Sin della sua istituzione, la Festa della Repubblica rappresenta un momento di unione per tutta l’Italia, che riunisce l’intera penisola da nord a sud. Le celebrazioni, che si svolgono ogni anno a Roma, comprendono la deposizione di una corona d’alloro in omaggio al Milite Ignoto all’Altare della Patria da parte del Presidente della Repubblica.
Il Milite Ignoto altri non è che un soldato italiano caduto al fronte durante la Prima Guerra Mondiale, la cui identità rimane ignota poiché la salma fu scelta tra quelle di caduti privi di elementi che potessero permetterne il riconoscimento, e sepolto a Roma sotto la statua della dea Roma all’Altare della Patria al Vittoriano.
LA STORIA
Il 17 luglio 1920 il colonnello Giulio Douhet propose la sepoltura al Pantheon di un soldato non riconosciuto caduto durante la Prima Guerra Mondiale. La proposta fu rilanciata il mese successivo su una rivista legata all’associazione “UNUS” (Unione Nazionale Ufficiali e Soldati), ‘Il Dovere’, in cui il colonnello colse l’occasione per attaccare nuovamente e duramente Cadorna e la disfatta di Caporetto: “Tutto sopportò e vinse il nostro soldato. Tutto. Dall’ingiuria gratuita dei politicanti e dei giornalastri che sin dal principio cominciarono a meravigliarsi del suo valore, quasi che gli italiani fossero dei pusillanimi, alla calunnia feroce diramata per il mondo a scarico di una terribile responsabilità. Tutto sopportò e tutto vinse, da solo, nonostante. Perciò al soldato bisogna conferire il sommo onore, quello cui nessuno dei suoi condottieri può aspirare neppure nei suoi più folli sogni di ambizione. Nel Pantheon deve trovare la sua degna tomba alla stessa altezza dei Re e del Genio“.
Il progetto di legge per la ‘Sepoltura della salma di un soldato ignoto’ fu presentato alla Camera dei deputati il 20 giugno 1921 e in brevissimo tempo, con regio decreto del 28 ottobre, il 4 novembre 1921 fu dichiarato giorno festivo. Fu compito del Ministero della guerra individuare una commissione speciale, che fu presieduta dal presieduta dal tenente generale Giuseppe Paolini, che riuscisse ad individuare le salme di 11 caduti al fronte, privi di qualsiasi segno di riconoscimento. La ricerca includeva luoghi del fronte italiano in cui avevano combattuto le diverse armi. I corpi vennero rinvenuti nei cimiteri militari o nei campi di battaglia, scavando in corrispondenza di croci o simboli che indicassero una probabile sepoltura. Una volta collocate le salme in delle bare di legno, tutte uguali tra loro, le casse furono accompagnate nella Basilica di Aquileia, dove furono vegliate tutta la notte e scambiate di posto.
L’arduo compito della scelta della bara spettò ad una delle madri che aveva tragicamente perso il figlio in battaglia. La decisione ricadde su Maria Maddalena Bergamas, di Gradisca d’Isonzo. Il figlio, Antonio Bergamas, era un volontario irredentista che disertò l’esercito austroungarico per unirsi a quello italiano, ed era morto nel 1918. Il giovane fu sepolto con altri commilitoni nel cimitero di guerra delle Marcesine ma un violento bombardamento distrusse tutto, rendendo le salme sepolte irriconoscibili. Da quel momento Bergamas risultò ufficialmente disperso.
Il 28 ottobre alla stazione di Aquileia la bara fu posta su un carro ferroviario: su un lato erano scritte le date MCMXV – MCMXVIII, sul lato opposto era riportata la citazione dantesca ‘l’ombra sva torna ch’era dipartita’. Per la trazione furono utilizzate due locomotive FS 740 ed i macchinisti furono scelti tra i decorati di guerra. Il treno partì la mattina successiva accompagnato da 15 carri per raccogliere le corone di fiori durante il tragitto, mentre altre carrozze di prima e di seconda classe erano destinate alla scorta d’onore. In cinque giorni, dal 29 ottobre al 2 novembre, il convoglio attraversò cinque regioni e nelle 120 stazioni in cui si fermò si radunarono centinaia di persone per rendere omaggio all’eroe senza nome. Il viaggio assunse un significato fortemente simbolico e patriottico che unì in un abbraccio simbolico e struggente l’Italia. Arrivato in una delle stazioni il treno si fermava nel più rigoroso silenzio durante il suo passaggio. Vietati erano anche i discorsi pubblici.
La bara del Milite Ignoto fu accolta alla stazione di Roma Termini dal re e dalla famiglia reale, da bandiere, stendardi e labari dell’Esercito, della Marina e della Guardia di Finanza, con generali, comandanti d’armata, capi di stato maggiore dell’Esercito e della Marina. Oltre alle diverse cariche dello Stato, furono invitati anche rappresentanze di mutilati, di madri e vedove di caduti e di ex combattenti.
La bara fu trasportata alla basilica di Santa Maria degli Angeli affiancata da decorati della medaglia d’oro e seguita a piedi dal re Vittorio Emanuele III e dalle cariche dello Stato. In piazza Esedra il feretro fu benedetto dal vescovo Angelo Bartolomasi e poi portato all’interno della basilica a spalla e posta su un catafalco per la cerimonia.
La bara rimase nella chiesa fino al 4 novembre quando, terzo anniversario della fine della guerra, fu caricata su un affusto di cannone per un lungo corteo delle varie armi di Esercito, Marina, Guardia di Finanza e Guardia di Pubblica Sicurezza che precedeva il carro, seguito a sua volta da dieci madri e da dieci vedove di caduti, da rappresentanti di cariche dello Stato e dell’Esercito e da rappresentanza di mutilati e di ex combattenti. La bara fu portata a spalla alla tomba e sepolta accompagnata dal saluto militare.
La tomba fu realizzata ai piedi della dea Roma. La struttura è in marmo Botticino e presenta sul fronte al centro l’iscrizione ignoto militi e nella parte inferiore le date MCMXV e MCMCVIII. Sopra è posta una corona d’alloro in bronzo con l’iscrizione “ai prodi caduti / nella grande guerra liberatrice / le donne d’italia / MCMXXI “. La tomba del Milite Ignoto è sempre sorvegliata da due militari, posizionati alle estremità della tomba, appartenenti alle diverse armi delle forze armate italiane che si alternano nel servizio.
Il Presidente della Repubblica rende omaggio al Milite Ignoto in tre diverse occasioni durante l’anno, oltre che, pre prassi, durante le visite ufficiali dei Capi di Stato esteri: il 25 aprile, per l’anniversario della Liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista e dal regime fascista, il 2 giugno, per la Festa della Repubblica Italiana e il 4 novembre, Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate.