E’ stato presentato ieri a Palazzo d’Orléans il nuovo piano della Regione che delinea una strategia di intervento per smaltire nel più breve tempo possibile le prestazioni in sospeso. Il documento predisposto dall’assessorato della Salute mette a disposizioni risorse finanziarie per un complessivo di 48,5 milioni di euro. Ma non tutti sembrano soddisfatti. Fp Cgil Sicilia ha contestato duramente il Piano di Schifani.
“Non è l’assegnazione della metà dei fondi, erogati dal Governo nazionale, la soluzione ai problemi della sanità siciliana. Il recupero dei ricoveri e delle prestazioni ambulatoriali attraverso il ricorso alle strutture private – affermano il Segretario Generale, Gaetano Agliozzo, e la Segretaria Regionale, Monica Genovese – se da una parte può garantire una risposta agli utenti in tempi ragionevoli, dall’ altra non risponde alle criticità strutturali del sistema sanitario regionale, prima fra tutte la carenza di personale sanitario“.
“Piuttosto che indagare sui motivi per cui le aziende pubbliche possono recuperare solo il 50% dell’arretrato – aggiungono – si preferisce trovare soluzioni comode e contingenziali, continuando di fatto ad aprire le porte ai privati con un mercatino delle tariffe. Tutto questo determina un progressivo ed inesorabile processo di erosione del perimetro pubblico. La salute non è una merce e pertanto non può essere oggetto di trattative e logiche di mercato. Ancora una volta si calpesta la dignità professionale ed umana degli operatori che operano nel SSN, ai quali i supermanager chiedono risultati senza dotarli dei mezzi essenziali per realizzarli. D’altro canto, si chiede ai pazienti di migrare da una struttura pubblica ad una privata o di affrontare kilometri di distanza dal proprio comune per esigere il diritto fondamentale alla Salute, come se la continuità delle cure, la relazione medico-paziente, il follow up di patologie complesse fossero elementi superflui rispetto all’ostentazione delle performance aziendali“.
“Il Governo regionale, con senso di responsabilità e serietà, vada alla radice del problema, la cui matrice è rappresentata prevalentemente dalla carenza di personale medico, sanitario e dell’intero comparto, provando così – concludono Agliozzo e Genovese – ad invertire una situazione che continua a registrare la chiusura di interi reparti, così come il ricorso a esterni, anche per tenere aperti i pronto soccorso“.