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Le storie

Dalla vastedda della Valle del Belice al piacentinu ennese: i formaggi e le carni dell’entroterra siciliano

venerdì 22 Dicembre 2023

La Sicilia, terra amata dalla dea Cerere, è un’isola non priva di tradizioni casearie. Nel nono libro dell’Odissea è proprio Omero che descrive un formaggio misto ovino e caprino in un incontro tra il ciclope pastore Polifemo e il viaggiatore Ulisse. Una storia che sembra fare eco a quanto scrive Aristotele nella Storia degli animali: “In Sicilia mescolano al latte ovino il caprino, e così fanno ovunque”.

Una tradizione che rimane viva grazie alla scommessa dell’imprenditoria del territorio che mira, oggi come non mai, a valorizzare quei prodotti che imbandiscono le nostre tavole. Non solo formaggi ma anche il maiale 100% siciliano e altre carni utilizzati come base per produrre ottimi salumi.

Razze autoctone come la pecora Comisana nel Ragusano, contraddistinta dal colore rosso mattone della propria testa; la pecora Valle del Belice, originaria dell’omonima valle, diffusa in quasi tutta la Sicilia, dal mantello bianco; la capra Girgentana, della provincia di Agrigento, dalle corna attorcigliate e imponenti, e poi la vacca Modicana, diffusa nel Ragusano e nelle zone più difficili della Sicilia, col suo mantello rosso scuro e il latte di qualità superiore. E ancora, la vacca Cinisara, autoctona della zona di Cinisi, nel Palermitano, dal mantello nero pece, con corna piccole e scure. A queste razze corrispondono formaggi rinomati in tutto il mondo, pensiamo al pecorino, al “piacentinu” e alla “vastedda” della Valle del Belice. Tutti formaggi Dop.

Alia a 70 km da Palermo, nel cuore di una Sicilia rurale lontana dai canoni turistici a cui sono abituate le strutture sulla costa, presenta dei paesaggi che invitano al relax e alla contemplazione dell’arte. Fioriscono aziende agricole a conduzione familiare come nel caso dell’idea di Giuseppe e Vincenzo, ovvero fare della vecchia attività di famiglia un agriturismo capace di attirare pubblico anche dall’estero e non solo dai paesi limitrofi.  Strutture che possono contare su coltivazione di cereali, pomodoro siccagno, ma anche ortaggi estivi e invernali, impiegati in buona parte nelle cucine dell’agriturismo. E poi salami crudi, coppa, lonza, prosciutti crudi, cotti e le carni fresche che si gustano ai tavoli del ristorante. “Con il Programma di Sviluppo Rurale – spiega Giuseppe – abbiamo installato un primo impianto fotovoltaico da 40kWh, ampliato il caseificio e dotato l’agriturismo di ulteriori servizi come il percorso fitness e il giardino botanico. Con il Programma di Sviluppo Rurale attuale abbiamo installato un secondo impianto fotovoltaico per essere autonomi il più possibile, ci siamo dotati di un sito per l’e-commerce e soprattutto stiamo apportando migliorie nelle stanze per offrire servizi sempre più elevati”. “Vogliamo tenere qui i turisti anche oltre una settimana”: una risorsa per l’agricoltura e per tutto il territorio.

Carlo e Calogero, invece, rilanciano il caseificio di famiglia ripartendo dall’allevamento di razza Cinisara e con l’ausilio di tecniche antiche in legno per produrre caciocavallo da consumare fresco o stagionato e fermenti naturali. Si tratta di un animale a doppia attitudine che produce poco latte ma di alta qualità con un’alta presenza di k-caseina che lo rende perfetto per la caseificazione. Il risultato è un prodotto che riscuote l’approvazione degli appassionati.

 

Spazio anche al caseificio che nasce in una cava dismessa. “Tutto comincia circa vent’anni fa – racconta Giovannicon l’acquisto di questa cava da un amico di mio padre”. La località è adiacente al santuario di San Francesco di Paola, luogo di culto dei cavatori. In questa zona di Marsala un tempo le cave di tufo erano numerose e questo materiale ha permesso un importante sviluppo economico alla città. Una volta dismessa, la cava è stata recuperata a giardino e qui hanno trovato posto un vivaio e il caseificio che lavora e stagiona i formaggi ottenuti dalle pecore dell’allevamento di proprietà. Un primo sale con tante erbe e spezie diverse oppure formaggi tradizionali come il “piddiato”, a pasta filata, ma anche un vino affinato 90 giorni fino ad arrivare a servire un miele da degustare.  Aderendo a progetti di ricerca per valorizzare la macchia mediterranea gli ha permesso di creare cuscini di pino, rosmarino, coriandolo, che favoriscono la bottinatura delle api. “L’idea è avere dalle api la massima territorialità, come accade per il vino. Il miele creato con le nostre essenze sarà un elemento in più per arricchire la nostra degustazione”.

Anche in questo ambito è la biodiversità a marcare la differenza grazie alla presenza di aree nel territorio siciliano dove sopravvive una tradizione che unita alla varie tecniche crea prodotti di notevole eccellenza capace di rivaleggiare i prodotti. Tutto all’insegna di un’agricoltura che trova una risorsa nel suo essere esperienza condivisa.

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