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Depistaggio via D’Amelio, i “non ricordo” del poliziotto accusato da Scarantino

lunedì 9 Settembre 2019

Giuseppe Di Gangi, agente del gruppo “Falcone Borsellino” che indagava nel 1992 sulla strage di via D’Amelio, è tra i poliziotti accusati dal falso pentito Vincenzo Scarantino: nella località protetta di San Bartolomeo a Mare «il poliziotto Giuseppe Di Gangi, mi ha afferrato per il collo e mi ha puntato la pistola in bocca. Davanti a mia moglie e ai miei figli. È la verità, se volevo dire una bugia, avrei detto che era Mario Bo ad avere preso la pistola e non Di Gangi…».

Oggi, rispondendo a Caltanissetta al Pm Stefano Luciani nel corso dell’udienza del processo sul depistaggio della strage di via D’Amelio (e che vede sul banco degli imputati il funzionario di Polizia Mario Bo, gli ispettori Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, accusati di concorso in calunnia) il poliziotto Di Gangi ha affermato“Una volta sola il falso pentito Vincenzo Scarantino mi disse che aveva paura di non essere creduto e io gli risposi se tu stai dicendo la verità non devi avere paura. È stata l’unica volta in cui ho parlato di qualcosa che riguardasse la strage. Non ci sono mai voluto entrare nelle dinamiche delle sue dichiarazioni”.

E ancora: “Sono devastato da questa situazione. Sono in un uno stato di depressione provocato da questa situazione”, ha affermato Di Gangi ha risposto al pm Luciani aggiungendo di non ricordare molto a causa del malessere provocato da questa situazione.

Scarantino a Pianosa“A volte rimanevamo a casa di Vincenzo Scarantino. Ci occupavamo in generale dei bisogni del nucleo familiare. Quando portavamo Scarantino a fare degli interrogatori ce ne occupavamo insieme al personale della questura di Imperia. Se Scarantino aveva bisogno di qualcosa si rivolgeva al gruppo Falcone Borsellino. Noi eravamo lì per quello e per questo si rivolgeva a noi. Erano le disposizioni che ci erano state date”.

“Un giorno dall’ufficio di Palermo mi chiesero di andare alla questura e ritirare un fax, con la copia di un articolo, e sottoporlo a Scarantino dove si diceva che Gaetano Scotto si trovava a Bologna il giorno della strage e comunque in quel periodo”, ha aggiunto Di Gangi.

“Il giorno prima della ritrattazione Scarantino aveva detto al personale dell’ufficio di Imperia che voleva parlare con loro urgentemente. Scarantino disse al dottore Bo che voleva tornare in carcere perché non voleva più collaborare. Ho assistito alla discussione tra Scarantino e il dottore Bo. Abbiamo dovuto ammanettarlo a casa perché Scarantino si stava avventando contro il funzionario. Davanti alla moglie e ai bambini. Non feci alcuna relazione di servizio“.

 

 

Un estratto del Borsellino quater, quando Scarantino accusò Di Gangi:

 

 

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