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Liberta d'informazione a rischio

Giornata mondiale contro i crimini ai danni dei giornalisti: la Sicilia tra le regioni con il più alto numero di minacciati, crescono le querele

domenica 2 Novembre 2025
Quest’anno in vista della ricorrenza della Giornata mondiale dell’Onu per mettere fine all’impunità per i reati contro i giornalisti, ricorrenza che cade il 2 novembre, l’Unesco ha lanciato una campagna con l’obiettivo di segnalare a tutti i rischi che corrono e giornaliste, che sono un doppio bersaglio (in quanto donne e in quanto giornaliste).
La campagna punta sulla pubblicazione fra il 28 ottobre e il 2 novembre a titolo gratuito sui giornali di un banner per fare crescere fra i lettori la consapevolezza di questo problema.
L’Unesco ha chiesto un aiuto (a titolo gratuito) per promuovere queste pubblicazioni in Italia a Ossigeno per l’informazione (www.ossigeno.info) che pubblicherà un post elencando gli aderenti e ringraziandoli collettivamente.

Il report di “Ossigeno per l’informazione

Centocinquantotto giornalisti minacciati in più. In un aumento del 78% rispetto all’anno precedente. Sono quelli registrati dall’osservatorio Ossigeno per l’informazione e presentati il 28 ottobre a un convegno alla Casa del Jazz di Roma per celebrare la Giornata mondiale dell’Onu per mettere fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti, che cade il 2 novembre.
Solo nei primi sei mesi del 2025 i cronisti che hanno subito intimidazioni sono stati 361, contro i 203 dello stesso periodo nel 2024. Praticamente sono quasi raddoppiati. Il numero degli episodi intimidatori classificati come deliberate violazioni della libertà di informazione è aumentato del 46%: sono stati 107 gli episodi di questo tipo, rispetto ai 73 del primo semestre 2024.
E sono aumentate del 10% le minacce provenienti da esponenti pubblici, con oltre la metà che provengono da istituzioni locali (comunali o regionali) che in un terzo dei casi fanno ricorso a querele pretestuose, ma pure a minacce social o insulti (questi ultimi in salita del 17%). Crescono del 10% gli episodi di aggressione, soprattutto contro i cronisti locali impegnati a documentare situazioni di degrado e abusivismo. Le azioni legali pretestuose, le Slapp, restano la seconda forma più utilizzata, dopo gli avvertimenti, per intimidire i giornalisti.
A livello territoriale, Lombardia, Lazio e Sicilia rimangono le regioni con il più alto numero di minacciati. L’Abruzzo – che registra il 3% delle vittime totali – peggiora la sua posizione in classifica per quanto riguarda la pressione intimidatoria (calcolata con il rapporto fra il numero di minacciati e la popolazione giornalista).
Tra gli aspetti più preoccupanti che si leggono nel rapporto, c’è l’aumento della tendenza a non denunciare gli abusi fisici e verbali: nell’81% dei casi le vittime preferiscono non affidarsi alla giustizia, mentre nello stesso periodo del 2024 si trattava ‘soltanto’ di una persona su due. Diminuiscono invece le minacce di genere, ovvero rivolte alle giornaliste, ma cresce la tendenza a non segnalarle alle autorità competenti.
Vito Francesco Paglia e gli spari contro la troupe

Tra le tipologie di minacce, crescono le aggressioni. Esse si attestavano al 3% nei primi sei mesi dell’anno scorso, sono già al 13% nei primi sei mesi di quest’anno. Nei primi sei mesi del 2025 Ossigeno ha registrato episodi che hanno coinvolto inviati di redazioni nazionali o locali impegnati a raccogliere informazioni e testimonianze su fatti di cronaca legati a situazioni di degrado e abusivismo, o in ambito calcistico.

Tra gli episodi più eclatanti quello accaduto dei giornalisti Vincenzo Rubano di Mediaset e Vito Francesco Paglia della Rai, insieme agli operatori che li accompagnavano, contro i quali, in Calabria, sono stati sparati tre colpi di fucile (Leggi).

Le minacce più frequenti restano comunque gli avvertimenti, nelle forme soprattutto di insulti e scritte o striscioni intimidatori, ma anche minacce via social media. Le azioni legali pretestuose, le SLAPPs, per la maggior parte querele per diffamazione intentate per mettere a tacere chi fa cronaca, costituiscono il 17% delle minacce, erano il 16% nello stesso periodo dello scorso anno e il 22% complessivamente nel 2024.

Attentato a Sigfrido Ranucci

Crescono i danneggiamenti ai beni o alle attrezzature dei giornalisti (5%) ed episodi di ostacolato accesso all’informazione come impedire la partecipazione a eventi o conferenze di pubblico interesse (3%).

Complessivamente, gli operatori dei media sono stati colpiti soprattutto con insulti, scritte e striscioni minacciosi, querele intimidatorie, minacce via social.

La regione dove si registrano più minacciati tra gennaio e giugno 2025 è la Lombardia (27%) che nel 2024 contava solo l’11% dei minacciati raggiungendo il 14% nel primo semestre scorso. In questa regione sono stati registrati diversi episodi collettivi a danno di intere redazioni. Il censimento dei casi quindi ha coinvolto più vittime, come i giornalisti dei quotidiani cartacei e online locali minacciati con scritte murali tracciate con vernice rossa e firmate da sedicenti ‘No Vax’ (leggi tutti i casi in Lombardia).

Seguono il Lazio (16%), notoriamente la regione con il più alto numero di minacciati e la Sicilia (13%, leggi tutti gli episodi in Sicilia). Cala il numero dei minacciati in Veneto, tra le regioni più colpite invece nel 2024 quando erano stati registrati diversi episodi collettivi in questo territorio (Leggi tutti gli episodi nel Veneto).

PRESSIONE INTIMIDATORIA – Prendendo in considerazione il numero dei giornalisti minacciati in rapporto al numero dei cronisti che esercitano la professione in ciascuna regione, viene restituito il quadro della distribuzione della pressione intimidatoria in Italia, che conferma la Lombardia come il territorio più colpito, raddoppiando il tasso rispetto al 2024. Cambiano, tuttavia, gli indicatori per altre regioni rispetto al numero assoluto dei minacciati presenti. L’Abruzzo, ad esempio, che conta solo il 3% delle vittime rispetto al totale nel primo semestre 2024, risulta invece terza per pressione intimidatoria. La Liguria, che nel 2024 si attestava tra le regioni più colpite, scompare invece nel quadro dei primi sei mesi di quest’anno. La tabella mostra il dettaglio.

Si attestano al 39% le forme di intimidazioni provenienti da esponenti di partiti e istituzioni pubbliche (erano il 29% nei primi sei mesi del 2024). In aumento il numero di sindaci e presidenti regionali (o candidati), assessori e consiglieri che ricorrono all’uso di querele pretestuose, insulti o minacce. Un terzo delle minacce proviene, invece, da singoli cittadini (33%). Nel 12% dei casi chi minaccia opera nell’ombra, senza indentificarsi. Vi sono inoltre esponenti del mondo imprenditoriale (8%), della criminalità (4%), editori, altri giornalisti e in generale esponenti del mondo dei media (3%).

CHI SONO – Le vittime degli ostacoli alla libertà di informazione sono per lo più uomini (74%) che scrivono su testate locali cartacee e che hanno già subito altre minacce. Le giornaliste (26%) in un caso su cinque subiscono minacce e ritorsioni, o abusi del diritto, non solo in quanto riferiscono notizie di interesse pubblico evidentemente scomode a qualcuno, ma anche perché donne.

Le minacce di genere, che Ossigeno monitora dal 2022, si attestano al 20%, in calo nel primo semstre 2025 rispetto all’ultimo quadriennio. L’autocensura e l’isolamento scoraggiano la denuncia ai centri di monitoraggio e alle autorità (leggi).

 

 

Le querele per diffamazione a mezzo stampa: in Italia è cresciuto del 100% 

 

Da anni l’Italia è paralizzata da una vera e propria piaga legale: le querele per diffamazione a mezzo stampa. Si tratta di denunce penali, spesso basate su accuse false o pretestuose, che vengono usate non per cercare giustizia, ma come mero strumento intimidatorio o di ritorsione contro i giornalisti. Migliaia ogni anno, una marea inarrestabile.

Negli ultimi dieci anni la crescita è del 100%. Diecimila cause penali l’anno, il 90% infondate: un bavaglio a spese dei cronisti

Nell’ultimo decennio, l’assenza di contromisure legislative ha permesso a questo fenomeno di raddoppiare. Le querele si sono affermate come la tattica più facile e indolore per chi intende mettere a tacere voci sgradite, ma hanno un effetto fortemente condizionante su chi le subisce. I dati confermano che questa escalation sta mettendo in serie difficoltà moltissimi giornalisti, come documentato da Ossigeno per l’informazione.

Una montagna di processi penali

È cruciale distinguere. Le querele che terrorizzano i cronisti sono denunce penali, non le cause civili (circa un migliaio l’anno) che rientreranno solo in parte nella Direttiva Anti-SLAPP dell’UE del 2024. Le querele penali sono molte di più: circa 10.000 ogni anno in Italia.

Quasi tutte queste azioni legali sono dirette contro giornalisti e blogger che osano pubblicare notizie attendibili o esprimere opinioni sgradite a persone più o meno potenti. Poiché i procuratori hanno l’obbligo di procedere per ogni notizia di reato, ogni querela si traduce in un processo penale. Di conseguenza, diecimila querele danno vita ad altrettanti processi penali, spesso lunghi e onerosi.

Ma come si concludono questi diecimila procedimenti? In modo schiacciante, con il proscioglimento del querelato nel 90% dei casi. Solo una querela su dieci risulta quindi fondata.

Eppure, i querelanti continuano a promuoverle, nonostante la bassissima probabilità di successo. Perché? Il motivo è l’effetto collaterale: la querela ha comunque un potente effetto intimidatorio sul giornalista. Lo costringe a sostenere ingenti spese legali, gli causa un danno economico e, di fatto, agisce come un bavaglio, inducendolo a trattare con eccessiva cautela l’argomento per cui è stato citato.

Il danno è aggravato dal fatto che i giornalisti, anche se assolti, devono spesso sostenere le spese legali. Non possono stipulare assicurazioni per la diffamazione, poiché la legge italiana la considera un reato doloso, e le spese per reati dolosi non sono assicurabili.

Solo nella minoranza dei casi, quando l’assoluzione avviene con la formula “il fatto non sussiste”, il giudice può imporre il rimborso delle spese al querelante. Di solito, l’assoluzione è “il fatto non costituisce reato”, e i costi restano a carico del cronista.

 

Riforma bloccata, dati dimenticati

I DATI DEL MINISTERO – Ossigeno per l’informazione ha documentato ampiamente questo andamento con il racconto di moltissime storie. Inoltre Ossigeno ha documentato la dimensione del fenomeno con dati ufficiali inediti. Lo ha fatto nel 2016, quando è riuscito a ottenere dal Ministero della Giustizia le statistiche sull’esito di questi processi (vedi il dossier Taci o ti querelo!) . L’aggiornamento di quei dati fatto dall’ISTAT nel 2019 porta al calcolo attuale di diecimila querele l’anno. Con tutto ciò il parlamento italiano continua a rinviare (lo fa da trent’anni) le contromisure che sarebbero necessarie e possibili.

Ossigeno per l’informazione ha documentato già questa tendenza, ottenendo dati ufficiali nel 2016 che mostravano l’esito dei processi. Quei dati indicavano già un aumento annuale dell’8%. L’aggiornamento ISTAT del 2019 ha portato il calcolo a 9.000 querele l’anno, e oggi si stima siano almeno diecimila.

Nonostante la situazione non sia migliorata, il Parlamento italiano rinvia da trent’anni le contromisure necessarie e possibili. Fortunatamente, l’Unione Europea ha mosso un passo con la Direttiva Anti-SLAPP del 2024, che introduce norme efficaci contro l’abuso delle cause civili transfrontaliere, come l’obbligo di una cauzione per chi le promuove.

La Direttiva prevede norme efficaci per prevenire gli abusi, ad esempio impone a chi le promuove una cauzione a copertura delle spese legali e del risarcimento richiesto, una somma che perderà se la causa non si risolverà a suo favore. Un deterrente per chi promuove cause infondate. Un deterrente che sarebbe necessario anche per le querele e che il Parlamento italiano potrebbe e dovrebbe introdurre con la legge di applicazione della Direttiva, introducendo questa e altre norme di maggior garanzia contro l’abuso dei procedimenti per diffamazione.

Questa misura sarebbe fondamentale anche per le querele penali. Il Parlamento italiano, in sede di recepimento della Direttiva, avrebbe l’opportunità e il dovere di estendere tale garanzia, ponendo un freno al massacro dei giornalisti e della libertà di informazione causato dall’abuso sistematico delle querele.

 

FONTE DATI: REPORT OSSIGENO INFORMAZIONE 2025

 

Un banner Unesco per le giornaliste minacciate: la campagna di sensibilizzazione

 

Per sensibilizzare l’opinione pubblica. Appello ai media italiani per aderire e amplificare il messaggio attraverso i giornali e i siti web
Quest’anno in vista della ricorrenza della Giornata mondiale dell’ONU per mettere fine all’impunita per i reati contro i giornalisti, che cade il 2 novembre, l’Unesco ha lanciato una campagna con l’obiettivo di segnalare a tutti i rischi che corrono le giornaliste, che sono un doppio bersaglio: in quanto donne e in quanto giornaliste.
L’obiettivo della campagna è fare crescere fra i lettori  la consapevolezza di questo problema. Pertanto l’Unesco ha chiesto a Ossigeno per l’informazione un aiuto (a titolo gratuito) per promuovere la pubblicazione tra i media italiani di un banner che recita: “Mettere a tacere la voce di una giornalista online significa mettere a tacere la voce di mille donne”.
Dal 2022 Ossigeno per l’informazione conduce anche uno studio approfondito sugli attacchi che hanno un aspetto discriminatorio espressamente connesso al genere. Nel primo semestre 2025, secondo i dati dell’ultimo Report, ke giornaliste minacciate sono il 26%, di queste il 20% ha subito minacce di genere, erano il 40% nel 2024. Il calo non deve far pensare a un miglioramento del fenomeno. Secondo il rapporto, infatti, cresce la tendenza a non denunciare. Qui tutti gli articoli pubblicati sul tema.

Chat GBV: contro le giornaliste in campo anche l’intelligenza artificiale sessista

 

“Chat GBV: sensibilizzazione sulla violenza di genere contro le giornaliste facilitata dall’intelligenza artificiale” è lo slogan della campagna dell’Unesco in occasione del 2 novembregiornata contro l’impunità dei crimini contro i giornalisti rilanciata da Ossigeno per l’Informazione a cui aderisce anche il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti congiuntamente con la Commissione Pari Opportunità del Cnog.

©UNESCO

L’Unesco mette nel mirino le minacce che le giornaliste affrontano nello spazio digitale e l’effetto paralizzante che questo può avere sulla libertà di espressione in senso più ampio.

In Italia la campagna è stata rilanciata da ‘Ossigeno per l’informazione’, l’ osservatorio che documenta e analizza il crescendo di intimidazioni e minacce nei confronti dei giornalisti italiani.

Le giornaliste sono sempre più esposte a minacce legate all’intelligenza artificiale, come la disinformazione di genere, la sorveglianza, i deepfake e le molestie.

Questa forma di abuso, nota come violenza di genere facilitata dalla tecnologia (TFGBV), si è diffusa in modo allarmante con l’ascesa dell’intelligenza artificiale generativa.

Lo studio The Chilling dell’UNESCO del 2021 ha rivelato che il 73% delle giornaliste ha subito minacce online, e una su quattro ha subito attacchi offline. Più in generale, il 58% delle giovani donne e ragazze a livello globale ha subito molestie online sulle piattaforme dei social media, sottolineando la portata del problema che va oltre il giornalismo.

La ricerca sul campo dell’UNESCO conferma queste tendenze in tutto il mondo. In Zimbabwe, il 63% delle giornaliste intervistate ha denunciato violenza di genere e di genere (Understanding Technology-Facilitated Gender-Based Violence (TFGBV) Against Women Journalists in Zimbabwe ), con incitamento all’odio, doxxing e abusi basati sulle immagini tra le forme più comuni, e il 14% ha subito violenza fisica legata a minacce online.

In Ucraina, l’81% delle giornaliste ha subito violenza online, tra cui diffamazione, trolling di genere e minacce estese ai familiari, che spesso si sono trasformate in molestie offline (HER VOICE, THEY TARGET: Gendered Online Violence Against Ukrainian Women Journalists).

IDEI 2025 mira a rafforzare l’attuazione del Piano d’azione delle Nazioni Unite sulla sicurezza dei giornalisti e la questione dell’impunità , affrontando l’urgente necessità di proteggere le giornaliste negli spazi digitali e fisici.

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