Carissimi
Siamo ormai puntualmente colpiti da notizie di efferate violenze sulle donne, proprio oggi che i nostri costumi occidentali hanno messo (almeno sulla carta) la donna e l’uomo sullo stesso piano.
L’incontro tra i sessi oggi avviene in modo diverso e di certo più avvantaggiato di quanto accadeva per la mia generazione fatta di grembiulini e fiocchi per andare a scuola, classi solamente maschili o femminili (fino all’arrivo al liceo), di genitori rigorosi.
Spesso era la chiesa e la messa della domenica l’occasione per vedere, non dico ancora incontrare, la bambina e crescendo, la ragazzina che attirava i nostri gusti e tutto avveniva con la ingenuità propria dell’età e l’educazione familiare, oltre la tanta pazienza che ci voleva per le attese tra un incontro per un solo “ciao”, da una settimana all’altra.
Ne erano passati di secoli dal “con lo sguardo falle capire che hai capito” ma continuava ad essere così fino a qualche anno fa’.
Erano bambine, eravamo bambini se riguardate le foto scolastiche, ma noi giocavamo già a fare i piccoli grandi e nei ricordi i compagni di classe erano già uomini che avevano alle spalle un vissuto con i loro racconti ascoltati e le loro esperienze in famiglie, con i loro giocattoli o giochi prontamente comprati da genitori “sempre presenti” nelle loro vite, le collezioni di giornaletti e i discorsi di grandi su ciò che la sera prima si era visto alla televisione (e non c’era neanche bisogno di specificare il canale).
Oppure il commentare la TV dei ragazzi, per chi aveva il piacere di vederla dalle 17.00 circa del pomeriggio, io no, io scendevo per strada e il mio mondo era nel marciapiede davanti il mio palazzo che malgrado fosse in una strada principale trafficata, diventava in un attimo di tutto, ad esempio uno stadio per mitiche partite di calcio con una piccola palla deformata e due porte fatte da “balatoni” e alte fino all’infinito (o meglio “fino ad altezza bambino”), ma il marciapiede diventava improvviso set cinematografico o auditorium dove sedersi e discutere o ancora nel nostro caso, spazio per sperimentazioni o “campo di battaglia” (per gioco) con i ragazzi dei quartieri limitrofi.
Ma non eravamo ancora uomini, neanche ometti, eravamo bambini con i pantaloncini corti e a scuola democratici grembiuli che abbattevano le differenze sociali che nella scuola dell’obbligo c’erano.
Ma torniamo alle bambine, ancora separate in quel mondo da noi, e proprio queste barriere fisiche e immateriali ci davano una idea ancora non studiata, stilnovistica, di grande rispetto.
Cosa ne potevamo sapere che anche dietro quei sorrisi, quelle “figurine perfette” anche allora si nascondevano le “tristezze” che una vita avrebbe regalato crescendo essendo fin da quei momenti oggetto di ricatto per famiglie già devastate da separazioni o perché solo figli di genitori “andati in America” (così si raccontava) mai esistiti o, meglio, se dimenticati. Ma tutto ciò per noi era inimmaginabile in quell’istante euleriano che raccoglieva il meglio di una settimana e con lo sguardo una volta intercettato il loro sguardo, avremmo fatto capire di aver capito.
Le ridicole passeggiate a distanza con il supporto ingombrante dell’amica, figura mitologica che viveva le giovani infatuazioni attraverso quelle dell’amica più bellina e che finiva per essere il tramite o il messaggero e perché no, colei che avrebbe fruito dopo tante esitazioni del nostro soggetto d’interesse, delle nostre attenzioni.
Sembra ieri, ma non è così, in questo quadro idilliaco tanti di quei colori e dettagli sarebbero scomparsi e come improbabili meteoriti, molte di quelle giovani vite sarebbero state colpite e azzerate o solamente ferite dalle vicende della vita, quando messi da parte i giocattoli avremmo fatto i conti con il mondo dei grandi che il più delle volte messo in scena anche con le “migliori produzioni” avrebbe presentato il conto con tutti i suoi difetti e le storture e dove solo la fortuna avrebbe potuto fare la differenza evitando incontri che avrebbero segnato le nostre vite.
Vedo ancora chiaro quel banco della chiesa, quella porta dell’aula della scuola e il desiderio di uno sguardo ingenuo e rispettoso, educato, e penso a dove si sia sbagliato, a come si sia potuto giungere negli anni, ad atti strazianti e delitti efferati che nascono all’interno di un rapporto sentimentale, dove il sentimento se c’è mai stato si è spento in quella foto matrimoniale che da memoria di un evento festoso diventa spesso l’unica foto narrativa di una cronaca nera, ancora più nera del nero, di una cronaca buia.
Un abbraccio, Epruno.