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Il saggio buffo della tradizione siciliana: “Giufà, chiddu chi vidi fa”

mercoledì 6 Febbraio 2019

Cu è Giufà? “Giufà è lu prutagonista di cunta pupulari siciliani di urìggini àrabba. Tanticchia babbu, ni cummina di tutti li culura, ma quasi sempri ci finisci bona, senza chi si nni renni cuntu. Di caràttiri sèmplici, ingenû, vivi ogni jornu comu c’ammatti, pigghiannu la jurnata comu veni“.

Giufà

Giufà è un bambino dolce e candido, tra Pinocchio e Pierino, privo di malizia, considerato da alcuni un eroe e da altri un antieroe della tradizione popolare siciliana.

Nella letteratura scritta compare, in modo compiuto, nell’opera del più grande filologo siciliano, Giuseppe Pitrè, celebre studioso di folklore, che ne raccolse e riprese le storie più popolari diffuse in varie parti della Sicilia, prendendo spunto, soprattutto, da fatti realmente ricorrenti nelle campagne del Palermitano, quando ladri e imbroglioni ricorrevano a promesse allettanti fatte a ragazzi, che mai avrebbero mantenuto, per ottenerne in cambio primizie sottratte alla campagna o prelibatezze alle dispense dei genitori.

La sua prima comparsa nella tradizione scritta risale almeno al 1845, quando il personaggio è attestato in un adattamento in lingua italiana di una storia di Venerando Gangi (1748-1816), favolista di Acireale. Nelle storie descritte dal Pitrè, Giufà cade preda di molti personaggi truffaldini, cacciandosi spesso nei guai, ma riuscendo sempre, con insospettata saggezza, a venirne fuori proprio all’ultimo momento. Vi chiederete perché ci sia qualcuno che lo consideri un eroe e la risposta è che incarna una figura trasgressiva, allergica alle convenzioni sociali, indomita, che si fa beffe dell’Autorità, burlandosi di tutto e tutti.

Tradizione giudaico – spagnola
Nella tradizione giudaico-spagnola ha una spiccata dualità e, infatti, è allo stesso tempo intelligente e sciocco, furbo e sprovveduto, onesto e sleale, con una saggezza che si appalesa in ogni situazione possibile, sia essa realistica, fantastica o assurda, ma non viene immediatamente compresa. La cosa straordinaria è che non sa comprare nemmeno un pomodoro, ma di contro sa vendere una pecora brutta e magra a un prezzo favoloso; è figlio di un ricco, ma non ha neppure una camicia; non ha da mangiare, ma nutre gli affamati. Insomma, è saggio “dentro”.

Giufà

Origini storiche
In realtà Giufà sarebbe il protagonista di una serie di storie popolari fiorite nel bacino del Mediterraneo. Le più antiche testimonianze risalgono a racconti arabi anonimi del IX secolo come dimostra lo stesso nome del ragazzino che, nel dialetto palermitano, divenne l’abbreviativo di Giovanni; ma è nelle famiglie ebraiche di Turchia, Grecia, Bulgaria, regioni balcaniche dell’ex-Jugoslavia, Israele, Marocco, che le sue gesta si sono tramandate oralmente da generazione in generazione. Ancora oggi nei paesi del Maghreb sopravvivono cicli narrativi che hanno come protagonista Djehà (pron. giuhà) che con il siciliano Giufà, di sicuro, condivide una medesima radice popolare.

Secondo alcuni, Giufà/DJehà, deriverebbe da un personaggio storico realmente esistito agli inizi dell’XI secolo d.C. nella penisola anatolica, l’attuale Turchia, Nasreddin Khoja, il Maestro (noto anche come Mullah Nassreddin), personalità piuttosto eccentrica che, nell’area culturale araba, si sarebbe diffuso con il nome di Djeha o Jusuf, innestandosi poi nella tradizione siciliana proprio come Giufà. Il personaggio e i suoi aneddoti sono stati molto studiati all’inizio del secolo scorso da ricercatori turchi e arabi, tra questi spicca il nome di ‘Abbàs Mahmùd al-‘Aqqad (1898-1996) che si interrogò sulla funzione del riso e della letteratura comica. Per al-‘Aqqàd, tra gli elementi significativi spiccavano gli aspetti buffi dell’essere umano; le sue contraddizioni che provocano ilarità e riflessione, temi presenti anche nel Corano, nella Torah e nei Vangeli. Giufà, insomma, assumerebbe peculiarità nazionali adattandosi alla tradizione storica legata alla cultura di un luogo piuttosto che di un altro.

Al-‘Aqqàd sottolineò l’originalità araba quando riprese una sua storia narrata da Al-Maydani, l’autore più noto di raccolte di aneddoti arabi, eppure la stessa caratteristica, attualizzata, la ritroviamo nella raccolta “Il mare color del vino” di Leonardo Sciascia . Nella prima versione, si narra che Giufà, uscito all’alba, imbattutosi in un uomo, detto il “canta mattino”, lo colpì e lo gettò in un pozzo, mentre il padre sostituì il cadavere con un montone. Quando i parenti del morto lo andarono a cercare, Giufà indicò il pozzo, ma poi scese, scoprì che aveva il pelo e quattro zampe e fu lasciato andare. In quella siciliana, Sciascia narra che Giufà, scambiato il fastidioso “canta mattino” con il vescovo, lo uccise e lo buttò nel pozzo; il padre del ragazzo, ucciso un montone, lo mise al posto del cadavere e quando arrivarono gli sbirri a cercarlo, Giufà senza stupirsi, tirata fuori la bestia dal pozzo, venne assolto.

Le storie di Giufà è come se invitassero a superare il pensiero rigido fondato su pregiudizi e coltivare il pensiero laterale, coniato dallo psicologo Edward de Bono, che è il fautore della risoluzione di problemi guardandoli da differenti angolazioni. Fisicamente, al­cu­ni lo di­pin­go­no bas­so e toz­zo, al­tri ma­gro e min­gher­li­no; alcuni con la bar­ba fol­ta, al­tri con il viso di un bam­bi­no trop­po cre­sciu­to e la pel­le oli­va­stra. Una cosa, però, è cer­ta, ve­ste sen­za trop­pa ele­gan­za, ha gli oc­chi vi­spi ed è il be­nia­mi­no di chi, per troppa bontà e ingenuità, ri­schia spes­so di cadere nelle trappole dei più furbi. Se, dun­que, un tempo mol­te mam­me e non­ne raccomandavano ai pic­co­li del­la fa­mi­glia di non imitarlo per non correre inutili rischi, dal­l’al­tro, invece, avendo una per­so­na­li­tà po­si­ti­va, incapace di fare del male dovrebbe, a piccole dosi, essere emulato.

Giufà band

C’è una band siciliana, nata nel 2008, che si chiama Giufà, e canta la spensieratezza, la vita di strada e le tematiche di carattere sociale,  che ha scelto questo nome ricordando proprio il personaggio della nostra tradizione che si ritrova, però, in diverse culture. Un personaggio identitario e, allo stesso tempo, meticcio, coacervo di folklore, storia e colori.

Viva il Giufà di ieri e Viva i “Giufà” di oggi che hanno riportato alla ribalta e avvicinato, grazie al nome scelto e alla musica balcanica, a cui fanno riferimento guardando a Bregović e alle fanfare serbe e rumene, alla musica occidentale, in particolare al cantautorato, al rock e alla world music europea di matrice occidentale e al ritmo gitano, i giovani a una figura che, magari, non conoscevano.

Un mito, quello di Giufà, che bisognerebbe rispolverare e raccontare ai nostri bimbi, per fargli vivere un mondo scomparso che è bello far emergere per gridare ad alta voce, come direbbero i Radiodervish: “Stay Human“.

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