Palermo, come si sa, è una città che non finisce mai di stupire, ricca di monumenti e luoghi particolari, a volte unici. Rientrano, sicuramente, in quest’ultima categoria i Qanat che popolano le viscere della città. Si tratta, precisamente, di un reticolo di canali scavati nel sottosuolo, realizzato durante la dominazione musulmana dell’Isola, con lo scopo di garantire l’approvvigionamento idrico della città mediante lo sfruttamento delle falde acquifere di cui il capoluogo siciliano è ricco.
Infatti, Palermo ha dovuto, storicamente, affrontare il problema della penuria d’acqua, per cui gli islamici cercarono di arginarlo e superarlo, dopo che fecero della città la loro capitale. Così, attraverso una tecnica di origine persiana, gli ingegneri realizzarono nel sottosuolo un particolare labirinto di tunnel e attraverso lo sfruttamento della gravità e delle pendenze riuscirono nell’impresa di far affiorare l’acqua delle sorgenti sotterranee.
L’opera fu anche possibile grazie alla particolare composizione del sottosuolo palermitano che è, in buona parte, in calcarenite, una roccia molto friabile e pertanto facilmente lavorabile. Un ruolo importante, nella realizzazione dell’impresa, fu ricoperto dai muqanni, cioè i “maestri d’acqua”, che avevano il compito d’individuare la localizzazione, man mano che si scavava, delle sorgenti d’acqua, stabilendo così, di volta in volta, il percorso e la direzione dei canali.
Furono costruite delle vere e proprie gallerie dotate di pareti e coperture a volta per garantire la sicurezza dei tracciati evitando che tutto potesse crollare da un momento all’altro. Oltretutto, a intervalli di venti- trenta metri vennero realizzati dei pozzi, ormai oggi scomparsi, di fondamentale importanza, in quanto permettevano agli ingegneri, alle maestranze e agli operai di scorgere la superficie, potendo così orientarsi col procedere dei lavori. Ma servivano anche ad espellere dai canali i detriti che si formavano con le operazioni di scavo e inoltre permettevano, a chi vi lavorava, di uscire dal sistema dei qanat senza ogni volta doverli ripercorrere all’indietro.
Grazie a questo sofisticato sistema di prelievo delle acque e d’irrigazione il contado palermitano si trasformò in una terra fertile e prosperosa, per cui fu possibile introdurre diverse colture, come ad esempio gli agrumi, il riso, i datteri, i gelsi, i peschi e i pistacchi. Non a caso, in seguito, questo territorio verrà soprannominato “Conca d’oro”.
I Qanat ebbero anche altre funzioni rilevanti, infatti permisero il funzionamento delle camere dello scirocco. Si tratta di grotte artificiali scavate nel sottosuolo, realizzate al di sotto o nei pressi delle residenze estive della nobiltà palermitana, che soprattutto a partire dal XVIII secolo, il periodo del boom della villeggiatura, amava rifugiarsi in queste grotte per sfuggire all’afa della calda stagione.
Le camere dello scirocco erano isolate termicamente grazie all’azione delle pareti in calcarenite, le quali garantivano il mantenimento della temperatura dell’aria sempre costante. Inoltre, l’acqua fresca che scorreva nei qanat, evaporando, contribuiva al raffreddamento dell’aria.
E poi i qanat furono usate come strade alternative permettendo lo spostamento di chi non poteva o voleva farsi vedere alla luce del sole: pensiamo alle monache che nel XVIII secolo usavano il sistema dei tunnel sotterranei per raggiungere il Cassaro, da dove, il 14 luglio, potevano assistere alle celebrazioni in onore di Santa Rosalia, la patrona della città.
Insomma, i qanat contribuirono fortemente a rendere Palermo una città rigogliosa, con parchi, bagni pubblici e fontane, per non parlare dei meravigliosi giardini, orti e agrumeti nell’agro palermitano, talmente floridi da meritarsi la successiva denominazione di “Conca d’oro”.
Naturalmente, l’importanza principale dei qanat fu la possibilità per il capoluogo siciliano di arginare e limitare l’endemica mancanza d’acqua e i musulmani, provenienti per lo più da terre assai aride, quindi abituati ad affrontare i problemi legati alla siccità, furono in grado di mettere a punto un sistema ingegnoso, creando una rete di gallerie che fa di Palermo una tra le città italiane più importanti per il patrimonio sotterraneo, non avendo nulla da invidiare a città come Napoli o Roma.
Un patrimonio, certamente, da salvaguardare scrupolosamente e da valorizzare che ancora oggi è in parte accessibile attraverso visite guidate che proiettano il visitatore dinanzi ad un capolavoro d’ingegneria idraulica.