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Il mistero delle Grotte della Gurfa

domenica 10 Febbraio 2019

Siamo diretti in una sorta di “santuario preistorico”, scavato nella roccia viva, sito nell’entroterra siciliano, meta di studiosi e in delle “Grotte” che grotte non sono e ospiterebbero la tomba del re cretese Minosse. Il luogo della nostra meta, che dista cinque chilometri da Alia, un paese di origine araba sul versante sud delle Madonie, sono le “Grotte della Gurfa”, un antico insediamento rupestre la cui datazione risalirebbe all’età del bronzo.

Grotte della Gurfa

Alcuni studiosi le hanno definite “granai”, facendo derivare il termine Gurfa dall’arabo “Ghorfa”, divenuto in siciliano “Gurfi” che significa, appunto, “magazzino”, visto che gli arabi le destinarono a quest’uso. Secondo l’architetto e storico dell’arte Carmelo Montagna, un ricercatore che ha dedicato la sua vita al loro studio, nel libro “Il Tesoro di Minos”, pubblicato dall’Officina di Studi Medievali con una lunga prefazione dell’indimenticabile professore Sandro Musco, è quella di “manufatti per via di levare“. In altre parole “l’Arte del Levare” consiste nel togliere le parti non essenziali dell’Opera per farle “nascere alla vita”, proprio come l’arte della levatrice. Le “Grotte della Gurfa” sono la più grande Thòlos, costruzione funeraria, del Mediterraneo e, sempre secondo Montagna, il costruttore di questa grandiosa architettura “mostrava la memoria dei modelli di case e tombe a Thòlos ciprioti di Choirokotia e del Megaron ligneo anatolico-frigio di Gordion”. Questa informazione solletica ulteriormente la nostra curiosità con una leggenda che proprio leggenda non è. Si narra, infatti, che in questo luogo, impregnato di arcaica sacralità, si trovi la tomba di Minosse, il re cretese venuto in Sicilia all’inseguimento di Dedalo, il geniale costruttore del labirinto di Cnosso.

Grotte della Gurfa

Ricostruiamo la vicenda: Minosse commissiona a Dedalo il labirinto in cui segregare il Minotauro. Quest’ultimo, cannibale e mostruoso, figlio di un rapporto folle fra la moglie Pasifae e Giove in forma taurina, viene ucciso da Teseo al quale Arianna, perdutamente innamorata, rivela, su confidenza di Dedalo, il segreto per uscirne vivo; ma il re, alla conclusione della grandiosa opera, decide di rinchiudervi dentro anche il costruttore, e il figlio do questi Icaro, per punirlo. Dedalo, ingegnosamente, costruite con delle penne delle ali e attaccatele ai corpi, riesce a volare verso occidente col figlio Icaro che, però, avvicinandosi troppo al sole e fattele sciogliere, precipita in mare, mentre il padre riesce ad approdare, “tre generazioni prima della guerra di Troia”, nella Sikania dell’età del Bronzo antico e, precisamente, nel promontorio di Heraclea Minoa e nelle terre del re Cocalo, sulla rocca di Camico, dove Minosse, venuto a conoscenza della fuga e organizzata una spedizione, giungerà trovandovi la morte.

Il racconto della saga di Minosse si conclude con la sua sepoltura in un ambiente funerario monumentale dedicato alla dea Afrodite, sito presso Kamikos e lungo la vallata del fiume Halykos/Platani, descrizione, questa, che corrisponderebbe alla Thòlos della Gurfa e tesi avvalorata da Erodoto e Diodoro Siculo. Un’ulteriore prova del legame delle “Grotte della Gurfa” con Minosse è da ricercare in una iscrizione che rappresenta il tridente”, simbolo di quel Poseidone, divinità del mare all’apice del pantheon minoico-miceneo, che gli inviò in dono il toro sacro.

Grotte della Gurfa

Queste “Grotte” che lasciano senza fiato e hanno un ambiente più grande tra i sei detto Thòlos, durante l’Equinozio di primavera permettono di assistere a uno strano fenomeno, una lama di luce, un raggio suggestivo che da un oculus, posto alla sommità, illumina la fossa del Nadir. Proprio questo foro sarebbe una prova aggiuntiva del legame tra questa monumentale opera dell’uomo e il mondo miceneo. Nel rito della “Catabasi”, infatti, veniva messo alla prova il coraggio del futuro re calandolo, attraverso un’apertura, dentro la tomba in cui sarebbe rimasto per un periodo imprecisato per dimostrare lo sprezzo della morte. Una sorta di discesa nell’Ade con conseguente risalita da “sovrano”.

Le Grotte della Gurfa sono state il set naturale de “I Forti di San Lorenzo“, un film corto indipendente del regista palermitano Alessandro Scarpinato. Nel cast, tutto siciliano, troviamo oltre agli attori principali Alessandro Fricano (già protagonista di Libera Me, 2015), Vincenzo Pepe, Calogero Salamone, anche Fabiola Arculeo, Ferdinando Gattuccio e Achille Gattuccio. La splendida colonna sonora, musica elettronica di Federico Chiesa, che ha un’etichetta discografica a New Yok, è valore aggiunto.

Il film, girato interamente ad Alia,  trae ispirazione e una misteriosa energia da questo luogo di magia, sospeso in un tempo senza tempo, palcoscenico ideale e reale per raccontare questa commedia nera, anzi un’anti-commedia dove lo spettatore non sa mai se ridere o vergognarsi di aver potuto pensare di farlo. Al centro, la cattiveria umana, il male  coniugato a 360° dove i personaggi, naturalmente malvagi, incarnano ciascuno una tonalità del male: cinismo, aggressività, follia. Un riferimento alla strage di Capaci, l’attesa beckettiana e molti altri elementi vengono condensati in un film di venti minuti, realizzato senza alcun tipo di aiuto o finanziamento, ma grazie alla generosa collaborazione del Comune di Alia e della sua gente, che si accinge a stupire e far riflettere il pubblico attraverso una distribuzione nei più importanti film Festival nazionali e internazionali.

Un motivo in più, quest’ultimo, per fare un viaggio affascinante nel passato della nostra meravigliosa isola dei misteri.

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