Si stima che a livello globale circa 1 donna su 3 abbia subito violenza fisica o sessuale nel corso della sua vita. Sempre a livello globale, secondo i dati UNHCR, le donne e le bambine costituiscono circa il 50% della popolazione rifugiata, sfollata internamente o apolide.
La migrazione ha un impatto profondo sulla vita delle donne, accentuando vulnerabilità legate al genere, come la violenza domestica, sfruttamento e abusi sessuali. Le donne migranti si trovano spesso in una posizione particolarmente critica, poiché la loro condizione migratoria, unita alla violenza di genere, amplifica ostacoli nell’accesso ai servizi sanitari e di supporto. Il contesto culturale, la mancanza di diritti riconosciuti, barriere linguistiche e la paura di essere deportate sono solo alcuni dei fattori che ostacolano il loro percorso di cura.
Inoltre, in Italia si verificano ulteriori casi di violenza domestica, non solo per le migranti, tra cui violenza sessuale e matrimoni forzati, e molte donne e ragazze richiedenti asilo e rifugiate sono inoltre vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Si aggiungono, inoltre, le restanti problematiche che colpiscono le popolazioni vulnerabili.
A Palermo l’Ospedale Civico-Benfratelli, nell’Unità operativa di Patologie infettive nelle popolazioni vulnerabili, diretta da Tullio Prestileo, ha costruito un percorso multidisciplinare di assistenza a queste donne ben strutturato.
Il Percorso Assistenziale Sanitario
“Il percorso assistenziale inizia spesso nei centri di accoglienza o presso le organizzazioni non governative (Ong) e le associazioni che offrono supporto – spiega Prestileo –. Una volta identificata la situazione di violenza, le donne vengono indirizzate verso strutture sanitarie per ricevere cure mediche d’emergenza, visite ginecologiche e trattamenti per eventuali traumi fisici, ma anche screening per constatare lo stato di salute, compreso per le malattie a trasmissione sessuale. Altrettanto importante è il supporto psicologico, necessario per affrontare i traumi derivanti dagli abusi o altre problematiche“.
Inoltre, vengono impiegati mediatori culturali e sanitari per facilitare la comunicazione tra pazienti e personale sanitario, riducendo le barriere linguistiche e culturali che spesso impediscono un’assistenza adeguata. Questi mediatori sono cruciali per creare un ambiente sicuro e accogliente, dove le donne possano sentirsi ascoltate e supportate.
“Fondamentale, in questo contesto, sono le organizzazioni che promuovono la salute della donna e delle popolazioni vulnerabili, fornendo vari tipi di supporto, facendo rete con le Aziende sanitarie”, sottolinea.
Migrazione, genere e assistenza sanitaria
L’esperienza delle donne migranti che subiscono violenza di genere mette in luce una triplice discriminazione: di genere, di status sociale e di origine etnica. La correlazione tra migrazione e violenza di genere è evidente, e richiede un intervento mirato, che tenga conto delle condizioni uniche di queste donne.
Il percorso assistenziale creato, quindi, mira a superare questi ostacoli, promuovendo una visione olistica del supporto sanitario. L’assistenza sanitaria non può limitarsi al trattamento delle conseguenze fisiche della violenza, ma deve includere anche il supporto psicologico e sociale, che sono fondamentali per permettere a queste donne di riprendere in mano la propria vita.