“Vogliamo tutto e subito!“, “vergogna!”, “tutti liberi!”. Urlano per strada, forse esagerano complice la giovane età, ma certo c’è da chiedersi quale sarà il futuro dei giovani siciliani che si affacciano sul mondo del lavoro. Gli studenti medi e universitari oggi sono scesi in piazza a protestare contro “Le politiche predatorie del governo“.
I manifestanti si cono concentrati in piazza Politeama dispiegando uno striscione con scritto: “Alternanza, stage, tirocini non pagati. Per voi formazione per noi sfruttamento“. L’iniziativa di oggi segue la giornata di mobilitazione dello scorso 6 ottobre. I temi della protesta sono la Buona scuola, l’alternanza scuola-lavoro, il caro libri e il caro trasporti. Dopo il corteo, gli studenti delle scuole confluiranno in un’assemblea di Ateneo.
“Il filo conduttore che lega gli studenti in questa fase – dice Annalisa, una studentessa – è riconducibile alla trasformazione radicale che i luoghi della formazione hanno subito a seguito della riforma Gelmini e della “Buona Scuola”. Queste hanno determinato una restrizione del diritto allo studio, facendo diventare queste due grandi istituzioni pubbliche della formazione, meri strumenti di disciplinamento alla flessibilità, alla competitività e all’accettazione di un lavoro precario, privo di garanzie e retribuzione. Questo avviene, nella scuola, attraverso l’istituzione dell’alternanza scuola-lavoro obbligatoria per tutti gli studenti e, nelle università, attraverso gli stage e i tirocini non retribuiti. Con questi strumenti è a partire dai banchi di scuola e delle università che gli studenti vengono educati alla accettazione dello sfruttamento, all’abitudine a calare la testa e non ribellarsi, in modo da arrivare già preparati al futuro che li attende: lavoro precario, contratti a tempo determinato e assenza di garanzie”.
“A questo – continua Annalisa – si aggiungono gli ampi margini di autonomia delle scuole e delle Università la cui gestione viene affidata a una casta ristretta che approfittando del potere acquisito compensa l’assenza di finanziamenti statali aprendo la strada agli interessi degli investitori privati. Questo al Sud ha provocato un de-finanziamento progressivo degli Atenei con il conseguente abbassamento della qualità dei servizi, dell’offerta formativa e della ricerca. Quando il merito è la capacità della ricerca di vendersi ai privati e di attrarre risorse, il sud diventa per definizione immeritevole, perché sprovvisto di quel tessuto economico e industriale tanto agognato, e noi, figli di questo sud, diventiamo quindi immeritevoli per nascita, destinati a un’università di serie B, a dover emigrare, scappare dal deserto che avanza. E’ arrivato il momento di ribaltare le politiche predatorie che il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca porta avanti da decenni. E’ arrivato il momento di alzare la testa e costruire collettivamente le condizioni dell’alternativa possibile a quello che a tutti i costi vogliono imporci.”