Regno di Sicilia, oltre che quelli dei Trapanesi.
In questa opinione confortati da una nota al foglio 263 del Libro Rosso della Città di Trapani, che così conclude: “… giurasse di osservare non solamente li privilegi che tiene detta Città ma tutto il Regno et di questo ne nasce che nel sigillo di detta Città si legge VBI CAESAR PRIMUM IURAVIT“.