I giudici della Corte dei Corti (presidente Vincenzo Lo Presti) hanno condannato l’ex dirigente della ragioneria generale dell’assessore regionale all’Economia Mariano Pisciotta e la dirigente del servizio patrimonio Dania Ciaceri che avrebbero venduto il Florio Park Hotel di Cinisi a un prezzo inferiore al valore di mercato.
Dovranno restituire alla Regione circa 3 milioni di euro: un milione Pisciotta, 2 milioni Ciaceri. Assolta la funzionaria Ninfa Cangemi. La vendita dell’albergo Florio, un 4 stelle, vicino all’aeroporto di Palermo Falcone Borsellino, è avvenuta nel 2012. I dirigenti sono finiti sotto processo contabile dopo le indagini dei finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria.
La procura contabile diretta da Gianluca Albo aveva esposto che il prezzo di mercato era stato valutato dall’agenzia del territorio in circa 14 milioni di euro, l’albergo era stato venduto alla metà della cifra alla Albatur, che era subentrata alla società cooperativa Coretur, la quale lo aveva gestito in concessione per trent’anni.
La Albatur, inoltre, si legge nella motivazione, non aveva presentato la sua offerta nei tempi previsti dalla gara pubblica che era andata deserta. Secondo la Procura contabile, il prezzo di vendita era diminuito tenendo conto legittimamente dei soldi già investiti dalla società per la ristrutturazione e in modo, illegittimo, secondo l’accusa, delle migliorie future.
Secondo i giudici La Regione “ha venduto a un prezzo inferiore a quello di mercato e ha riconosciuto all’acquirente una riduzione del prezzo stabilito priva di causa e di alcune legittima giustificazione per opere mai realizzate. L’errore in cui sono incorsi funzionari regionali appare per quanto detto grossolano e ingiustificabile, tale da fondare un rimprovero in termini di colpa grave atteso che usando la diligenza del funzionario medio non poteva sfuggire che, una volta ceduta la proprietà del bene, ogni futura miglioria da realizzare sull’immobile dismesso non può essere imputata e neppure in minima parte sostenuta dal vecchio proprietario che non può goderne o avvantaggiarsene“.
I due dirigenti hanno sempre ribadito che le procedure sono state rispettate e l’errore si anniderebbe nel caos che negli anni ha accompagnato la storia del Florio, che per ultimo è stato rilevato da una società totalmente estranea alla vicenda. La sentenza di condanna sarà appellata.