I carabinieri del Ros hanno arrestato per favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravati dall’aver agevolato Cosa nostra Laura Bonafede, maestra e figlia dello storico boss di Campobello di Mazara, Leonardo Bonafede. Per anni sarebbe stata la donna di Matteo Messina Denaro e farebbe parte della rete di complici che ha protetto il capomafia durante la latitanza. L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido e dal pm della Dda Gianluca de Leo.
Laura Bonafede, già venuta fuori nel corso delle indagini sulla latitanza del padrino e immortalata dalle videocamere mentre parlava col boss al supermercato di Campobello due giorni prima del suo arresto, avrebbe provveduto alle necessità di vita quotidiana del latitante, gli avrebbe fatto la spesa per fargli avere rifornimenti temendo che potesse essere contagiato dal Covid e non potesse uscire, avrebbe condiviso con lui un linguaggio cifrato per tutelare l’identità di altri protagonisti della rete di protezione del boss e curato con maniacale attenzione la sua sicurezza.
La maestra sarebbe stata, dunque, uno dei perni intorno al quale ha ruotato la clandestinità di Messina Denaro già a partire dalla metà degli anni ’90. Cugina del geometra Andrea Bonafede che ha prestato l’identità al boss, cugina del dipendente comunale, anche lui di nome Andrea Bonafede, che ha provveduto a fargli avere le ricette mediche necessarie alle terapie da affrontare per le cure del cancro, e di Emanuele Bonafede, uno dei vivandieri del padrino arrestato insieme alla moglie, la maestra è sposata con il mafioso ergastolano Salvatore Gentile, in cella per aver commesso due efferati omicidi su ordine proprio di Messina Denaro.
“Laura Bonafede, dopo avere conosciuto Matteo Messina Denaro nel 1997, ha addirittura instaurato con lo stesso uno stabile rapporto quasi familiare coinvolgente anche la figlia Martina Gentile, durato dal 2007 sino al dicembre 2017 quando venne necessariamente interrotto a seguito di un importante ennesima operazione di polizia, per poi riprendere, appena ‘calmatesi le acque’ negli ultimi anni sino all’arresto del latitante il 16 gennaio 2023“. Lo scrive il gip Alfredo Montalto nell’ordinanza di custodia cautelare che ha disposto il carcere per Laura Bonafede, figlia del boss di Campobello per anni la donna di Messina Denaro.
Laura Bonafede, insomma, era legata a Matteo Messina Denaro “da un pluridecennale rapporto ed aveva, in molteplici occasioni, condiviso con lui spazi di intimità familiare, a volte in compagnia della figlia tanto che i tre si definivano ‘una famiglia‘”. I due, secondo quanto scritto dalla stessa Bonafede in una lettera trovata dai carabinieri del Ros, si sono conosciuti nel 1997, quando Matteo Messina Denaro era già latitante insieme al padre Francesco. Entrambi erano protetti da Leonardo Bonafede, il padre di Laura, che aveva “concesso” alla figlia di far visita a Matteo Messina Denaro. “Ventisei anni fa ho chisto di venirvi a trovare e mi è stato concesso – ricordava la donna in una lettera al boss scoperta dai carabinieri- Non c’era motivo di quella visita ma forse si doveva aprire un capitolo e così fu. La vita è strana, fa dei giri incredibili e poi ti porta dove vuole lei. Noi possiamo solo farci trascinare“.
Dall’inchiesta del Ros risulta che la donna abbia frequentato il boss per anni durante la latitanza e abbia anche convissuto con lui in certi periodi. “Quel che disorienta è che in tutto questo lunghissimo arco temporale la tutela della latitanza di Messina Denaro è stata affidata, non a soggetti sconosciuti ed inimmaginabili bensì ad un soggetto conosciutissimo dalle forze dell’ordine e cioè a quel Leonardo Bonafede da sempre ben noto, oltre che come reggente della ‘famiglia’ mafiosa di Campobello di Mazara, soprattutto per la sua trascorsa frequentazione ed amicizia con il padre di Messina Denaro“, sottolinea il gip chiedendosi, nemmeno tanto tra le righe, come la Bonafede, intercettata dalla polizia almeno fino a due mesi prima della cattura del capomafia, abbia potuto beffare gli investigatori. Le indagini dei carabinieri del Ros seguite alla cattura del padrino, secondo il giudice, “mettono in luce l’incredibile ed inspiegabile insuccesso di anni ed anni di ricerche in quella ristretta cerchia territoriale compresa tra Castelvetrano e Campobello di Mazara, costantemente setacciata e controllata con i più sofisticati sistemi di intercettazioni e di videosorveglianza di tutti i luoghi strategici che, tuttavia, come oggi si è scoperto, non hanno impedito che il più ricercato latitante del mondo potesse condurre, in quegli stessi luoghi e per molti anni (almeno ventisei), una ‘normale’ esistenza senza neppure nascondersi troppo, ma anzi palesando a tutti il suo viso riconoscibile (almeno per i tantissimi che lo avevano conosciuto personalmente)”. “Come ciò sia potuto accadere, si ripete, appare al momento inspiegabile e non privo di conseguenze“, conclude.
La donna temeva i controlli, usava nomi in codice, era maniacalmente attenta ai “nemici”, così chiama le forze dell’ordine, e a un certo punto decise e comunicò al capomafia latitante che era “meglio evitare di viaggiare con scritti, i nemici sono troppo assetati di risvolti e possono tentare di tutto, Semmai si può cercare un’altra soluzione”. “Oggi mi sono molto arrabbiato perché i nemici non mollano. – scriveva in un pizzino trovato dai carabinieri parlando di sé al maschile per cautela- Sono stato al mio supermercato preferito a fare un cambio di un articolo e siccome mi ero dimenticato la lista della spesa sono andato un’altra volta e subito dopo di me è entrato uno che mi girava intorno e quando ho chiamato al telefono Lupetta (la figlia Martina ndr) si è avvicinato per sentire. Mentre parlavo con Lupetta dissi che c’era uno che mi girava intorno e che sicuramente era uno sbirro”. “Questo atteggiamento che continuano ad avere mi fa diventare troppo nervoso. – proseguiva – La prossima volta che succede, perché succederà ancora, dirò perché mi gironzola attorno e cosa vuole. Ogni tanto vanno alla carica”.
“Carissimo adorato, Che immensa gioia poterti abbracciare, è stato bellissimo, mi sono sentita protetta, importante, felice non so spiegarti, ma poi è stato ancora più bello perché inaspettato. Non sapevo cosa fare, cosa dirti prima ti avrei voluto dire di darmi un passaggio e ti fermavi a mangiare a casa … utopia! Incredibile come ci hanno tolto tutto”. Così Martina Gentile, figlia della maestra arrestata oggi per aver protetto la latitanza di Matteo Messina Denaro, indagata per favoreggiamento scriveva al boss allora latitante. Nella lettera, trovata dai carabinieri, la ragazza faceva un esplicito riferimento al luogo in cui aveva incontrato il boss per caso, verosimilmente un tabacchi : “Quando hai tentato la fortuna pensando di diventare ricco, ti ho visto”. Poi descriveva minuziosamente al capomafia tutto ciò che aveva notato (“ho visto tutta la scena”) durante l’ingresso e subito dopo il suo allontanamento dal negozio, fornendo informazioni utili a valutare possibili pericoli per il latitante.
È stato bloccato lo stipendio a Laura Bonafede, la maestra arrestata oggi con l’accusa di avere coperto la latitanza di Matteo Messina Denaro. E’ quanto apprende l’ANSA da chi sta seguendo il procedimento amministrativo relativo alla docente. Già a fine marzo l’Ufficio scolastico regionale aveva convalidato il provvedimento di sospensione cautelare successivamente esteso fino alla definizione della vicenda penale. Contestualmente è stato attivato un procedimento disciplinare volto ad accertare ogni ulteriore elemento per valutare la condotta della docente. Il direttore dell’Ufficio scolastico della Sicilia, a quanto si apprende, è in contatto con la procura per aggiornamenti e segue con attenzione la vicenda. Laura Bonafede per anni sarebbe stata la donna di Matteo Messina Denaro e farebbe parte della rete di complici che ha protetto il capomafia durante la latitanza.
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