SCORRI LE FOTO IN ALTO
Un diario di viaggio, il racconto di un’esperienza importante che ridisegna un personale progetto di studio e di ricerca: tutto questo è “Palomar. Lo sguardo del silenzio” la mostra fotografica di Michele Di Donato che si inaugura sabato 7, alle 19,30, a Castelbuono.
Il racconto finale, per immagini, offre una dimensione diversa ai luoghi indagati, una sintesi di contesti e ambienti singolari dai quali affiorano profili suggestivi e irripetibili, unitamente a momenti magici che vibrano di sentimenti, consapevolezze, emotività.
Come fossero versi di una poesia, pennellate di sensibilità posate su una tela o note che si irradiano da uno spartito.
In tutto sono 42 le fotografie, a colori e di diverso formato, che compongono la mostra fruibile fino al 15 settembre (tutti i giorni dalle 11 alle 20, ingresso libero) al Centro Sud, via Umberto I.
“Il portfolio che ho allestito – spiega Di Donato – è un’ode al mare, elemento al quale mi sono affidato per esprimere i miei stati d’animo, argomentare le mie riflessioni, memorizzare scene irripetibili nelle quali il non visibile diventa palpabile. Un mondo nuovo, in apparenza senza tempo né dimensioni, dove la lenta risacca, dal respiro quasi impercettibile, asseconda la quiete del cielo che riecheggia delle risate dei bambini, di cui pare farsi immagine speculare“.
Un luogo dove lenire l’ansia del vivere, quello nel quale, secondo Di Donato, si respira lo ‘sguardo del silenzio’, un rifugio in cui ripararsi e dove essere davvero se stessi.
“Per chi sa osservare, tutto è arte. La natura, la città, l’uomo, il paesaggio, l’atmosfera, ciò che chiamiamo ‘umore’, infine e soprattutto la luce. Peraltro – aggiunge – tutti conoscono l’arte degli artisti, quella firmata. Pittori, scultori, musicisti, scrittori, cineasti e fotografi sono chiamati in causa sulla questione dell’arte, a proposito della quale, come si sa, c’è sempre molto da dire”.
Esiste, tuttavia, un luogo indefinito nel quale s’incrociano il dominio elementare della natura, le contingenze, e il territorio marcato dall’uomo. Questo terreno d’incontro produce figure che sono lontane dall’arte e, al tempo stesso, vicine, a seconda dei significati che se ne danno.
“Per quanto mi riguarda, considero il mare come il felice risultato di una combinazione imprevista di situazioni o di oggetti organizzati conformemente alle regole d’armonia dettate dal caso“, conclude.