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Il puzzle del centrodestra

Il giorno del giudizio, chi si nasconde dietro i franchi tiratori all’Ars: caccia al “big” traditore 

lunedì 13 Ottobre 2025
palazzo d'orleans
Palazzo D'Orléans

I telefoni non hanno smesso di squillare per un solo istante. Il lungo finesettimana del centrodestra siciliano si è consumato tra silenzi, riservatezza e tanta amarezza. Un vertice di maggioranza a Palazzo d’Orleans si sarebbe svolto comunque. Più volte è stato ribadito, ma nessuno avrebbe mai immaginato sarebbe andato in scena in un clima così infuocato e dai toni accesi. In ballo non c’è solo l’immediato futuro e la Finanziaria da far andare in porto entro la fine dell’anno, ma l’intero futuro del governo regionale. La coalizione che sostiene (almeno sulla carta) il presidente della Regione Renato Schifani sarà costretta a convivere almeno per altri due anni. Nessuno ha l’interesse di tornare alle urne, ma urge trovare una soluzione per non paralizzare la Sicilia nel prossimo biennio ormai alle porte.

Il governatore azzurro, oggi più che mai, sembra aver preso coscienza che qualcosa ormai si è irrimediabilmente rotto. Il metodo utilizzato fino ad oggi non ha pagato. Proprio da questa considerazione ripartirà l’incontro in programma oggi, alle ore 12:00, a Palazzo d’Orleans (CLICCA QUI).

Il vertice di maggioranza

Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega, Democrazia Cristiana, Mpa e Noi Moderati torneranno così a sedersi allo stesso tavolo ad appena due settimane di distanza. In quel caso il vertice fu di natura prettamente straordinaria, per incassare la certezza di non incappare in alcun tipo di ostacolo sul parere al disegno di legge, proveniente da Roma, per l’introduzione della figura del deputato supplente. Tutti felici e sorridenti. Poi un episodio dopo l’altro ha condotto fino all’attuale stallo della politica siciliana. La manovra quater? Un pretesto (CLICCA QUI)

Proprio quest’ultima considerazione è la più gettonata tra i corridoi di Palazzo dei Normanni, dove hanno iniziato a rimbalzare varie ipotesi, dalle più fantasiose alle più accreditate. Dimissioni? Non se ne parla. Rimpasto totale? Oggi inutile, magari a gennaio. Qualche piccolo ritocco in giunta? Idea abbastanza condivisa e diffusa. Cambio passo? Assolutamente si, anzi, questa è l’unica certezza.

Ma cerchiamo di ricostruire il complesso e ingarbugliato quadro che vede Sala d’Ercole come principale ring di scontro, luogo di intrecci, tattiche e, secondo indiscrezioni, sostengono i ben informati, dove si annidano i traditori principali, i veri registi, se vogliamo usare un termine più cinematografico, che avrebbero condotto l’aula fino alla disfatta della variazione di bilancio.

Il pericolo (già annunciato) dei franchi tiratori

Partiamo dai franchi tiratori, simbolo più evidente ed enigmatico di questa crisi. Non nascono ora. Dei segnali chiari erano arrivati prima dell’estate, già nel corso della votazione del ddl sul riordino dei Consorzi di Bonifica, affossato, e la bocciatura di alcuni articoli della manovra ter. FdI, FI e Mpa gli indiziati principali.

A seguire l’estate, i malumori e le rassicurazioni con l’intento di chiudere in tempi celeri la manovra quater. La variazione alla fine è stata approvata. Si, ma a che prezzo?Massacro senza motivo, bastava ritirare la manovra“. Riecheggiano ancora come un macigno le parole pronunciate in aula da Gaetano Galvagno, poco prima di spegnere il microfono. Il giorno dopo, attraverso i propri canali social, il presidente dell’Assemblea ha negato i contrasti con Schifani, ma qualche voce maligna parla addirittura di un rapporto ormai alla frutta. A giudicare dai toni nel corso dell’ultima seduta e da un passaggio del post pubblicato e condiviso (“Si è inoltre, scongiurata la chiusura dell’Ipab di Paternò, con l’emblematico parere dell’assessore all’Economia che si è rimesso all’aula“) anche i rapporti con l’assessore all’Economia Alessandro Dagnino sarebbero abbastanza incrinati.

I malumori di Fratelli d’Italia

Rimanendo in tema, proseguiamo proprio da Fratelli d’Italia. I meloniani sono certamente sotto i riflettori. La “guerra della sanità” lega Palermo e Catania. Dalla riconferma di Salvatore Iacolino al vertice del Dipartimento alla Pianificazione Strategica dell’assessorato regionale alla Salute (CLICCA QUI) alla nomina di Gianfranco Di Fede a direttore sanitario dell’Asp di Catania. Quest’ultima la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso, in quanto frutto dell’asse Forza Italia-Lega-Mpa. Una mossa che non sarebbe stata digerita non solo a livello regionale, ma anche dai piani alti del partito. L’elezione di Pietro Ivan Maravigna a componente della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti per la Regione Siciliana non sarebbe così servita a calmare le acque (CLICCA QUI).

Ma non solo, secondo indiscrezioni raccolte, FdI non avrebbe gradito la sempre minore influenza, verificatasi negli ultimi mesi rispetto a questi tre anni di governo Schifani, e in particolar modo il non aver messo bocca sulla manovra quater, la quale sarebbe stata campo esclusivo del governatore e dell’assessore Dagnino. Il tutto nonostante alla guida della II Commissione Bilancio ci sia proprio un meloniano, Dario Daidone.

E così, nel giovedì nero, il gruppo parlamentare di FdI si sarebbe accodato all’opposizione nel corso della mattinata, quando ad essere affossati erano stati tre articoli, uno dietro l’altro (gli adempimenti fiscali relativi al nuovo sistema contabile basato sul principio Accrual, l’implementazione e l’adeguamento delle piattaforme digitali Drt e soprattutto il sostegno alle produzioni cinematografiche in Sicilia, tra i quali era compreso il film su Biagio Conte), mentre nel pomeriggio è rimasto compatto in aula, sancendo un’inedita maggioranza con Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Mpa e Sud chiama Nord.

A intrecciare la rete, che avrebbe condotto all’approvazione monca della variazione di bilancio, un “big” di peso del partito.

Dall’Mpa alle opposizioni: i dubbi durante il voto

Addossare tutte le colpe a Fratelli d’Italia, però, sarebbe un grave errore. I numeri parlano chiaro. I franchi tiratori sono 17 e a rimanere in aula è stata anche un’altra gamba del centrodestra: l’Mpa.

Ai microfoni de ilSicilia.it Giuseppe Lombardo aveva allontanato qualsiasi fantasma: “Siamo rimasti per una questione di responsabilità e di rispetto verso una manovra che contiene norme che danno risposte concrete su vari fronti e verso i siciliani che in queste settimane avevano maturato delle aspettative. Non è stato un atto contro il presidente Schifani”. Aggiungendo come vi sia “una narrazione leggendaria sulla nostra appartenenza ai franchi tiratori quando si verifica il voto segreto: la smentisco nella maniera più assoluta“.

Ma anche in questo caso Radio Palazzo ha avuto da ridire. Secondo indiscrezioni, il partito dell’ex presidente della Regione Raffaele Lombardo sarebbe rimasto seduto ai propri posti per meri interessi personali. Di lì a breve si sarebbero poi votati, e approvati con ampia maggioranza, gli articoli relativi ai contributi straordinari rispettivamente al Maas Mercati Agro Alimentari Sicilia e all’Ast. Azienda siciliana trasporti che circa un mese fa ha visto la nomina di Luigi Genovese, proprio in quota Mpa, come nuovo presidente, e a cui erano state indirizzate feroci critiche da parte dell’opposizione.

PD e M5S che comunque non si sono tirati indietro nel sostenere il finanziamento straordinario per la realizzazione di interventi di riqualifica delle sedi di Ast. Non si tratta dell’unico caso che i maligni definiscono “anomalo”. Sotto la lente di ingrandimento c’è anche il voto favorevole agli oltre 3 milioni di euro da destinare all’Ipab di Paternò.

Pochi giorni prima della nomina di Genovese, inoltre, gli autonomisti avevano ritirato la tessera di Forza Italia. Una decisione, dunque, quella assunta in aula dall’Mpa, che ha fatto discutere e non poco.

Forza Italia, Dagnino e Sammartino

A meravigliare maggiormente è la presenza di franchi tiratori proprio tra le file di Forza Italia.

Secondo indiscrezioni raccolte gli azzurri sarebbero compatti intorno a Schifani. L’aver abbandonato l’aula lo dimostra. Alcuni tra i forzisti, però, non gradirebbero la presenza di tecnici in giunta, anche se in quota FI. Inutile girarci intorno. Osservando la griglia degli assessori che compongono la giunta due sono i nomi sotto torchio: Alessandro Dagnino e Daniela Faraoni.

Il primo, a meno che non vi siano colpi di scena dell’ultimo minuto, avrebbe le ore contate. Il motivo? Basta rivedere l’ultima seduta di Sala d’Ercole. La seconda, oltre la definizione di tecnico, porta dietro di sé il “peso” di essere considerata vicino alla corrente di Luca Sammartino, rientrato in giunta da poche settimane. Le diatribe nel corso dell’esame della nuova rete ospedaliera in VI Commissione Salute ne sono l’esempio. L’ex presidente dell’Asp di Palermo potrebbe rimanere salda a questo giro, ma il suo ruolo da assessore potrebbe essere presto in bilico.

Soprattutto tra le fila di Forza Italia si spingerebbe per dei profili quanto più politici e i successori, pronti a cogliere i testimoni all’Economia e alla Sanità, si celerebbero tra i banchi dell’Ars. Due deputati, in realtà già da un po’, scaldano i motori.

Il vasto mosaico non è finito qua. Il ritorno all’Agricoltura e da vicepresidente della Regione del leghista Luca Sammartino desterebbe più di qualche dubbio, non solo tra gli azzurri, ma anche in buona parte della coalizione. E certo non è un caso se l’esponente del Carroccio non abbia anche riottenuto la delegata ai rapporti con il Parlamento.

Caccia al traditore tra i fedelissimi di Schifani

All’interno del racconto mancano così Lega (come gruppo, oltre il già citato Sammartino) e Democrazia Cristiana. I due partiti si sono subito tirati fuori dall’impasse, dichiarando la loro estraneità al circolo dei 17 franchi tiratori, giurando lealtà e fedeltà al presidente Schifani, come hanno ribadito anche i rispettivi segretari regionali, Nino Germanà e Stefano Cirillo. Voci di corridoio di Palazzo dei Normanni parlano di malumori all’interno di tutta la coalizione di centrodestra, nessuno escluso. Dunque, la possibilità che qualche “scheggia impazzita” sia anche all’interno del Carroccio e della DC non è da escludere.

Ed è così che FI, FdI, Lega, DC ed Mpa sono nuovamente tutti sullo stesso piano e si ritorna al punto di partenza. Se come già detto, un “big” di Fratelli d’Italia avrebbe favorito e spianato la strada verso la creazione della trasversale e insolita maggioranza, che ha portato a casa la manovra quater, secondo i racconti di Radio Palazzo, vi sarebbe in realtà un ulteriore influente pezzo da novanta, insospettabile, che avrebbe pianificato il tutto ancor prima, già alla vigilia, con l’obiettivo di acuire le spaccature e le divergenze covate nel tempo dai singoli partiti, orchestrando un asse politico, poi concretizzato in aula, capace di sbaragliare le carte.

Uno scenario che, con un pizzico di ironia, potremmo riassumere affidandoci alla storia e rievocando la congiura ai danni di Giulio Cesare: “Tu quoque, Brute, fili mi“. Insomma, tornando in vesti più istituzionali, adesso il presidente Schifani dovrà ben guardarsi le spalle e riorganizzare la maggioranza, alleviare le tensioni e trovare un punto d’incontro che vada bene a tutti.

A rimetterci fino ad oggi sono stati gli agricoltori, con la bocciatura dell’articolo sui laghetti, la buona informazione, con il colpo di coda al fondo per l’editoria, i giovani siciliani, con la norma sul south working depennata… insomma, in generale, tutta la Sicilia.

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