Ricorre oggi, 28 dicembre, l’anniversario del devastante terremoto di Messina del 1908 ritenuto da tutti uno degli eventi sismici più catastrofici del XX secolo. La scossa, fortissima, fu di magnitudo 7.1 Mw (undicesimo grado della Scala Mercalli), durò 37 secondi e avvenne prima dell’alba, alle ore 5:20:27 della notte. Oltre a Messina fu gravemente danneggiata anche la città di Reggio Calabria.
L’epicentro fu registrato nel comune di Reggio Calabria. Tutte le vie di comunicazione per Messina furono interrotte e ne risultarono danneggiati anche i cavi elettrici e le tubazioni del gas.
Gli effetti più devastanti si ebbero con il successivo tsunami con onde alte più di dieci metri, che dieci minuti dopo il sisma finì di distruggere Messina, causando il crollo del 90% degli edifici e sorprendendo tantissima gente che per paura di ulteriori crolli si era riversata in spiaggia, proprio davanti al mare e che non ebbe scampo.
A Messina e Reggio rimasero sotto le macerie in tantissimi: perse la vita metà della popolazione della città siciliana e un terzo di quella della città calabrese. Il numero di morti stimati fu superiore a 100mila: a Messina morirono 80 mila persone, a Reggio le vittime furono 15 mila, mentre altri 25 mila morti si ebbero negli altri centri siciliani e calabresi.
Fra le vittime, diverse personalità del tempo: morirono il questore Paolo Caruso, il generale Cotta e il procuratore generale Crescenzo Grillo, l’ex rettore dell’Università Giacomo Macrì, tre deputati (Giuseppe Arigò, Nicolò Fulci, già ministro, e Giuseppe Orioles); e più della metà dei componenti del consiglio comunale.
La relazione al Senato del Regno – datata 1909 – sul terremoto di Messina e Reggio così recita: «Un attimo della potenza degli elementi ha flagellato due nobilissime province – nobilissime e care – abbattendo molti secoli di opere e di civiltà. Non è soltanto una sventura della gente italiana; è una sventura della umanità, sicché il grido pietoso scoppiava al di qua e al di là delle Alpi e dei mari, fondendo e confondendo, in una gara di sacrificio e di fratellanza, ogni persona, ogni classe, ogni nazionalità. È la pietà dei vivi che tenta la rivincita dell’umanità sulle violenze della terra. Forse non è ancor completo, nei nostri intelletti, il terribile quadro, né preciso il concetto della grande sventura, né ancor siamo in grado di misurare le proporzioni dell’abisso, dal cui fondo spaventoso vogliamo risorgere. Sappiamo che il danno è immenso, e che grandi e immediate provvidenze sono necessarie».
Molti edifici di pregio architettonico cadderò giù, fra cui diverse chiese e palazzi antichi.