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Gianfranco Pasquino a Palermo: “Il populismo è un modo per negare la democrazia”

domenica 14 Ottobre 2018
pasquino

Tra gli appuntamenti all’interno del Festival delle Filosofie, organizzato dall’associazione Lympha, presso l’Orto botanico di Palermo, l’incontro con un ospite d’eccezione, tra i più noti politologi italiani, Gianfranco Pasquino, che ha dialogato con i docenti universitari Aldo Schiavello (Università di Palermo) e Antonio La Spina (Luiss), moderati da Sorina Soare, ricercatrice fiorentina, su “filosofia, democrazia e politica” in una sala affollata e con una buona presenza di giovani.

Orto Botanico

Molte le domande dal pubblico su temi che affondano nell’attualità e nel vivere quotidiano, tra politica, sfida tecnologica e diritti sociali. L’occasione è stata la pubblicazione del recente libro di Pasquino dal titolo “Deficit democratici” per i tipi dell’Università Bocconi.

Parole chiave “democrazia” e sua “crisi” con una sfumatura di peso: crisi “della” o “nella” democrazia? Cambia molto in una società complessa, liquida, spesso fragile. “Oggi c’è una crisi nella democrazia – sottolinea – per via dei cattivi partiti, delle cattive istituzioni e dei cattivi cittadini”.

Partendo dai fondamentali, Pasquino ricorda che “se il popolo non ha potere non c’è democrazia: punto e basta”, tanto che parte di questo potere è espresso attraverso le leggi elettorali “che se sono pessime – aggiunge Pasquino – viene meno questo potere. E la legge Rosato è pessima”, così come “un “avvocato del popolo” non può stare al governo, ma deve stare all’opposizione”. Da qui al populismo tanto in voga oggi: “È un modo per negarla”.

Le democrazie reali, quelle realizzate, sono equilibri spesso precari perché basate su più elementi, tra pesi e contrappesi “che creano fastidi a coloro cui si rivolgono” sottolinea La Spina.

Eppure “l’85% degli scandinavi – ricorda Pasquino – apprezza la propria democrazia e ritiene funzioni bene. Lo stesso vale per inglesi, tedeschi e così via. Da noi – precisa – le percentuali sono state un po’ più o un po’ meno vicine al 50%, sebbene oggi circa il 60% risulti soddisfatto del governo”.

In altre classifiche l’Italia “sta in basso, ma nel complesso – precisa ancora Pasquino – non male. È una questione di insoddisfazione” che è altro e che ha bisogno di molti distinguo. “Quelli che ce l’hanno la democrazia – ricorda il politologo e accademico dei Lincei – dicono che è morta; gli altri, la metà nel mondo, combattono per averla e per avere il modello occidentale, dalla Cina all’Africa al Sud America”.

Fissare delle definizioni condivise non è semplice, tanto che spesso si scade nel pleonastico o nel ridondante (“lo è per un partito chiamarsi democratico” ricorda Schiavello), eppure soglie minime sono imprescindibili: dal diritto di voce a quello di voto e di partecipazione diretta e indiretta alle scelte generali. “Ma chi non riesce a mangiare difficilmente si occuperà della vita politica e sarà in balia, al momento del voto, dei soliti capibastone!” sbotta cordialmente uno spettatore di San Giuseppe Jato.

Per Pasquino è così “certo, perché chi è esposto agli imperativi esistenziali o scambia il voto o è in balia di volontà altrui. È a pensarci è pure un comportamento razionale; critico chi ne approfitta“. Ma “la democrazia – aggiunge – non si fonda solo su quelle persone”.

La costituzione, a doppia mandata, non manca dal dibattito: “Della nostra – dice Pasquino – se ne parla come della più bella del mondo: così un comico; ma io dico che non c’è nessun concorso di bellezza. Che semmai – aggiunge – la costituzione più bella è quella inglese. Che non è scritta”.

La democrazia, insomma, è in preda a crisi o a rivolgimenti? Nel mucchio, all’Orto botanico, si sono messi Orban, l’Europa, Riace, la disinformazione che manipola e che è tipica dei regimi totalitari e i fondamentalismi religiosi “che non riguardano solo arabi e musulmani: pensiamo – elenca Pasquino – agli evangelici americani o ai fondamentalismi cattolici o ebrei”.

Idee in tensione, insomma, che rafforzano i legami. Anche tra persone liberamente, “democraticamente in dibattito” si scherza. Come in una sala di un festival.

La democrazia in quanto aspirazione non è affatto in crisi” chiosa Pasquino.

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