La Sicilia non offrirà un vasto bacino di opportunità per i giovani, ma non è neanche “un paese per vecchi”.
Una triste realtà quotidianamente sotto gli occhi di tutti e certificata dai dati dell’indagine sulla Qualità della vita pubblicato appena qualche mese fa.
Le città siciliane occupano i bassifondi della classifica, comprese tra Messina alla posizione 106 su 107 ed Enna al sessantaquattresimo piazzamento, la “migliore” tra i centri dell’Isola. Tra i criteri presi in esame la speranza di vita, consumo di farmaci per malattie croniche, consumo di farmaci per depressione, numero di geriatri, numero di infermieri, orti urbani, biblioteche, persone sole, esposti per inquinamento acustico e posti letto nelle Rsa. Proprio questi ultimi vivono i loro momenti più critici in estate.
Mentre le famiglie preparano le valigie in vista delle vacanze estive, proprio in questi mesi dell’anno le strutture sono del tutto “sold-out” e faticano ad accogliere tutti gli anziani che ne richiedono assistenza. Il tema è ancora più articolato se si considerano più fattori. Dai dati Istat, per esempio, è possibile notare come la popolazione stia invecchiando molto velocemente. Gli over 65 sono aumentati dal 15,3% al 23,4% in soli trent’anni, basti pensare a grande citta come Palermo e Catania dove la percentuale è crescita rispettivamente del 9,1% e dell’8,6%. Insomma, è evidente come il tentativo di stare dietro le previsioni sia fallito, considerando anche la proporzione inversa tra posti letto e rette, in continua levitazione. Ma non si tratta di un’emergenza siciliana, bensì dal sapore interamente italiano. Il Bel Paese, infatti, figura fanalino di coda in Europa per posti letto in Rsa.
Oltre i tutti questi elementi, però, la segretaria generale Spi Cgil Sicilia Concetta Balistreri ha messo in luce un’altra questione: la mancata interlocuzione con la macchina regionale. “E’ un tema spinoso e complesso, su cui non abbiamo mai potuto aprire un confronto con la Regione Siciliana. La pandemia aprì uno spiraglio, ma fu dettato solo dalla condizione di emergenza”.
Balistreri ha poi evidenziato la carenza di strutture pubbliche: “Realmente ne esistono pochissime, nella maggioranza dei casi si tratta di strutture private convenzionate, che ricevono finanziamenti pubblici e che sono assolutamente insufficienti per garantire una risposta se non esaustiva almeno accettabile rispetto alle richieste. Riuscire ad avere dei dati certi – aggiunge – è un problema. Gli unici a cui la Regione ci indirizza sono quelli presenti sulla piattaforma regionale, ma che riportano tutte le strutture che a vario titolo sono convenzionate con la Regione e dunque non è specificato nel dettaglio il tipo di assistenza che offrono“.
Se dunque fornire un dato preciso non è possibile, vista anche i numeri fin troppo datati esistenti, di quasi una decina di anni fa, una stima dei posti letto mancanti è plausibile. Sarebbero infatti duemila, ma in realtà potrebbe essere sensibilmente maggiore. “Spesso – conclude Balistreri – si confondono le comunità alloggio per anziani con le case di riposo e le residenze sanitarie assistite, le quali devono avere caratteristiche particolari poiché si tratta di ricoveri di lunga degenza, pazienti che hanno bisogno di cure continue e che non possono essere realizzate nel proprio domicilio. Tali strutture sono pochissime ed è un problema riuscire ad avere dati certi“.