Nell’ordinanza dell’operazione Iago con la quale venne disarticolato il mandamento Zisa a Palermo ed evitato l’omicidio di Giuseppe Dainotti (raggiunto oggi dai sicari), quest’ultimo veniva soprannominato Gano di Magonza, personaggio della “Chanson de Roland” considerato un traditore.
Così lo definivano in un’intercettazione ambientale registrata nel carcere di Parma del 2013 il boss mafioso Giovanni Di Giacomo, detenuto e il fratello Giuseppe ucciso allo Zisa nel 2014. Di Giacomo parlando con il fratello, si legge nel provvedimento dell’operazione Iago, dice che “Peppino” (Giuseppe Dainotti), in passato era stato incaricato da Cancemi di tendergli una trappola per ucciderlo. Giuseppe Dainotti aveva incaricato Giovanni di portare una persona ad un determinato appuntamento, ma Di Giacomo aveva fiutato qualcosa e non aveva ottemperato alla richiesta.
Il boss mafioso in carcere criticava anche lo stile di vita di Dainotti. “Giovanni Di Giacomo nel corso delle conversazioni – si legge nel provvedimento di fermo della Dda del 2014 – con il fratello stigmatizzava il comportamento di Dainotti reo di avere sposato una donna …. che stava sperperando tutti gli averi di Dainotti, precisava che un non meglio indicato forno e un magazzino sito nei pressi della via Costantino Lascaris erano di proprietà di quest’ultimo”. Secondo la letteratura Gano era uno dei paladini di Carlo Magno ed essendo patrigno di Orlando era anche suo cognato, avendo sposato la madre di Orlando, Berta, sorella di Carlo Magno, dopo la morte del marito, Milone, per mano dei Saraceni.
Gano avrebbe tradito la propria patria svelando ai Saraceni il modo per cogliere di sorpresa a Roncisvalle la retroguardia franca di ritorno dalla Spagna. Dante Alighieri lo colloca nell’ultimo cerchio dell’Inferno tra i traditori della patria. Gano di Magonza è una delle principali figure dell’opera dei pupi siciliana.