Sono stati accusati di avere organizzato una frode fiscale grazie a false fatturazioni per favorire tre imprese edili. I finanzieri del comando provinciale di Palermo hanno eseguito un’ordinanza agli arresti domiciliari emessa dal gip di Palermo, su richiesta della Procura, nei confronti di Salvatore Città, 68 anni, di Bagheria (Pa) amministratore della società Milotta Group, Lavorfer srl e Lecofer srl e Guanfranco Milotta, 46 anni di Alcamo (Tp) amministratore di diritto e di fatto della Milotta Group, della Lavorfer e della Lecofer.
Per Giacinto Sciortino di 47 anni residente a Bagheria (Pa) il gip ha disposto l’obbligo di dimora. Gli indagati, in totale 24 tra persone fisiche e giuridiche sono accusati a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere, dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture false, emissione di fatture false, occultamento e distruzione di documenti contabili, autoriciclaggio, omessa dichiarazione, indebita compensazione e omesso versamento. Con lo stesso provvedimento, il gip ha disposto il sequestro preventivo, anche nella forma per equivalente, di somme e beni per oltre 14 milioni di euro pari al profitto dei reati tributari contestati, dell’autoriciclaggio e ai sensi della normativa sulla responsabilità amministrativa degli enti.
Le indagini, condotte dagli investigatori del nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo, avrebbero permesso di scoprire l’esistenza di una organizzazione criminale che dal 2016 al 2020 si sarebbe avvalsa di un consulente fiscale palermitano per favorire 3 società specializzate nel commercio di materiali per l’edilizia. Il collaudato sistema avrebbe generato false fatturazioni per oltre 37 milioni di euro. Sarebbero utilizzate 22 società cartiere in Sicilia ma anche in Lombardia, Veneto e Puglia. Le aziende che utilizzavano le false fatturazioni e, una volta incamerati gli indebiti vantaggi fiscali, venivano prima svuotate del compendio societario, trasferito ad altre imprese neo costituite e successivamente messe in liquidazione e fittiziamente trasferite all’estero in Russia e Bielorussia, per rendere particolarmente difficoltosi gli accertamenti del Fisco.
La documentazione contabile veniva sempre distrutta. Il meccanismo creato, oltre ad abbattere le imposte dovute per oltre 9 milioni di euro, avrebbe consentito anche la creazione di un ingente credito Iva per circa 2,3 milioni di euro, oggetto poi di autoriciclaggio attraverso il trasferimento in altra società riconducibile agli indagati e in buona parte già compensato indebitamente con imposte realmente dovute, che in tal modo non sono state versate all’erario.