Le elezioni di Città Metropolitane e Liberi Consorzi. Una cosa mai vista in Sicilia, almeno fino a questo momento. E come tutto quello che è nuovo, gli aspetti da conoscere e capire sono tanti. Il 27 aprile si andranno a nominare gli organi di raccordo fra i comuni e la Regione. Quelle di primavera saranno elezioni di secondo livello. Ovvero, a decidere non saranno i cittadini, bensì i sindaci e i consiglieri comunali scelti dagli stessi. Ciò fatti salvi imprevisti. Sull’appuntamento di primavera infatti pende un ricorso con il quale si punta sostanzialmente a rinviare le elezioni. Ipotizzare un nuovo rinvio appare quantomeno improbabile. Ma fonti del centrodestra prospettanl che dietro questo tentativo ci possa essere la mano di qualche big della coalizione, magari impaurito da un sistema di cui si conosce poco e che sembrerebbe premiare i partiti più radicati sul territorio.
I grandi elettori siciliani
Una sorta di “grandi elettori” in salsa siciliana che decideranno la composizione dei futuri organi amministrativi delle ex Province. Un quadro difficile da analizzare. Gli spin doctor delle varie coalizioni sono già al lavoro cercando di carpire i segreti di una legge elettorale mai applicata in Sicilia. I punti di domanda sono tanti. Le certezze, davvero poche. Una di queste è che “uno non varrà uno”. Fatto che apre a scenari particolari soprattutto nei Liberi Consorzi. Fatto di cui è convinto il presidente della Commissione Affari Istituzionali dell’Ars, il deputato Ignazio Abbate: “C’è un punto di vista ribaltato. Ciò in virtù di un sistema che, nei Liberi Consorzi, premia le fasce di popolazione con i comuni più piccoli a dispetto di quelli più grandi“.
Il voto ponderato e il sistema delle fasce
Il sistema prevederà infatti il ricorso al cosiddetto “voto ponderato“, ovvero la valenza di ogni singola preferenza sarà determinata in base alla fascia di popolazione rappresentata. Ma come funzionerà il meccanismo? Senza entrare troppo nello specifico, il territorio provinciale verrà considerato come unico grande seggio elettorale. I Comuni che ne fanno parte verranno ripartite in fasce di popolazione omogenee. Ognuna di esse non potrà rappresentare più del 35% della popolazione.
Ad esempio, la Città Metropolitana di Palermo sarà suddivisa in sei fasce di voto. Il capoluogo farà parte di quella più alta, ovvero quella fino ad un milione di abitanti. Ma dovrà cedere parte della sua copertura alle fasce minori. La sua popolazione eccede infatti la sopracitata percentuale massima del 35%. Ma l’effetto per le tre Città Metropolitane sarà minoritario.
Partendo da un caso concreto, il Comune di Palermo potrà esprimere 41 preferenze (i 40 consiglieri + il sindaco). Per calcolare il peso di ogni preferenza, bisognerà dividere la percentuale di popolazione rappresentata per il numero di votati e moltiplicare il risultato per 1000. (35/41 x 1000= 853..). In pratica, ogni preferenza espressa dai consiglieri comunali e dal sindaco di Palermo varrà 853 voti. Un’enormità. Basti pensare che un voto della fascia inferiore (quella dai 30.000 ai 100.000 abitanti), vale circa 120 voti. In pratica, per pareggiare un voto dei consiglieri comunali di Palermo ne servirebbero 8 della fascia più piccola.
Il discorso cambia per i Liberi Consorzi
Il discorso cambia diametralmente invece per i Liberi Consorzi. Qui infatti l’impatto dei consiglieri e del sindaco del capoluogo è inferiore. Ciò a causa di differenze di popolazione decisamente più limitata. Anzi, il capoluogo di provincia può trovarsi a condividere la fascia di appartenenza con città di pari peso. Caso scolastico è la provincia di Ragusa, dove il capoluogo ibleo si ritroverà associata a città quali Modica e Vittoria. Ed essendoci il limite sopracitato del 35%, il peso specifico della popolazione rappresentata verrà limitato e trasferito ad altre fasce più piccole. Insomma, la percentuale è la stessa di Palermo ma il numero di votanti su cui va suddivisa è superiore. E il resto di percentuale eccedente è superiore, in proporzione, a quella del capoluogo siciliano.
“Ci sono delle distorsioni forti che, man mano si procede ad approfondire questa legge elettorale, stanno venendo fuori – commenta il presidente della I Commissione all’Ars Ignazio Abbate -. Questo ribalta il punto di vista, con un sistema che premia, soprattutto nelle province più piccole, l’omogeneità della rappresentanza e la presenza in quelle fasce con il maggiore voto ponderato“.
I limite sulle candidature e l’incognita del metodo D’Hondt
Ci sono però dei limiti alle candidature. Intanto, nelle tre Città Metropolitane non si eleggerà il presidente. Ruolo che verrà ricoperto da Roberto Lagalla (Palermo), Enrico Trantino (Catania) e Federico Basile (Messina). Nei Liberi Consorzi invece potranno candidarsi a presidente i sindaci che non hanno ancora valicato i tre anni e mezzo dal proprio insediamento. Coloro i quali verranno eletti, non perderanno la propria carica da consiglieri comunali o da sindaci. Anche se non potranno cumulare le indennità. Ciò in modo da evitare sprechi di denaro pubblico, così come previsto dalla spending review imposta dalla legge Delrio.
Infine, va considerato il meccanismo di assegnazione dei seggi. Per le elezioni di secondo livello verrà utilizzato il sistema proporzionale con metodo D’Hondt. Ovvero i seggi verranno ripartiti in base ad un sistema che considererà la percentuale ottenuta da ogni singola lista, il numero di liste presentate da quella coalizione e i relativi resti. “Questo rappresenta un’ulteriore incognita – dichiara Ignazio Abbate -. Più liste ci saranno, più conterà il peso specifico delle liste più forti e rappresentate nei vari comuni“.