Sono trascorsi 23 anni dalla scomparsa di Bettino Craxi, l’ultimo leader del socialismo italiano. La sua figura continua a suscitare polemiche e divisioni anche se non mancano gli apprezzamenti soprattutto nel ruolo svolto alla guida del governo del paese.
Molti ricordano il suo coraggio politico quando difese la sovranità dell’Italia sfidando il potente alleato americano, impedendo ai marines di ripartire dalla base di Sigonella con i terroristi palestinesi che avevano sequestrato la nave di crociera, l’Achille Lauro.
Ebbe, inoltre, prestigiosi riconoscimenti internazionali. L’ONU lo nominò consigliere speciale per la sicurezza, un ruolo apprezzato da i movimenti di liberazione nazionale di ogni continente e da quanti si battevano contro le dittature del proprio paese, sostenendo anche i gruppi clandestini che resistevano ai regimi comunisti dell’est europeo.
Poi lo scoppio di Tangentopoli, il ciclone giudiziario che sconvolgerà il sistema politico e sancirà il suo tramonto politico. Sarà, infatti, pesantemente coinvolto nelle indagini dei giudici di Milano a cui seguiranno i processi, anche di piazza, le condanne, il rifugio in Tunisia, la malattia e la morte.
Sarebbe tempo ormai che, al di là delle polemiche e delle diversità di opinioni su quel contesto storico, si aprisse finalmente discussione seria e una analisi oggettiva su questa personalità della sinistra italiana che è parte integrante della sua storia. Quanti si propongono, infatti, di ricostruire un ruolo della sinistra non possono prescindere dal suo ruolo, dai suoi contribuiti innovativi e anche dai suoi limiti ed errori.
Furono, infatti, anche i suoi errori a trascinare un glorioso partito della sinistra italiana in una crisi irreversibile lasciando un vuoto politico che ha permesso di cancellare un patrimonio storico, lasciando spazio al liberismo selvaggio e a una regressione civile e culturale sul terreno dei diritti e della solidarietà sociale.
Nessuno ha saputo colmare questo vuoto e o raccogliere l’eredità del socialismo italiano.
Ci provò Claudio Martelli a rilanciare quel partito e quella storia ma senza successo. Ci provò Silvio Berlusconi, vantando anche una amicizia con nil leader socialista, non a caso molti dirigenti socialisti trasmigrano nella nascente Forza Italia ma non furono in grado di lasciare un segno di fronte allo scivolamento a destra di quel partito e del suo leader.
Ci proveranno i riformisti del PCI con Giorgio Napolitano e Emanuele Macaluso che auspicavano dopo il crollo del comunismo una riunificazione con i socialisti, venute meno i motivi che portarono alla scissione di Livorno del 1921, ancorando il nuovo partito, nato dallo scioglimento del PCI, al socialismo europeo.
Ci provò anche Massimo D’Alema, subentrato ad Occhetto alla guida del PDS, con l’intento di inglobare quella storia e attirare quei socialisti che rifiutavano l’adesione a Forza Italia e aprire nuova fase della sinistr, la famosa Cosa 2 dopo la Cosa 1 di Occhetto che non aveva tenuto conto della “questione socialista”.
Sta in questi fallimenti una delle cause principali della crisi e del declino della sinistra italiana che a differenza delle sinistre europee fortemente ancorate ai valori del socialismo, nonostante difficoltà e crisi ricorrenti hanno, tuttavia, idee e strumenti per affrontare le nuove sfide che il mondo globalizzato. Se la sinistra vuole avere un futuro deve partire da quei valori, da quel retroterra culturale, da quel patrimonio, non per conservarlo ma per inverarlo di nuovi contenuti e nuove idealità riprendendo quel ruolo che nelle diverse fasi storiche il movimento socialista ha saputo esprimere.
Di fronte ai nuovi e vecchi flagelli che travagliano l’umanità, le guerre, le epidemie, il degrado ambientale, la fame, le carestie, le nuove povertà e le continue immigrazioni da un continente all’altro, un nuovo socialismo può rappresentare una speranza e una prospettiva.
Occorre pertanto un nuovo pensiero politico in cui si incontrano per un nuovo umanesimo la cultura progressista del liberalismo e il socialismo riformista. Un incontro non ideologico ma per dare vita a un progetto politico in cui innovazione politica e istituzionale, valori liberali dell’individuo e delle sue libertà non sono in alternativa ma complementari alla giustizia sociale e alle opportunità da garantire a tutti in ogni campo dell’attività umana. È una nuova utopia? Ma senza l’utopia il mondo non è andato mai avanti.