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L'omelia di Lorefice

Funerali del giovane ucciso, a Palermo cattedrale gremita di gente

giovedì 16 Ottobre 2025
Parenti, amici e tantissima gente comune.
Cattedrale di Palermo gremita per i funerali del ventunenne Paolo Taormina, ucciso nella notte tra sabato e domenica con un colpo di pistola alla nuca, esploso da Gaetano Maranzano, 28 anni, reo confesso, davanti al locale che la vittima gestiva con la famiglia in via Spinuzza.
Sulla bara bianca sono poggiati due cuori di rose bianche e rosse con le iniziali del giovane, P. T. La bara è circondata dagli amici del giovane, seduti a terra, con le gambe incrociate. Indossano una maglietta con una foto che ritrae Paolo e la scritta “Sarai per sempre nei nostri cuori“.

Centinaia le persone che hanno scandito il suo nome: “Paolo, Paolo“, dopo aver fatto volare palloncini di colore bianco e azzurro. A fine cerimonia, i genitori di Paolo, la sorella Sofia e il fratellino di appena sei anni sono stremati, occhi lucidi e carichi di tensione.

 

Ieri il gip ha convalidato il fermo e confermato la custodia cautelare in carcere per Maranzano. Il sindaco Roberto Lagalla ha disposto il lutto cittadino.
Nella cattedrale di Palermo è stata accolta da un fortissimo applauso la bara di Paolo Taormina, il ventunenne ucciso domenica scorsa con un colpo di pistola. La madre, Fabiola Galioto, il padre Giuseppe e la sorella Sofia siedono in prima fila.
Al funerale di Paolo Taormina, celebrato in cattedrale dall’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice, tra i politici sono presenti il presidente della Regione Renato Schifani, il sindaco di Palermo Roberto Lagalla che si trova nei banchi tra i genitori del giovane, il presidente del Consiglio comunale Giulio Tantillo, assessori e consiglieri.

Le parole della cugina

Paolo era un ragazzo mite, pacifico dedito alla famiglia unita e ricca di affetto, con la mamma attenta, con il suo carattere deciso, a far crescere bene i propri figli. Poi la complicità con papà Giuseppe e l’amore per i fratelli Sofia e Mattia e la sua ragazza, la sua anima gemella. Da questa intesa nasce il locale ‘O Scrusciu’, dove Paolo ha messo tutto se stesso, diventando il barman amico e amato da tutti“. L’ha detto Dalila, la cugina di Paolo Taormina alla fine del funerale nella cattedrale di Palermo.

L’omelia

Un dolore inconsolabile. Un urlo che arriva fino al cielo. È assurdo che un figlio venga rubato ai genitori, alle sorelle, ai fratelli, agli amici. Al suo lavoro e alla comunità cittadina. Siamo qui, raccolti e chiamati da Paolo che è stato ucciso. Chiamati dai figli di Rachele, da Abele, da tutti gli uccisi dalla violenza omicida. E non abbiamo parole. Perché di fronte al dolore abissale e inspiegabile, le parole non sono nulla“. Così l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, nell’omelia per le esequie Paolo Taormina.
Gli amici di Giobbe – come si legge nella Bibbia – che provano a giustificare la catena di disgrazie cadute addosso al loro povero compagno, mettono in scena una parodia della giustizia, una inutile difesa di Dio, di fronte alla quale Giobbe ricorda loro il rispetto che si deve al dolente: ‘A chi è sfinito è dovuta pietà dagli amici, anche se ha abbandonato il timore di Dio’. E questo rispetto è fatto di prossimità e di silenzio. Nel silenzio proviamo a comprendere una goccia dello strazio di voi genitori, parenti, amici, della città tutta“.
Pronunciando i nomi dei familiari della vittima (Giuseppe, Fabiola, Sofia e Mattia), Lorefice ha detto: “Piango e con voi rivolgo al Signore la domanda terribile che urla nei vostri cuori: perché? Sono con voi per dirvi che Paolo non è scomparso, non è finito nel nulla, egli vive anche nel cuore di Cristo“.
Nessuna motivazione rende legittima l’uccisione di un uomo. E piangendo per Paolo – aggiunge l’arcivescovo – piangiamo per tutti i morti, uccisi dalle guerre, dalla mafia, dalla violenza, dal narcisismo delirante, dal culto della forza virile. La giustizia deve fare il proprio corso. Ma scacciamo dal nostro cuore la voglia di uccidere Caino“.
Come scrivevamo con l’arcivescovo di Monreale, monsignor Gualtiero Isacchi’, ‘non si tratta solamente di presidiare e mettere a soqquadro i quartieri a rischio o i luoghi della movida, bensì di essere presenti tutti e insieme, a cominciare dalle istituzioni civili, militari, scolastiche, religiose, con una politica della cura dei più fragili. Fragili per mancata equa destinazione di lavoro, casa, pane, per accesso alla cultura, per opportunità occupazionali e di crescita umana e spirituale“.
Non sono gli eserciti, non sono le forze di polizia, col loro pur encomiabile servizio, a cui siamo gratissimi, che potranno estirpare la violenza omicida. Possiamo essere solo noi, insieme. Può essere solo Palermo tutta a mettere fine alla spirale della violenza, attingendo alle sue energie interiori, alla sua storia, alla sua umanità”.
Sabato sera alle 21, facciamo una “movida alternativa. Ci vediamo allo Zen non armati di armi ma dell’amore di Paolo. Ci vediamo davanti al piazzale della chiesa di San filippo Neri“. Concludendo l’omelia, l’arcivescovo Corrado Lorefice ha ribadito ai giovani il suo appello a dire “no ai venditori di droga e alcol, venditori di morte che vogliono solo i vostri soldi. Seminate, invece, amore”.

Nel corso del funerale, il 118 ha effettuato 15 interventi, assicurando come sempre la massima prontezza e professionalità. Il servizio di emergenza-urgenza ha garantito una costante copertura sanitaria lungo tutto il percorso e nei punti di maggiore affluenza, intervenendo con tempestività e competenza ogniqualvolta necessario. Una presenza silenziosa ma imprescindibile, che conferma ancora una volta il ruolo fondamentale del 118 nella tutela della salute e della sicurezza dei cittadini, anche nei momenti di grande partecipazione collettiva.
Il corteo per raggiungere il cimitero di Santa Maria di Gesù
Un lungo corteo di amici e parenti dopo avere lasciato la Cattedrale di Palermo, seguendo il carro funebre con la bara di Paolo Taormina, ha percorso viale Regione Siciliana per raggiungere il cimitero di Santa Maria di Gesù dove è stato seppellito il 21enne ucciso davanti al locale gestito dalla famiglia.
Auto e moto si sono fermate davanti al carcere Pagliarelli dove è rinchiuso Gaetano Maranzano, il giovane che ha confessato l’omicidio. Davanti all’istituto penitenziario, per circa mezz’ora, la strada è stata invasa da centinaia di persone: motori accesi e il suono assordante dei clacson coperto dalle urla “Paolo, Paolo” e “giustizia, giustizia”.
Un gesto di rabbia e dolore, una protesta spontanea che ha trasformato il silenzio del lutto in un clamore collettivo. Dalle finestre del carcere, alcuni detenuti hanno risposto con applausi. La polizia penitenziaria ha presidiato l’ingresso per evitare che la folla si avvicinasse troppo, ma non si sono registrati incidenti.
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