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Fioretto maschile, l’Italia trionfa a Tokyo con una squadra che parla siciliano

domenica 27 Gennaio 2019
fioretto maschile

A Tokyo la Sicilia comanda: l’Italia di fioretto maschile torna sul gradino più alto del podio e lo fa grazie al modicano Giorgio Avola, all’acese Daniele Garozzo, componenti della squadra azzurra e al maestro modicano Eugenio Migliore, componente dello staff azzurro di fioretto.

Dopo i due secondi posti conquistati nelle prime due gare stagionali, a Bonn ed a Parigi, il quartetto italiano ha vinto la tappa di Tokyo del circuito di Coppa del Mondo di fioretto maschile.

La sfida finale ha visto la squadra azzurra composta da Daniele Garozzo, Alessio Foconi, Giorgio Avola ed Andrea Cassarà, superare gli Stati Uniti col punteggio di 45-43.

Un successo che interrompe un digiuno in Coppa del Mondo che durava dal 22 gennaio del 2017, quando i quattro alfieri azzurri conquistarono il podio di Parigi.

Andrea Cipressa
Andrea Cipressa

La soddisfazione per il successo è tutta nelle parole che il Commissario tecnico, Andrea Cipressa ha riportato su Facebook: “Sono orgoglioso di questi ragazzi, in questi sei anni abbiamo vinto tanto, moltissimo. Sono in questo ambiente da quasi tutta la vita, questo sport che non è solo lavoro ma passione, è mescolato al mio sangue, è me stesso, mai avrei pensato di poter arrivare fino a qui. Ho sempre “tirato” e poi “allenato” con entusiasmo, gioia, amore verso i miei atleti ma sempre con molta, molta umiltà, tanto è che, a chi continuamente mi diceva che siamo i più forti in assoluto, sorridevo rispondendo “facciamo del nostro meglio, speriamo bene”. Ogni genitore conosce il proprio figlio, ma non conosce tutti i ragazzi che alleno; io li conosco tutti, uno per uno, conosco i loro problemi, i loro pensieri, le loro paure, le loro gioie, le loro avventure, cosa mangiano e cosa non mangiano, le loro barzellette, a volte senza senso, i loro sorrisi, i loro pianti quando perdono, i lividi dopo una stoccata, li conosco bene, tutti, non perché io sia uno psichiatra o qualcosa del genere ma perché li “sento”. Sento quando sono a disagio o quando non sono perfettamente in forma, non so dirvi il perché ma lo sento, lo vedo, lo intuisco e questo che io chiamo, fortunato dono, deriva solo ed esclusivamente dal “cuore”. Voglio bene a tutti loro come se fossero miei“.

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