Snellire e sburocratizzare un sistema complesso e articolato. Proprio sulla base di questo assunto il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini ha portato avanti il decreto Salva-casa, fino alla sua approvazione in Cdm, presentandolo come “un intervento che entrerà nelle case di milioni di italiani in maniera positiva. Per la pubblica amministrazione passiamo dal silenzio-rigetto al silenzio-assenso. Si liberano i Comuni da valanghe di pratiche, che sono stimate in quattro milioni“. La nuova misura avrà certamente degli impatti, ma in attesa di constatarne l’entità, le polemiche sono già scoppiate. Legambiente, per esempio, l’ha prontamente definita come “una norma perfetta per spalancare la strada a nuovi abusi” e ha rilanciato la sfida promettendo di presentare “a tutte le forze politiche i nostri emendamenti per evitare altri guai a un paese cronicamente maltrattato dal cemento illegale“.
La Sicilia negli ultimi mesi aveva anticipato Roma. I temi dell’abusivismo e del condono edilizio sono, infatti, approdati all’Ars, ma i lunghi tempi di attesa insiti nell’Assemblea regionale non si sono fatti attendere anche in questa occasione. Il disegno di legge (CLICCA QUI), in materia di urbanistica ed edilizia contiene anche la sanatoria delle case abusive al mare costruite prima del 1985, entro i 150 metri dalla battigia. Il provvedimento è stato approvato a maggioranza in commissione Ambiente nel gennaio scorso, ma arriverà in aula solo dopo il voto di Bruxelles. La legge regionale del 1976 nacque per bloccare la cementificazione delle spiagge che aveva già distrutto tratti importanti di costa e negli anni ha superato indenne numerosi tentativi di modifica.
Gli ultimi dati hanno confermato la Sicilia regina della “cementificazione selvaggia“. Si parla, infatti, di circa 200-250 mila immobili realizzati tra il 1976 e il 1984. I numeri non sembrano arrestare la loro corsa, con un incremento negli ultimi anni oltre il 9% delle case abusive. Una situazione divenuta insostenibile non solo nell’Isola, ma nell’intero Sud, con 42,1 abitazioni costruite illegalmente ogni 100 realizzate nel rispetto delle regole (CLICCA QUI).
Per mitigare le acque, il leader della Lega però ha subito sottolineato la natura “soft” del provvedimento. Per il ministro, infatti, si tratta “semplicemente” di “misure specifiche e dirette a rimuovere situazioni di incertezza giuridica in merito allo stato di legittimità degli immobili con riferimento alle cosiddette ‘lievi difformità‘”. Ma cosa prevede il decreto?
Cambiano intanto le tolleranze costruttive, a oggi del 2%. La percentuale resta invariata per le abitazioni con una superficie superiore a 500 metri quadri. Sale al 3% per quelle tra 300 e 500 mq, al 4% per quelle tra 100 e 300 metri e fino al 5% sotto i 100 metri quadri. Si allarga anche il perimetro delle tolleranze esecutive, cioè quelle legate ai cantieri: scale con più o meno gradini, anche più alti, rispetto al progetto, aperture di porte interne che non riguardano le parti strutturali dell’edificio, un posizionamento difforme dei balconi o dei cornicioni di piccola entità. La misura, inoltre, include, nelle installazioni nell’ambito dell’edilizia libera, permessi o autorizzazioni per montare le tende da sole con una struttura fissa e i porticati all’interno degli edifici, che si aggiungono così a lavori come la messa a terra del pavimento, la sostituzione degli infissi, l’installazione di pompe di calore, con potenza fino a 12 kw, utilizzate per l’aria condizionata e le vetrate panoramiche non fisse, montate su logge e balconi.
L’applicazione della doppia conformità adesso viene limitata alle ipotesi di abuso più gravi, come assenza, totale difformità o variazioni essenziali rispetto al permesso di costruire o per uno scostamento significativo rispetto all’impianto della cosiddetta “Super Scia”. Non includerà più “parziali difformità”. Si potrà ottenere il permesso di costruire e presentare la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria se l’intervento risulta conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda e a quella edilizia in vigore al momento della realizzazione dell’intervento.
Punti specifici sono indirizzati ai Comuni per incentivare all’attività repressiva, favorire la rimozione delle opere abusive e la successiva valorizzazione del bene acquisito. Previsti anche meno oneri amministrativi per i cittadini. Per dimostrare lo stato legittimo di un immobile, infatti, sarà sufficiente la presentazione del titolo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio, a condizione che sia stato rilasciato dopo aver verificato l’esistenza del titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa.