Sin dalla preistoria è stato attribuito al solstizio d’inverno il significato sacro del trionfo della luce sulle tenebre. Il 21 dicembre era una data attesa già 3 mila anni fa nelle “Stonehenge” d’Italia, da Petre de la Mola in Basilicata ai megaliti della valle del Belìce in Sicilia. I calendari in pietra italiani risalgono quasi tutti alla Tarda Età del Bronzo e sono stati costruiti con la stessa tecnica di Stonehenge in Gran Bretagna, che consiste nell’osservare la posizione del sole nel giorno più corto o più lungo dell’anno e creare dei “punti di mira’”.
Fra gli ultimi scoperti c’è proprio “Petre de la Mola” sulle Dolomiti Lucane e “Monte Stella nel Cilento“, con un calendario chiamato “Preta ru Mulacchio” che nel dialetto cilentano significa “Pietra del Figlio Illegittimo”, perché associato anche ai riti di fertilità. Altri megaliti di questo tipo si trovano in Sicilia nel Belìce che, risalenti al 1700 a.C, sono delle grandi lastre a forma di triangolo che servono a osservare la posizione del Sole quando sorge nel giorno del solstizio di inverno e d’estate.
Il sito più suggestivo, che nulla ha da invidiare a Stonehenge, sacro agli amanti di questo culto, dove esoterismo, alchimia, vita e morte, hanno un fil rouge che li unisce, è l’altopiano dell’Argimusco, a ridosso del grande bosco di Malabotta e sopra Montalbano Elicona. I primi chiarori del sole nascente vedranno, come nei secoli passati, il popolo del solstizio arrivare sin dalle 4 del mattino, disporsi sopra le rocce, con la fronte al sole, a meditare, aspettare, ascoltare e guardare: la Grande Rupe, il maestoso megalite con un gigantesco volto, allineato all’Orante; i due Menhir, maschile e femminile, simboli di fertilità e di nascita; l’Aquila, con la vita ad est rappresentata proprio dai simboli vulvarici e fallici.
Ma in questo dicembre, come a riavvolgere la pellicola di un film, voglio condurvi a vivere il Solstizio d’Inverno nell’antica Roma quando, a cavallo di esso, si celebravano i Saturnalia, feste dedicate a Saturno, dio dell’agricoltura, con orge e banchetti.
I vostri occhi increduli assisteranno a un imprevisto gioco di ruolo che vedrà lo schiavo diventare princeps e, indossando la maschera, assumerne tutti i poteri. Ma oltre a questo capovolgimento della scala sociale, anche se per brevissimo tempo, vedrete i romani scambiarsi doni, anche economici.
Passando in India, le celebrazioni del solstizio vanno sotto il nome di Makar Sankranti e iniziano nel momento in cui il sole entra nel segno del Capricorno. I bambini si vestono con colori sgargianti per aiutare il sole a riprendere le forze e con fiaccolate, danze e ricette speciali si scacciano le tenebre della notte più lunga dell’anno.
Anche la festa induista di Pancha Ganapati, in onore del dio-elefante Ganesh, cade nel periodo del solstizio astronomico e dura dal 21 al 25 dicembre. Le case dei fedeli vengono decorate con immagini della divinità, lumini e foglie di banano. Una specie di lunghissima notte di Natale per i bambini, a cui vengono offerti di continuo piccoli doni, che vanno depositati ai piedi del dio e aperti solo alla fine.
Si perdono nel tempo le origini della festa iraniana di Shabe Yaldā. La sera del 21 dicembre si festeggia la nascita di Mithra, dio persiano del sole e del bene. È un rituale ancora diffuso nell’Iran moderno, anche se ha perso l’originale significato religioso. Famiglie e gruppi di amici passano la notte insieme, raccontando storie e leggendo poesie davanti a un banchetto di frutta fresca in cui non devono mancare angurie e melograni, rossi come il sole.
Secondo una leggenda giapponese, invece, l’inverno è dovuto alla prigionia della dea del sole Amaterasu, rinchiusa dalle altre divinità in una grotta. La sventurata riesce a fuggire solo dopo alcuni mesi, proprio in coincidenza con il solstizio. Per ringraziarla dei suoi sforzi, i fedeli shintoisti si recano in pellegrinaggio al santuario di Ise Jingu dal 15 al 25 dicembre, per offrire alla dea cibo e comporre haiku in suo onore.
Nel Vecchio Continente, il posto più famoso in cui aspettare l’alba è sicuramente il santuario neolitico di Stonehenge. Qui si celebra fin dall’Età del Bronzo la festa pagana di Yule, tra falò e formule magiche. Simbolo del solstizio è il vischio, che un tempo veniva tagliato e benedetto dai druidi, i sacerdoti celtici e che continua a esser raccolto in questo magico periodo dell’anno anche in Inghilterra.
Augurando buon solstizio e buona luce a tutti, vi lascio con uno dei canti tradizionali di Yule, quello del Re Bambino nato in inverno, che ne riassume lo spirito:
Regina del Sole, Regina della Luna
Regina dei corni, Regina dei fuochi
Portaci il Figlio della Promessa.
E’ la Grande Madre che Lo crea
E’ il Signore della Vita che è nato di nuovo!
L’oscurità e la tristezza vengono messe da parte quando il Sole si leva di nuovo!
Sole dorato, delle colline e dei campi,
illumina la Terra, illumina i cieli,
illumina le acque, accendi i fuochi!!
Questo è il compleanno del Sole,
io che son morto, oggi son di nuovo vivo.
Il Sole bambino, il Re nato in inverno!