Cari Lettori,
dopo esserci occupati recentemente di due organi dell’apparato riproduttivo femminile, ossia l’utero (https://sanitainsicilia.it/gocce-di-anatomia-endometrio-ed-endometriosi-uno-sguardo-anatomico_409552/) e l’ovaio (https://sanitainsicilia.it/gocce-anatomia-ovaio-suoi-tumori-dallanatomia-alla-clinica-01_409598/), è venuto il turno di un organo del sistema genitale maschile, ossia la prostata.
L’occasione ce la fornisce la puntata settimanale de “La buona salute” che ha visto come protagonista proprio quest’organo (https://sanitainsicilia.it/la-buona-salute-26-puntata-la-prostata-cure-chirurgiavideo_409655/).
La prostata è un organo di natura ghiandolare con una forma che ricorda una castagna. Essa partecipa, in maniera rilevante, alla formazione del liquido seminale. Pur essendo un organo presente solo nell’uomo, ha un analogo nella donna: la ghiandola di Skene (l’eponimo trae origine dal ginecologo scozzese, Alexander Skene, che meglio di altri le descrisse), da alcuni autori anche definita “prostata femminile”.
Se ciò vi ha sorpreso, sappiate che nell’uomo – proprio nella porzione di uretra che attraversa la prostata – si trova una piccola rientranza che prende il nome di utricolo prostatico, anche detto “utero mascolino”. Questi nomi traggono ragione dal fatto che, durante lo sviluppo dell’embrione, nei primi 40 giorni, le strutture che formeranno gli organi degli apparati riproduttori sono morfologicamente “neutre” e soltanto dalla sesta settimana di gravidanza comincia il differenziamento delle strutture anatomiche precipuamente maschili o femminili, a partire da abbozzi comuni. Lo studio accurato dell’organogenesi di queste strutture ha portato i ricercatori che se ne sono occupati a notare delle analogie morfofunzionali che hanno dato luogo a questi nomi così sorprendenti.
Tornando alla (complessa) anatomia di quest’organo, la sua sede è la cavità pelvica. In particolare, essa di trova posteriormente rispetto alla sinfisi pubica, inferiormente rispetto alla vescica, anteriormente rispetto al retto e superiormente rispetto al diaframma pelvico, l’insieme di strutture muscolo-tendinee che forma il pavimento della cavità pelvica. È d’interesse chirurgico il fatto che essa è alloggiata in uno spazio che, per l’appunto, prende il nome di “loggia prostatica”, con le cui pareti prende rapporto attraverso la sua capsula (ossia il suo rivestimento esterno). L’importanza di questa nozione risiede nel fatto che vi sono dei nervi (detti cavernosi) importanti per l’erezione peniena che passano ai lati della loggia e che, negli interventi a carico di quest’organo, è importante che il chirurgo identifichi e preservi, pena la perdita – almeno parziale – della capacità erettile del pene.
Un’altra complicanza abbastanza frequente nella chirurgia della prostata è la compromissione della piena continenza vescicale: questo è dovuto al già menzionato rapporto tra quest’organo e la vescica, in particolare lo sfintere uretrale interno (che si trova proprio nel punto in cui la vescica e la prostata entrano in rapporto). Questi due motivi bastano ad incoraggiare chi avesse problemi di pertinenza chirurgica a carico di quest’organo a mettersi in mani esperte per la loro cura. Relativamente alla struttura, la prostata viene suddivisa in quattro parti o zone (anteriore, centrale, periferica e transizionale) caratterizzate dalla prevalenza di tessuti differenti e, conseguentemente, di aspetti clinici differenziati. Farò un paio di esempi.
La zona “transizionale” è quella che circonda l’uretra. Ospita poco tessuto ghiandolare, essendo costituita prevalentemente da muscolatura liscia e tessuto connettivo. È la sede elettiva della cosiddetta “iperplasia prostatica benigna”, una patologia nella quale – come indica lo stesso nome – l’organo s’ingrandisce ma non a causa di neoplasie maligne. Tuttavia, il tessuto iperplastico comprime l’uretra, rendendo difficile la minzione e necessario intervenire chirurgicamente, per via endoscopica, per rimuovere il tessuto iperplastico.
La zona “periferica” (palpabile all’esplorazione per via rettale) è invece quella che ospita il 70% circa del tessuto ghiandolare e dalla quale si sviluppa il 75% circa delle neoplasie maligne. Per questo motivo è consigliabile agli uomini, dopo i 50 anni, effettuare dei controlli periodici dall’urologo o l’andrologo per evidenziare la presenza di noduli sospetti.
Lo screening si può effettuare anche attraverso il dosaggio del cosiddetto PSA, ossia l’antigene prostatico specifico (in inglese, prostatic specific antigen, da cui l’acronimo). Esso è un enzima proteolitico prodotto dalle cellule prostatiche che ha la funzione di lisare una proteina che si trova nel liquido seminale detta seminogelina. Quest’ultima si trova nella matrice gelatinosa che racchiude gli spermatozoi, prevenendone la capacitazione (ossia, in altri termini, la loro attivazione). Pertanto, il PSA è importante per la fertilità maschile, in quanto senza di esso gli spermatozoi eiaculati non potrebbero attivarsi.
Sebbene venga prodotto solo dalla prostata, il PSA tuttavia si eleva indistintamente in tutte le malattie prostatiche, quali l’iperplasia prostatica benigna, la prostatite e il cancro. Pertanto, non è possibile fare una diagnosi specifica di un determinato tipo di patologia prostatica solo sulla base di un aumento dei livelli ematici del PSA, ma sicuramente un tale riscontro deve indurre il soggetto a recarsi dal medico per un necessario approfondimento clinico.