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Qualche curiosità

Fantasmi, macabre storie, sacro e profano: 7 leggende sui Castelli di Sicilia

lunedì 16 Maggio 2022

Tra paesaggi mozzafiato e storie centenarie, i Castelli di Sicilia si incastonano perfettamente nell’ambiente in cui sorgono, divenendo un tutt’uno con la natura. I nostri Castelli, però, nascondono delle storie affascinanti e, in alcuni casi, abbastanza macabre. Molte di queste leggende sono poco conosciute e avvolte da un alone di mistero.

MUSSOMELI (CL)

Sono tante le storie sul Castello di Mussomeli. Oggi vi raccontiamo la leggenda del fantasma di Guiscardo de la Portes. La storia risale al 19 Luglio del 1975, quando l’allora guardiano del Castello, Pasquale Messina, assistette per la prima volta alla materializzazione dello spirito.

Guiscardo de la Portes era un uomo giovane e bello, arrivato in Sicilia nel 1392, per sedare le rivolte di Andrea Chiaramonte. Guiscardo si unì all’esercito di re Martino lasciando a casa la bellissima moglie Esmeralda, che a quel tempo era incinta del suo primo figlio. Il Chiaramonte provò a ostacolava l’ingresso dei reali a Palermo ma fu catturato e decapitato. Terminato il conflitto, Guiscardo lasciò la città desideroso di vedere il Castello di Manfreda, antico nome di Mussomeli. Durante il suo viaggio, però, venne attaccato dai soldati di Don Martinez, uomo innamorato di Esmeralda ma da lei rifiutato e desideroso di vendicarsi del rivale.

Il giovane cavaliere, ferito gravemente, fu rinchiuso nei sotterranei del Castello. In punto di morte Guiscardo imprecò contro Dio che lo condannò a vagare per mille anni sulla terra prima di trovare pace. Il suo fantasma vaga ancora oggi per il Castello cercando invano di incontrare il figlio mai conosciuto.

SALEMI (TP)

All’origine del Castello di Salemi è legata una leggenda locale che ha come protagonisti due fratelli e una sorella, Halyciae.

I tre, che si contendevano il predominio sul territorio, avrebbero stabilito di risolvere la controversia costruendo, ognuno per conto proprio, un castello in tre posti diversi. Chi per primo avesse ultimato la costruzione avrebbe avvertito con un falò gli altri due, che lo avrebbero riconosciuto come unico vincitore. Uno scelse la collina di Mokarta, l’altro quella di Settesoldi mentre la sorella preferì l’altura sulla quale è ubicato attualmente il Castello.

La ragazza ingannò i fratelli accendendo il fuoco molto prima che la sua costruzione fosse terminata. I fratelli, credendo di essere stati ormai battuti, rinunciarono all’impresa lasciando incompiuti i loro castelli e campo libero alla furba sorella.

Ancora oggi persistono tracce di antichi ruderi che in qualche modo confermerebbero il racconto.

CAMMARATA (AG)

Il Castello di Cammarata si trova a circa 700 metri sul livello del mare, nella zona più elevata dei monti Sicani, alle pendici nord-orientali del monte Cammarata.

La torre carceraria, che oggi ospita mostre, eventi culturali e multimediali, anticamente era la parte peggiore del Castello. In questo luogo, si lasciavano morire pluriomicidi e traditori politici che mai potevano essere liberati. Le guardie calavano da una piccola scala cibo ed acqua, maltrattando i prigionieri che non avevano alcuna speranza di poter uscire vivi dalle loro celle. Una macabra leggenda racconta la presenza di una botola in cui venivano gettati i loro cadaveri.

CASTELBUONO (PA)

Tra le stanze del Castello di Castelbuono si aggirerebbe il fantasma di una bellissima donna: Costanza Chiaramonte. La storia è molto drammatica e si attestano le sue origini al 1321, quando il Conte Francesco I Ventimiglia ripudiò Costanza Chiaramonte Contessa di Modica, sua sposa nel 1315, perché sterile.

Si narra che Costanza Chiaramonte, proprio perché non poteva avere figli, fu punita e rinchiusa in una delle stanze presenti al primo piano del Castello. Quando il corpo della donna fu ritrovato, la stanza era totalmente spoglia dei suoi mobili tanto da far pensare che fu lei stessa a mangiarli.

Secondo la leggenda, il fantasma della povera Costanza si aggira all’interno di queste stanze aprendo le porte e non attraversando le pareti, perché troppo pesante.

ALCAMO (TP)

Un’altra storia di fantasmi aleggia invece su Alcamo e la Cuba delle Rose, una cisterna araba che risale a circa mille anni fa.

Una leggenda legata alla Cuba delle Rose racconta di un giardino lussureggiante nei primi anni del 1700: il roseto della baronessa Donna Gaetana De Ballis.

La bellissima Gaetana sposò Giuseppe Papè Principe di Valdina, molto più grande di lei, per puro interesse. La donna, priva del vero amore, riversò tutto il suo affetto verso il figlio Ugo Papè che ben presto fu indirizzato dal padre a prendere i voti, diventando uno dei più grandi vescovi della diocesi di Mazara del Vallo. Ancora una volta priva dell’amore riversò tutto il suo affetto verso le sue amate rose, coltivate segretamente per non farsi vedere dalle cortigiane e dai residenti. Secondo la leggenda, i fiori sbocciavano solo di notte e in sua presenza. Quando morì, nel 1769, le rose non crebbero più.

Ogni anno, la notte del 19 febbraio alle ore 03:00 di notte, il fantasma di Gaetana si aggirerebbe per la Cuba in cerca dei suoi amati fiori.

TAORMINA (ME)

Il Castello di Taormina sorge sulla cima del monte Tauro. A pochi passi è ancora presente un’antica chiesetta risalente al 1640: la chiesa di S. Maria della Rocca. Il sacro edificio fu costruito sfruttando la conformazione a grotta della roccia, tanto che parte del soffitto è costituito proprio della roccia viva.

L’origine del Santuario di S. Maria della Rocca è ricondotta ad una leggenda. La storia narra che un giovane pastorello, del vicino villaggio di Mola, si rifugiò nella grotta per proteggersi da un improvviso temporale mentre pascolava il suo gregge sul monte. Il giovane fu colto dalla luce abbagliante di un fulmine e in fondo alla gotta gli apparve una bellissima donna, illuminata e splendente, che teneva in braccio un bambino biondo. Il pastorello, spaventato, fuggì abbandonando le sue pecore nella grotta e corse a raccontare l’accaduto ai genitori. Il giovane non venne creduto ma riuscì comunque a convincerli a recarsi con lui nella grotta, quantomeno per recuperare il gregge. Giunti a destinazione si addentrarono nella grotta ma non videro nulla. Nel posto in cui era avvenuta l’apparizione trovarono, in una larga fessura, un dipinto in cui era rappresentata l’immagine della donna. Il bambino che teneva in braccio, però, era senza testa.

L’apparizione fu presa in mano dal clero, che invocando il miracolo, compì pellegrinaggi e venerò l’ immagine sacra su un altare provvisorio. Oggi il dipinto non è più ben visibile e sono presenti solo dei graffiti. La ricorrenza si festeggia ogni anno a settembre. Tradizione vuole che si vada a degustare la cosiddetta “carne infornata”, cioè agnello cotto in forni improvvisati sul luogo.

MARINEO (PA)

Un’ultima leggenda, anch’essa mescolata al sacro, è invece molto nota a Marineo e riguarda da vicino la storia del Santuario della Madonna di Scanzano e del quadro della Madonna della Dayna, custodito proprio nella chiesa.

La leggenda è ambientata nel periodo della dominazione bizantina e racconta di un signorotto, che dal campo trincerato della fortezza di Paropo, sul Pizzo Parrino a ovest della Montagnola, si avviò, con servi e cani a seguito, per la sua solita battuta di caccia. Ad un tratto l’uomo avvistò un daino e cominciò a seguirlo a lungo fino a che non giunse ad una grotta. All’interno il cacciatore ritrovò il daino ferito con accanto il dipinto della Madonna col Bambino. In quel momento apparve la Vergine che gli intimò di non ucciderlo ma di proteggerlo e curare le sue ferite. Commosso dalla visione e dalle parole ascoltate, il cacciatore disse ai servi di recarsi al vicino centro abitato di Marineo e raccontare l’accaduto agli abitanti, al gran Castellano e alle autorità ecclesiastiche e di invitarli alla grotta per prelevare il dipinto della Madonna e portarlo in un luogo sacro.

Proprio nel luogo del ritrovamento sorge oggi il santuario. La tela che illustra la leggenda del rinvenimento del dipinto della Madonna della Dayna è custodito nel Santuario della Madonna di Scanzano, che sorge proprio nel luogo del ritrovamento.

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