Il 2025 si apre con segnali di allerta per le imprese italiane e globali: secondo due autorevoli rapporti sul rischio e le insolvenze aziendali, i prossimi due anni saranno caratterizzati da un aumento significativo dei fallimenti, con impatti economici e sociali diffusi.
L’Insolvency Report di Allianz Trade prevede che le insolvenze globali cresceranno del 6% nel 2025 e del 5% nel 2026, per poi ridursi leggermente nel 2027. In Italia, le aziende in difficoltà potrebbero superare le 13.000 unità nel 2025, con un incremento del 35% rispetto al 2024, interessando soprattutto commercio, costruzioni, manifatturiero e ospitalità. Tre le principali vulnerabilità: una crescita economica debole, condizioni di finanziamento restrittive e fragilità settoriali, con un rischio aggiuntivo derivante dalla proliferazione di nuove imprese e dal rallentamento del boom tecnologico e dell’intelligenza artificiale.
Parallelamente, la Risk Review di Coface conferma un contesto globale fragile, segnando nel primo semestre 2025 un aumento del 4% delle insolvenze nelle economie avanzate e un record storico dell’indice di rischio politico e sociale mondiale (41,1%). Coface evidenzia come tensioni geopolitiche, instabilità interna e dazi statunitensi contribuiscano a una crescente vulnerabilità delle imprese, anche in contesti finora resilienti, come Stati Uniti e Area euro.
Insieme, i due rapporti offrono una fotografia convergente: le insolvenze aziendali stanno aumentando in maniera significativa, spinte da fattori economici, politici e tecnologici, e la capacità delle imprese di resistere agli shock globali sarà cruciale per contenere rischi di domino e consolidare la ripresa economica.
Insolvency Report-Allianz Trade: aumentano le insolvenze aziendali nel 2025-2026
Insolvenze globali: in attesa degli effetti dei dazi, Allianz Trade prevede ulteriori aumenti nel 2025 e nel 2026, con un punto di svolta nel 2027
- Secondo Allianz Trade, le insolvenze aziendali globali potrebbero aumentare del +6% nel 2025 e del +5% nel 2026, per poi diminuire nel 2027 (-1%).
- L’impatto dei dazi sulle insolvenze potrebbe manifestarsi con ritardo, nel 2026, con un rischio crescente di effetto domino.
- La creazione di nuove imprese, favorite dalla tecnologia, insieme a un possibile rallentamento del boom dell’intelligenza artificiale, potrebbe alimentare ulteriori rischi di insolvenza, soprattutto negli Stati Uniti e in Europa.
- Italia: 13.000 casi di insolvenze attesi nel 2025, con un incremento del 35% rispetto all’anno precedente.
Allianz Trade pubblica l’ultimo Insolvency Report, che analizza l’impatto dei recenti dazi statunitensi e dei cambiamenti nel commercio globale sulle insolvenze aziendali, e presenta le nuove previsioni fino al 2027. Secondo il principale assicuratore del credito commerciale, a livello mondiale, nel 2025, le insolvenze aziendali si attesteranno su livelli elevati (+6%), con un picco previsto nel 2026, che porterà al quinto anno consecutivo di aumento (+5%). Per il 2027, Allianz Trade prevede, invece, un modesto calo (-1%).
L’Italia supera i livelli pre-pandemia
Dopo il livello minimo registrato a metà del 2023, il numero di insolvenze aziendali in Italia è tornato a crescere con forza nel 2025, riportando il Paese in linea con la maggior parte delle economie europee e, in alcuni casi, oltre i livelli pre-pandemia. Tutti i settori stanno contribuendo in modo significativo a questa ripresa, con aumenti a doppia cifra nella maggior parte dei comparti.
I più colpiti restano i quattro settori che contano il maggior numero di casi a livello nazionale: commercio (21% del totale da inizio anno ad agosto 2025), costruzioni (19%), manifatturiero (16%) e ospitalità (9%). Per l’intero 2025 si prevede un incremento del +35% su base annua, pari a circa 13.000 casi, sulla base della stima rivista per il 2024 (9.612 casi). Si tratta del terzo anno consecutivo di crescita, dopo il +17% del 2024 e il +9% del 2023.
Le previsioni indicano, inoltre, che il numero di insolvenze resterà elevato anche nel 2026 — con circa 13.400 casi (+3%) — poiché la ripresa economica, pur in recupero, non sarà sufficiente a invertire la tendenza. Solo per il 2027 si intravede un lieve miglioramento, con una riduzione stimata del 5% (circa 12.700 casi), sostenuta da un contesto macroeconomico e finanziario più favorevole.
Dazi: impatto ritardato, rischio persistente
Le aziende statunitensi, per ora, risultano relativamente protette grazie all’aggiustamento dei prezzi da parte degli esportatori esteri e al dirottamento dei flussi commerciali verso Paesi terzi come India e Vietnam, che ha contribuito a contenere costi e fallimenti.
Tuttavia, un rallentamento del commercio globale potrebbe colpire duramente le economie più dipendenti dalle esportazioni.
“Nella prima metà del 2025, gli effetti protettivi dei dazi e il loro limitato trasferimento sui prezzi hanno contribuito a ridurre le insolvenze negli Stati Uniti di 4 punti percentuali, mentre, la domanda interna ha compensato in gran parte gli effetti negativi. Le economie orientate all’export sono destinate a vedere aumenti delle insolvenze: nello scenario peggiore, il Canada potrebbe registrare 1.900 aziende insolventi, la Francia 6.000, la Spagna fino a 2.900 e l’Olanda di 700. Al contrario, l’impatto in Germania, Regno Unito, Italia e Belgio risulterebbe trascurabile, grazie a mercati di esportazione più diversificati, una base domestica più ampia o posizioni finanziarie più solide”, afferma Maxime Lemerle, Lead Analyst per la Ricerca sulle Insolvenze di Allianz Trade.
Un aumento più marcato nel 2026
Questo scenario porta Allianz Trade a confermare la previsione di un incremento globale delle insolvenze aziendali del +6% nel 2025. Tale crescita segue un aumento del +10% nel 2024, portando le insolvenze mondiali al livello più alto dal 2019, pari a +19% rispetto alla media pre-pandemica.
I dati da inizio anno mostrano già aumenti significativi in diverse aree, in particolare in Asia e in Europa occidentale, con forti incrementi in Italia (+35%) e Svizzera (+26%). Cosa accadrà nel 2026?
“Le strategie di mitigazione si indeboliscono e si manifestano degli effetti secondari, inoltre, l’impatto della guerra commerciale potrebbe presto mettere alla prova la resilienza delle imprese. Aumentano anche i rischi di effetti domino, a causa del crescente numero delle grandi insolvenze. Questo si traduce in un aumento dei rischi di mancato pagamento: prevediamo, infatti, che le insolvenze aziendali globali aumenteranno del +5% nel 2026, rispetto al +3% della nostra precedente stima. Con questo quinto aumento consecutivo, i livelli risulteranno del 24% superiori alla media pre-pandemica. Tuttavia, sebbene la ripresa sarà graduale, la tendenza potrebbe invertirsi nel 2027, con un calo dell’1% delle insolvenze aziendali”, spiega Aylin Somersan Coqui, CEO di Allianz Trade.
Prospettive future: tre vulnerabilità chiave
Guardando avanti, Allianz Trade prevede che la resilienza delle imprese sarà messa alla prova da tre vulnerabilità:
- Crescita economica debole, con un ritmo negli Stati Uniti e nell’Eurozona inferiore alla soglia necessaria per stabilizzare le insolvenze.
- Condizioni di finanziamento restrittive, con tassi d’interesse elevati e un’offerta di credito limitata che mettono sotto pressione le imprese più indebitate e quelle a forte intensità di capitale, in particolare le PMI.
- Debolezze settoriali, con rischi più accentuati nei settori delle costruzioni e dell’automotive, a causa di tassi alti, trasformazioni tecnologiche e concorrenza crescente.
Il boom tecnologico e dell’IA potrebbe alimentare ulteriori insolvenze
Questa proliferazione aumenta il rischio di insolvenze attraverso diversi meccanismi.
“Nel periodo post-pandemico, alcuni Paesi hanno registrato un forte aumento nella creazione di imprese, spinto dalla digitalizzazione e dalla crescita della gig economy. Ciò sta aumentando i rischi di fallimento in Italia, Francia, Portogallo e, in misura minore, in Belgio. Inoltre, stimiamo che la fine del boom legato all’intelligenza artificiale – uno shock paragonabile alla bolla delle dotcom – potrebbe generare fino a +4.500 aziende insolventi negli Stati Uniti, +4.000 in Germania, +1.000 in Francia e +1.100 nel Regno Unito”, conclude Ano Kuhanathan, Head of Corporate Research di Allianz Trade.
Risk review di Coface, rischio politico e sociale: l’instabilità diventa la norma
Nel primo semestre dell’anno le insolvenze aziendali nelle economie avanzate sono aumentate del 4%. Lo afferma l’ultima Risk review di Coface, il cui indice di rischio politico e sociale mondiale è al record storico: 41,1% (+2,8 punti percentuali rispetto alla media pre-pandemia).
La Risk Review Coface di ottobre 2025, tra i leader mondiali nell’assicurazione del credito e nella gestione del rischio commerciale, analizza le dinamiche globali con un focus sull’incremento del rischio sociale e politico, e sulle sfide strategiche dei paesi del Golfo.
Dati essenziali del focus
- Previsione di crescita mondiale Coface: +2,6% nel 2025, +2,4% nel 2026
- +4%: aumento delle insolvenze aziendali nelle economie avanzate nel primo semestre 2025
- Record storico dell’Indice Coface di rischio politico e sociale: 41,1% (+2,8 punti percentuali rispetto alla media pre-pandemia)
- Il 70% del PIL del Golfo proviene ora dal settore non petrolifero (fine 2024)
L’economia mondiale assorbe lo shock dei nuovi dazi
Dopo un’estate caratterizzata da accordi commerciali e da un aumento progressivo dei dazi statunitensi, l’economia mondiale mostra una sorprendente resilienza. Il tasso medio dei dazi USA si attesta ora intorno al 18% (dopo un picco del 36% subito dopo il Liberation Day), un livello ben superiore al 2,5% osservato ai tempi dell’amministrazione Biden.
Le imprese hanno saputo anticipare, riorientare e assorbire gli shock, con l’economia degli Stati Uniti sostenuta da forti investimenti nell’intelligenza artificiale. Tuttavia, negli USA si stanno manifestando i primi segnali negativi sull’attività, l’occupazione e l’inflazione, indici di una progressiva trasmissione degli effetti negativi delle misure doganali alla macroeconomia.
Coface prevede una crescita mondiale di +2,6% nel 2025, rivista leggermente al rialzo, e +2,4% nel 2026. Per ora gli Stati Uniti resistono meglio del previsto grazie alla domanda interna, mentre la Cina dovrebbe continuare a rallentare e l’Area euro sarà ancora stagnante, nonostante le attese di un (leggero) rimbalzo in Germania.
Le tensioni inflazionistiche restano limitate in un contesto di rallentamento globale e di calo dei prezzi delle materie prime (energetiche e alimentari), ma vi è incertezza sull’andamento dell’inflazione USA, prevista intorno al 4% a fine 2025/inizio 2026. Per quanto riguarda le banche centrali, a settembre la Fed ha riavviato il ciclo di riduzione dei tassi, mentre la BCE ha probabilmente concluso il suo, a meno di un forte deterioramento dell’attività, con un tasso sui depositi al 2%.
A livello regionale, l’India registra una crescita notevole (+7,6% nel primo semestre), la Polonia mantiene una dinamica solida (+3,4%), mentre l’Africa vede migliorare le sue prospettive (+4,1% nel 2025). Tuttavia, la congiuntura resta incerta a causa dei rischi di escalation geopolitica o degli effetti di eventuali consolidamenti di bilancio.
Aumento delle insolvenze: Europa e Asia in prima linea
Nel 2025 le insolvenze aziendali aumentano ancora. L’indice globale delle economie avanzate cresce del 4% rispetto al 2024, con aumenti significativi in Europa (+11%) e Asia-Pacifico (+12%), mentre il Nord America resta stabile.
La riduzione dei tassi di interesse e un allentamento delle condizioni di accesso al credito dovrebbero dare respiro nel 2026, ma il trend attuale evidenzia la fragilità delle imprese a fronte di costi elevati e una domanda incerta.
Rischio politico e sociale: l’instabilità diventa la norma
L’indice Coface di rischio sociale e politico raggiunge un record storico del 41,1%, superando il picco ai tempi della pandemia: il rischio politico si impone come parametro chiave e strutturale dell’economia mondiale.

Proseguono i principali conflitti, mentre si intensificano le tensioni interne, soprattutto in Africa (Burkina Faso, Niger…), in Pakistan e in Libano. Gli Stati Uniti registrano il maggiore incremento di rischio, per via di una crescente fragilità istituzionale e dell’ascesa del populismo. In Europa, la Francia in particolare affronta una crisi politica seria e senza precedenti. Il contesto impone alle imprese una maggiore attenzione e un adattamento continuo delle loro strategie.
Petrolio: il Golfo reinventa la sua potenza
Gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita attirano flussi record di investimenti diretti esteri (rispettivamente 46 e 32 miliardi di dollari nel 2024), rafforzando la loro integrazione nelle catene del valore globali. Tuttavia, resta la dipendenza dagli idrocarburi: un calo prolungato dei prezzi del petrolio indebolirebbe i bilanci e potrebbe ritardare la realizzazione di alcuni grandi progetti.
“L’economia mondiale ha resistito agli sconvolgimenti commerciali del primo semestre 2025, ma nei prossimi trimestri si manifesteranno gli effetti a lungo termine”, afferma Coface, che ha una previsione di crescita mondiale del 2,6% nel 2025 e del 2,4% nell’anno prossimo.
“Dopo un’estate caratterizzata da accordi commerciali e da un aumento progressivo dei dazi statunitensi, l’economia mondiale mostra una sorprendente resilienza. Il tasso medio dei dazi Usa – afferma Coface – si attesta ora intorno al 18% (dopo un picco del 36% subito dopo il Liberation Day), un livello ben superiore al 2,5% osservato ai tempi dell’amministrazione Biden”.
“Le imprese hanno saputo anticipare, riorientare e assorbire gli shock, con l’economia degli Stati Uniti sostenuta da forti investimenti nell’intelligenza artificiale. Tuttavia, negli USA si stanno manifestando i primi segnali negativi sull’attività, l’occupazione e l’inflazione, indici di una progressiva trasmissione degli effetti negativi delle misure doganali alla macroeconomia”, aggiunge l’ultimo rapporto di Risk review di Coface.