Da qualche tempo si parla di rimpasto al Comune di Palermo, un’esigenza posta in verità direttamente dal sindaco e su questa proposta, come da copione, sono iniziate le consuete congetture, ipotesi e interpretazioni: Orlando non è contento di alcuni assessori, è una conseguenza della sua recente adesione al Partito Democratico, è un’esigenza posta dagli alleati che hanno sostenuto la sua elezione e che non trovano alcuna proiezione nell’amministrazione attiva, serve a compattare una maggioranza di fronte ad una più incisiva e aggressiva azione delle opposizioni?
In ultimo è arrivata l’iniziativa di Sinistra Comune che ha proposto perfino di procedere alla designazione dei tre futuri assessori, questo è il numero che si vocifera, attraverso una forma, non molto chiara in verità, di primarie, insieme con un richiamo forte all’applicazione e all’osservanza del programma concordato prima delle elezioni.
Su questo punto sarebbe bene precisare che i programmi non possono essere vissuti in maniera statica, pena la loro astrattezza, ma pur mantenendo la loro ispirazione generale, devono essere necessariamente sottoposti a verifica, aggiornati e anche modificati in relazione ai cambiamenti che nel frattempo sono intercorsi nella struttura e nel corpo sociale della città.
Il lavoro, fin qui svolto dall’Amministrazione è stato positivo. Rimangano alcune emergenze e criticità che richiedono un impegno straordinario, ma soprattutto la soluzione di queste emergenze vanno collegate al rilancio del progetto di sviluppo della Palermo del futuro, altrimenti non solo rimarremo prigionieri ma saremo schiacciati dalle emergenze.
Ecco perché l’annuncio di Orlando di procedere al cosiddetto rimpasto non deve essere l’occasione per inserimenti surrettizi di alcun rappresentante dei partiti di maggioranza, sarebbe vecchia politica, ma per una verifica e una riflessione finalizzata al rilancio dell’azione politica e amministrativa che si ponga la realizzazione del programma nelle sue parti attuali e nuovi traguardi e nuovi campi di intervento.
Una riflessione che non può essere delegata agli addetti ai lavori, ma deve coinvolgere la città nelle sue espressioni sociali culturali ed economiche.
Da questa riflessione il Sindaco potrà attingere elementi e materia di valutazione per scegliere i nuovi assessori e le competenze collegate alla realizzazione del programma.
Pensare a una lottizzazione, pur se bene mascherata, rappresenterebbe un arretramento che la città non capirebbe.
E’ bene ricordare, infatti, che la legge che ha promosso l’elezione diretta del sindaco ha modificato radicalmente il ruolo della giunta, che non è più organo dell’amministrazione, e degli assessori che non sono più rappresentanti dei partiti nella giunta ma “collaboratori “ del sindaco per l’attuazione del programma.
E’ evidente poi che un sindaco “saggio” deve tenere conto del ruolo dei partiti, che ancora sono l’espressione della volontà dei cittadini, ascoltare proposte, suggerimenti, indicazioni, ma alla fine è il sindaco che decide in piena autonomia. Era e rimane questo lo spirito innovativo di quella riforma.
Ecco perché non bisogna abbassare il profilo della proposta politica messa n campo e che sarebbe un errore negoziare e farsi condizionare da richieste non all’altezza del compito che attende l’amministrazione nei prossimi anni.