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L'intervista al direttore del Centro Nazionale Trapianti

Epatite C e trapianti, Feltrin: “La scienza ci permette 150 interventi in più l’anno”

domenica 28 Settembre 2025

Impiegare organi e cellule staminali emopoietiche provenienti da donatori con infezione attiva da virus dell’epatite C anche su pazienti negativi è oggi una realtà. Una prospettiva che fino a pochi mesi fa era impensabile e che cambia il destino di centinaia di persone in lista d’attesa per un trapianto.

Finora quegli organi erano destinati quasi esclusivamente a riceventi già affetti da epatite cronica, per un totale medio di sessanta-settanta interventi l’anno, ossia circa trenta fegati, una trentina di reni e appena cinque cuori. Con le nuove indicazioni, invece, sarà possibile trapiantare questi organi anche su pazienti negativi e avviare il trattamento antivirale subito dopo il trapianto, al primo eventuale riscontro di positività.

Il via libera a questa procedura nasce da un passaggio cruciale: la decisione dell’Agenzia Italiana del Farmaco di estendere l’utilizzo dei farmaci antivirali ad azione diretta anche nel contesto del trapianto. È una scelta che ridefinisce il perimetro della trapiantologia, perché permette di curare l’infezione da HCV nel ricevente fin dal primo riscontro dopo l’intervento, senza attendere la fase cronica.

La determina del 31 luglio 2025, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 7 agosto, inserisce a totale carico del Servizio sanitario nazionale quattro regimi antivirali ad azione diretta da utilizzare subito dopo un trapianto di organo o di midollo. Nello specifico si tratta di Glecaprevir con Pibrentasvir, Sofosbuvir con Velpatasvir, Elbasvir con Grazoprevir e Sofosbuvir con Velpatasvir e Voxilaprevir. Il documento stabilisce che il clinico debba iniziare la terapia tempestivamente alla prima determinazione di HCV-RNA positivo nel ricevente e chiarisce che questi farmaci rientrano nell’elenco della legge 648, con rimborso completo.

Dentro la procedura

“Dal punto di vista operativo non cambia nulla, le procedure restano le stesse. La novità è che se viene individuato un donatore con epatite C i suoi organi non saranno più destinati soltanto a chi ha già l’infezione. Si parte sempre dal potenziale donatore in rianimazione, con l’accertamento della morte, la verifica del consenso, la valutazione clinica e i test infettivologici”, spiega Giuseppe Feltrin, direttore del Centro Nazionale Trapianti.

Il punto di svolta è nel momento in cui si assegna l’organo. “Prima, se il donatore aveva l’epatite, l’organo si assegnava solo a chi risultava già positivo. Oggi possiamo usare gli antivirali dal primo momento in cui appare l’infezione e scegliere tra tutti i candidati in lista – prosegue -. Con il trapianto la trasmissione è molto probabile, ma avviando subito la terapia, che ha un’efficacia del novantanove per cento, il rischio viene compensato. e nel raro caso di mancata risposta al farmaco ci sono delle terapie di seconda linea. Per questo, grazie alle nuove indicazioni, potremo effettuare questo tipo di trapianti in sicurezza. Utilizzeremo organi che prima restavano inutilizzati e stimiamo di poter fare circa centocinquanta trapianti in più all’anno”.

I numeri

Nel 2024 l’Italia ha realizzato 4.692 trapianti, il massimo storico, con donazioni effettive salite a 2.110. Ad aprile 2025 il Centro Nazionale Trapianti comunicava oltre ottomiladuecento pazienti in attesa, con prevalenza di richieste di rene, seguite da fegato e cuore.

In Sicilia i dati confermano una crescita. Nel 2024 l’Isola ha toccato 280 trapianti, un balzo rispetto al 2023. Nei primi cinque mesi del 2025 erano già stati realizzati 96 trapianti con 34 donatori. A luglio è arrivato anche il primo trapianto di cuore da donatore a cuore fermo, un traguardo che amplia la platea di potenziali donatori e accorcia i tempi per alcuni pazienti. Sul portale del Centro Regionale Trapianti Sicilia si può verificare in tempo reale la presenza di persone in lista per rene, fegato, cuore, polmone e pancreas: numeri che cambiano ogni giorno, a testimonianza di un sistema vivo e in movimento.

Oltre il trapianto

Dopo l’intervento il percorso continua con monitoraggi seriati di HCV-RNA e transaminasi e con cicli antivirali della durata di otto-dodici settimane, che assicurano la eradicazione dell’infezione. È la routine clinica a garantire il risultato, accanto all’efficacia dei farmaci.

“Prima erano organi che non potevano essere utilizzati, se non in specifici casi definiti dalle nostre linee guida, adesso diventano una possibilità per tutti i pazienti in attesa, sempre mantenendo i più alti standard di qualità e sicurezza per chi aspetta il trapianto”, conclude.

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