Gettata alle proprie spalle la lunga parentesi della tirannide fascista con gli orrori e le tragedie subite dalla guerra finalmente si torna a votare. È il 2 giugno del 1946 gli italiani sono chiamati a una decisione storica: vorranno essere ancora governati dalla monarchia sabauda che storicamente aveva avuto il merito di unificare il paese e creato una nazione?
Oppure come propugnavano i partiti antifascisti del Comitato di liberazione nazionale (CLN) di attuare una svolta istituendo la Repubblica, allineando così il paese alle grandi democrazie e cancellando la vergogna di una monarchia che aveva permesso l’affermazione del fascismo con una subalternità al limite della codardia nei confronti del regime fino a trascinare il paese nella rovinosa guerra in alleanza con il nazismo.
Lo scontro si presentava alquanto incerto anche perché la monarchia nonostante tutto manteneva un forte radicamento sociale soprattutto nel Sud d’Italia e in Sicilia che, peraltro, non aveva sostenuto una lotta di liberazione come nel centro-nord, non c’era stata la Resistenza, tranne qualche episodio isolato, e la riconquistata libertà era da ascrivere all’intervento dell’esercito anglo americano.
Le elezioni si svolsero in un clima infuocato dall’esito incerto. Con una mossa a sorpresa il Re Vittorio Emanuele terzo abdicò a favore del figlio Umberto consapevole del declino della sua figura e indicando con questo atto l’inizio di un nuovo corso della monarchia.
In questo contesto la Sicilia svolse un ruolo decisivo come sottolineò lo scrittore e grande giornalista dell’L’ORA Marcello Cimino.
E sulla Sicilia che la monarchia punta ad un grande risultato.
L’isola, infatti, è caratterizza dalla tumultuosa ascesa del movimento separatista che, alcuni giorni prima del voto, in una imponente manifestazione popolare davanti il Palazzo Reale, che poi sarà sede dell’attuale Assemblea regionale siciliana, il leader dei separatisti Finocchiaro Aprile presentando il re Umberto dichiarò solennemente che in caso di vittoria della Repubblica gli offriva il trono della Sicilia come base di partenza per la riconquista del trono d’Italia. Tra l’altro il re poteva gloriarsi di avere posto la firma al decreto del governo che istituiva l’Autonomia per la Sicilia.
A questo si aggiunse il sostegno del Cardinale Ernesto Ruffini che, da poco insediatosi, promosse tutta una serie di iniziative a favore della monarchia e alla manifestazione accompagnò la presentazione del re Umberto con la benedizione e dall’augurio di un successo nel voto. Un successo che in effetti si verificò anche se non nelle proporzioni auspicate. La Repubblica , infatti, registrò 709.735 voti a fronte dei 1.303.560 a favore della Monarchia.
Tuttavia, come sostiene Marcello Cimino, fu grazie a questo voto, il migliore del Mezzogiorno, che la Repubblica riuscì a superare la Monarchia.
Instaurata così la Repubblica, conquistata l’‘Autonomia, inizia così per la Sicilia una stagione di speranze e di grandi lotte sociali dalle città alle campagne per costruire una prospettiva di civiltà e di benessere che pur con tutti i limiti, errori, la presenza mafiosa e le gravi criticità sociali che ancora permangono, l’isola è andata avanti.
Oggi se da una parte è giusto celebrare, festeggiare questa giornata che segnò una tappa fondamentale della nostra storia sarebbe al tempo stesso utile riaprire una riflessione sul suo significato, farla conoscere alle nuove generazioni. Dovrebbero farlo i partiti ma sono in tutte altre faccende affaccendati, le istituzioni che però si limitano alle rituali celebrazioni. Non rimane che la Scuola, l’Università e gli intellettuali di cultura liberale, cattolica e socialista, le tre matrici storiche che hanno ispirato questa storia, per riprendere una riflessione che a partire da quella esperienza potrà dare utili indicazioni per affrontare le sfide che ci attendono.