Per la prima volta, un libro ricostruisce il rapporto tra il PCI e Peppino Impastato, grazie alla diretta testimonianza e all’analisi del professore Elio Sanfilippo, autore de “IL GRANDE ABBAGLIO”, per la Navarra Editore 2022. Una storia che ci appartiene e di cui si parlerà il 14 ottobre alle ore 18, presso Palazzo Abatellis a Palermo. Alla conversazione parteciperanno Gianfranco Miccichè, Luigi Colajanni e Nino Caleca.
Dirigente del partito ed esponente della sinistra storica, Sanfilippo analizza i momenti cruciali della vicenda che riguarda l’assassinio di Impastato, e mette in luce le aspre polemiche e le dure contrapposizioni politiche, che culminarono appunto nel “grande abbaglio” del partito comunista che non denunciò, subito e apertamente, la matrice mafiosa dell’omicidio.
L’autore descrive il travaglio interno che il gruppo dirigente visse alla notizia della morte di Peppino, e le ragioni dell’iniziale posizione di ambiguità, dovute in parte alla coincidenza con il delitto Moro ad opera delle Brigate Rosse. Si giunge al momento della “svolta”, fino a rivelare la verità sull’omicidio e ricucire lo strappo provocato nel movimento antimafia.
“Il libro vuole, intanto, ricostruire quel periodo storico e soprattutto fare chiarezza sui rapporti tra Impastato e il PC – spiega l’autore Elio Sanfilippo -. Ci sono sempre state varie interpretazioni, vari commenti e giudizi sul comportamento e sulla linea che allora scelse il partito comunista di fronte a quel fatto. Al momento dell’omicidio, il PC non dichiarò apertamente che si fosse trattato di un delitto di mafia e su questo si avviò anche una discussione con il centro nazionale del partito, in un momento in cui l’omicidio avvenne in coincidenza con l’altro assassinio che teneva l’Italia col fiato in sospeso, quello di Aldo Moro. Nel caso di Impastato, i carabinieri intrapresero la pista per cui si trattasse di un terrorista che era saltato in aria nel momento in cui stava proprio preparando l’attentato sulla linea ferroviaria. Questa fu la prima tesi dei carabinieri che cambiarono in un secondo momento affermando che si era trattato di un omicidio”.
Una narrazione chiara e puntuale su un depistaggio clamoroso con tutte le ipotesi accompagnate dai motivi alla base del cambio di marcia.
“Impastato, che era il leader di democrazia proletaria, contestava e criticava la politica del partito comunista che in quel momento si avviava verso la politica del compromesso storico e quindi dell’accordo politico con la Democrazia cristiana. Quindi il partito comunista in una prima fase, anche su sollecitazione della direzione nazionale del partito, disse di non polemizzare e ai carabinieri di tenersi equidistanti, condizione che a volte scadeva nell’ambiguità. Vado, poi, a ricostruisce anche la seconda fase, quella in cui il pc palermitano sotto la guida di Luigi Colajanni, si sganciò da questa ipotesi fino a sposare integralmente la tesi dell’omicidio mafioso, consacrato anche dalle indagini della magistratura avviate da Rocco Chinnici, fino ad arrivare alla condanna definitiva di Badalamenti quale mandante dell’omicidio”.
Ma quanto si è parlato di lotta alla mafia, soprattutto in questa tornata elettorale? Soprattutto in una fase storica in cui la criminalità organizzata ha cambiato il suo volto e le sue strategie.
“Di lotta alla mafia non si è parlato affatto – afferma Sanfilippo – Il libro, infatti, ha l’ambizione di riaprire il dibattito e di recuperare questo ritardo, da parte delle forze politiche, che in gran parte hanno delegato la lotta alla mafia ai carabinieri e alla magistratura, e in parte di recuperare anche un impegno della società civile. Oggi la mafia non spara più, non è più la mafia stragista che scatenava grandi orrori e reazioni, proteste, ma ora c’è una mafia molto più subdola, che si sta inserendo nell’economia legale, sta invadendo la società civile. E’ molto più pericolosa. Bisogna rilanciare la lotta alla mafia e liberare la Sicilia da questo cancro. In campagna elettorale abbiamo visto solo un titoletto, eppure ci sono stati degli episodi che hanno messo in evidenza alcuni aspetti degenerativi di alcuni pezzi della politica, parlo del voto di scambio con la mafia e degli arresti in questo senso, eventi minimizzati da tutte le forze politiche, invece di farne un campanello d’allarme. I partiti devono adottare dei codici di comportamento interni per impedire che ci possa essere questa promiscuità e questa continuità con i mafiosi”.