Un provvedimento atteso per anni e accolto come una svolta epocale rischia ora di trasformarsi in un boomerang per il Servizio sanitario nazionale (Ssn).
Il “Decreto Tariffe”, che avrebbe dovuto aggiornare i nomenclatori delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e assistenza protesica, dopo decenni di immobilismo, è stato nuovamente sospeso, questa volta dal Tar del Lazio, su richiesta di numerose strutture e laboratori privati accreditati.
Il contesto normativo e le ragioni della sospensione
Il Decreto Tariffe, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 27 dicembre 2024, era destinato ad entrare in vigore il 30 dicembre. Rappresentava un aggiornamento atteso dal 1996 per la specialistica ambulatoriale e dal 1999 per l’assistenza protesica. Il provvedimento avrebbe introdotto nuove tariffe per 1.113 prestazioni, pari al 35% del nomenclatore, con un impatto economico stimato di 550 milioni di euro.
Tuttavia, il Tar del Lazio ha accolto il ricorso delle strutture sanitarie accreditate, evidenziando una mancanza di urgenza nell’attuazione del decreto e criticando l’istruttoria ministeriale come incompleta e lacunosa.
Gli avvocati dei ricorrenti hanno, infatti, sottolineato che il decreto non ha adeguatamente considerato l’aumento dei costi operativi dovuti alla pandemia e alla crisi economica. Inoltre, essi sostengono che la procedura di aggiornamento abbia violato i principi costituzionali di efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione.
Implicazioni operative e amministrative
La sospensione immediata delle nuove tariffe rischia di generare un impatto diretto sul funzionamento delle Regioni, che avevano già aggiornato i propri sistemi di prenotazione in base ai nuovi codici. Tornare ai vecchi codici, infatti, sarebbe un processo complesso e oneroso, soprattutto considerando che alcune prestazioni introdotte ex novo non hanno corrispettivi nei vecchi nomenclatori. Il rischio di disservizi per i cittadini è elevato, con circa 200 mila prenotazioni giornaliere potenzialmente interessate dal caos amministrativo.
A pagare le conseguenze sono sempre i cittadini
Le ricadute di questa sospensione sono molteplici. Da un lato, i cittadini vedono ulteriormente ritardata l’attuazione dei nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea), attesi dal 2017 e finanziati con risorse proprie solo da poche regioni. Dall’altro, le strutture sanitarie lamentano un mancato riconoscimento dei costi reali e delle difficoltà operative, minacciando una riduzione dell’offerta di servizi.
Tra le nuove prestazioni previste dai Lea, inoltre, figurano terapie innovative, anche per il trattamento di alcuni tumori, test genetici per malattie rare, la procreazione medicalmente assistita (Pma), apparecchiature robotiche per la riabilitazione motoria e dispositivi tecnologicamente avanzati per le disabilità.
Una gestione superficiale del Ministero?
L’ennesimo slittamento dei Lea evidenzia significative lacune nella pianificazione e nell’esecuzione. Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, è stato duramente criticato per la superficialità con cui il provvedimento è stato portato avanti.
La gestione dell’aggiornamento tariffario mette in evidenza gravi carenze nella pianificazione e nell’esecuzione del provvedimento.
La decisione del TAR, pur giuridicamente motivata, evidenzia una frattura tra il governo centrale e le strutture sanitarie accreditate. I tagli previsti, stimati tra il 30% e il 40% per alcune prestazioni, rischiano di rendere insostenibile l’erogazione di circa il 50% delle prestazioni ambulatoriali, mettendo ulteriormente sotto pressione un sistema già fragile.