Intascavano i soldi delle bollette e rilasciavano quietanze con timbri falsi in modo da attestare la regolarità dei pagamenti: con l’accusa di peculato, falso e accesso abusivo a un sistema informatico sono stati condannati anche in appello Carlo Fasetti e Carmelo Di Bella, dirigente e impiegato dell’Amap, ex municipalizzata che gestisce il servizio idrico a Palermo. La corte d’appello ha confermato le condanne a cinque anni di carcere ciascuno.
I due imputati vennero arrestati dalla Guardia di Finanza nel 2014. L’inchiesta prese il via da un esposto arrivato alle Fiamme Gialle in cui si segnalava che Fasetti e Di Bella entravano nel sistema informatico dell’azienda e facevano risultare pagate bollette il cui corrispettivo sarebbe entrato, invece, nelle loro tasche. Gli utenti avrebbero ricevuto anche le quietanze con tanto di timbri falsi. Il raggiro avrebbe fruttato ai due imputati un guadagno di circa 910 mila euro in cinque anni. La Finanza, nel corso delle indagini, aveva eseguito un meticoloso e accurato controllo dell’attività contabile dell’azienda dal 2009 al 2013, portando immediatamente alla luce gravi incongruenze tra gli importi delle bollette emesse per il consumo di acqua ed il denaro effettivamente incassato. Infatti, a fronte di circa un migliaio di fatture, regolarmente emesse nel periodo in esame, per un ammontare complessivo di quasi un milione di euro, l’Amap non aveva incassato neanche un centesimo.
Quando furono arrestati emersero anche minacce ai funzionari dell’Amap che collaborarono all’inchiesta. “Le minacce che hanno subito i vertici dell’azienda, collaboratori nelle indagini, – disse Dino Petralia procuratore aggiunto – sono folkloristiche, dalle imprese di pompe funebri mandate a domicilio, alle teste di capra mozzate, ai fiori”.