Nel nostro Paese, ma anche in Sicilia, la disparità di genere persiste nelle istituzioni locali, secondo una recente ricerca del Centro Studi Enti Locali basata sui dati della Ragioneria dello Stato del 2021. Nonostante le donne laureate siano quasi il doppio rispetto agli uomini nelle regioni, province e comuni (102.675 contro 50.831), occupano solo il 41% dei ruoli di prestigio e responsabilità.
Questo squilibrio, purtroppo, mostra una stabilità nel tempo, con nessuna variazione significativa riscontrata negli ultimi anni. Nel 2011, le donne nei posti di comando rappresentavano solo il 38%, nonostante una forza lavoro femminile al 53%.
Nel complesso, nella pubblica amministrazione italiana, le donne costituiscono la maggioranza della forza lavoro, con 1,9 milioni rispetto a 1,3 milioni di uomini. Le funzioni locali seguono questa tendenza, con le dipendenti che rappresentano il 56% del totale.
Nonostante il 37% delle donne dipendenti abbia una laurea triennale o superiore, rispetto al 27% degli uomini, i ruoli di maggiore responsabilità sono affidati al 59% di dipendenti maschi.
Questa disparità è evidente in tutte le regioni italiane, con nessuna regione in cui i ruoli apicali sono prevalentemente ricoperti da donne.
I dati delle Regioni
In Sicilia, il panorama della pubblica amministrazione è in netto contrasto con la tendenza nazionale. Nonostante oltre il 60% dei dipendenti siano donne, i ruoli apicali femminili rappresentano solo il 35%.
Questo scenario, seppur in linea con il Veneto, evidenzia una marcata disparità di genere, sottolineando la necessità di un’analisi e azione approfondita all’interno degli enti locali siciliani ai vari livelli.
Il Trentino-Alto Adige e il Veneto mostrano un quadro simile, con il 70% e il 60% dei dipendenti di sesso femminile rispettivamente, ma solo il 58% e il 65% dei ruoli di responsabilità assegnati agli uomini.
Questo squilibrio richiama l’attenzione sulla persistente discrepanza tra la forza lavoro femminile e la loro rappresentanza ai vertici nella pubblica amministrazione.
Tuttavia, alcune regioni dell’Italia stanno sfidando questa tendenza negativa.
Abruzzo, Calabria, Campania e Molise, benché con una percentuale di donne dirigenti ancora in minoranza, mostrano un incoraggiante aumento rispetto ad altre regioni. Le pubbliche amministrazioni abruzzesi conducono la classifica con il 48% di dirigenti donne, seguite da Molise e Valle d’Aosta con il 47%, e Emilia Romagna con il 46%.
La ricerca sottolinea l’urgenza di affrontare queste disuguaglianze di genere, non solo attraverso la consapevolezza, ma anche attraverso politiche concrete. Le regioni con un maggiore equilibrio di genere nei vertici, come l’Abruzzo, dimostrano che è possibile promuovere una rappresentanza equa attraverso azioni mirate.
È indispensabile adottare politiche e pratiche che incoraggino la parità di opportunità e la distribuzione uniforme dei ruoli di responsabilità.
Solo così sarà possibile abbattere le barriere che limitano l’avanzamento delle donne nei vertici della pubblica amministrazione, contribuendo a un contesto più equo e inclusivo.