Oltre il 52% delle famiglie italiane durante i mesi di lockdown si sono dedicate alla preparazione di pane, pasta, pizza e dolci, spesso con l’aiuto dell’impastatrice che, come commenta la Coldiretti, è entrata a far parte nel paniere Istat. Per la prima volta, quindi, la macchina che impasta è ufficialmente considerata un genere di prima necessità, qualcosa a cui gli italiani non riescono più a rinunciare, un bene ormai divenuto indispensabile.
La pandemia da Covid-19 ha certamente provocato molti cambiamenti nelle nostre abitudini quotidiane, come una maggiore predisposizione nel preparare pani in casa. Infatti, gli italiani durante i mesi di restrizioni si sono prestati alla cucina mostrando una certa disinvoltura tra i fornelli, dove i protagonisti indiscussi sono stati i farinacei. Non è un caso se gli acquisti di farina siano aumentati del 185% e che l’impastatrice sia diventata oggetto di desiderio per molte famiglie italiane e siciliane. La Federazione Coldiretti Sicilia ha sottolineato di come i siciliani si siano sbizzarriti nella panificazione e che “la tradizione del pane in casa – commenta la federazione diretta da Prisco Lucio Sorbo – rappresenta una scelta ormai radicata anche per il ventaglio di farine di ottima qualità che vengono prodotte dai grani antichi la cui riscoperta sta dando vitalità al comparto”.
Nei mutamenti dei consumi hanno avuto un certo peso anche implicazioni di carattere psicologico: preparare il pane in casa è stata una forma di evasione dalle contingenze sanitarie, economiche e sociali spesso difficili e in alcuni casi drammatiche. Lo stress da pandemia è stato combattuto anche in questo modo. Se un tempo erano soprattutto gli anziani ad occuparsi della panificazione casalinga, ora pure i più giovani e i più inesperti si sono cimentati in quest’arte. E la tecnologia è venuta spesso in aiuto come dimostra l’impennata nella vendita delle macchine impastatrici, vere nuove protagoniste, forse anche inaspettate, degli acquisti degli italiani e dei siciliani. Emerge pure una maggiore attenzione nella scelta delle farine soprattutto per quelle derivanti dai grani storici, come per esempio il grano duro, il grano saraceno e la segale.
Inoltre, Coldiretti Sicilia ci ricorda che con i suoi 370mila ettari l’Isola domina nelle coltivazioni biologiche, tra le quali al primo posto si attestano le colture foraggere (61.580 ettari), seguite da quelle cerealicole (50.826 ettari), con un’attenzione quindi per le farine bio.
Il presidente della Federazione regionale Coldiretti Francesco Ferrari ha così commentato la sensibilità siciliana per il mondo biologico “è un primato che manteniamo da anni, merito di agricoltori lungimiranti che hanno investito in colture bio anche quando il biologico non era ancora compreso e diffuso. È una scelta precisa che ha anche permesso di avviare le fasi della trasformazione che prima, invece, erano una prerogativa delle altre Regioni […] Oggi anche grazie a moltissimi giovani, le aziende scelgono un’agricoltura sostenibile come opzione definitiva per preservare la terra alle future generazioni”.