L’ex pubblico ministero di Palermo Antonio Ingroia è indagato per peculato. L’ex magistrato, ora amministratore della società regionale Sicilia e servizi, è stato interrogato questa mattina.
L’indagine, coordinata dall’aggiunto Dino Petralia (nella foto) e dai pm Piero Padova ed Enrico Bologna, prende in esame il periodo compreso tra il 2014 e il 2016. Secondo gli inquirenti Ingroia avrebbe intascato rimborsi per trasferte per 30 mila euro comprensivi dei trasporti e delle spese di vitto e alloggio, nonostante fossero rimborsabili solo i soldi spesi per il viaggio. L’ex magistrato, assistito dall’avvocato Mario Serio, si è difeso sostenendo che la norma che disciplina i rimborsi comprende non solo il trasporto, ma anche le altre spese di viaggio. Più complessa è la contestazione relativa alla liquidazione dell’indennità di risultato. Secondo l’accusa a fronte di un utile di 33 mila euro, l’amministratore di Sicilia e servizi si sarebbe liquidato un’indennità di 117 mila euro: somma che avrebbe comportato per la società un deficit di bilancio. L’indennità di risultato, dal 2008, ha una nuova disciplina che prevede la liquidazione delle somme solo in presenza di utili e comunque in misura non superiore al doppio del cosiddetto compenso omnicomprensivo. La previsione legislativa renderebbe indebito, a fronte di un utile di 33 mila euro un compenso di 117 mila.
“In merito all’indagine della procura di Palermo sui miei compensi come amministratore di Sicilia e Servizi, preciso che si tratta di una vicenda vecchia, che avevo già ampiamente chiarito a suo tempo in sede giornalistica, dal momento che a sollevare il caso fu un articolo del settimanale L’Espresso del febbraio 2015 in cui erano riportate cifre inesatte e notizie incomplete. Questa indagine mi consente comunque di sgomberare una volta per tutte, anche in sede giudiziaria, il campo da ogni equivoco, sospetto e maldicenza su una storia totalmente infondata. Oggi – aggiunge – sono stato convocato in procura a Palermo per dare spiegazioni e ho fatto presente ai magistrati il mio stupore perché la contestazione nei miei confronti si basa su una legge del 2006 abrogata nel 2008 dalla legge n. 133 (art. 61, comma 12). Per quanto riguarda in particolare il cosiddetto premio di indennità da risultato, si tratta di un riconoscimento previsto dalla legge in caso di raggiungimento di determinati obiettivi e serve a integrare una indennità certamente non commisurata alle grandi responsabilità in capo all’amministratore di una società come Sicilia e-Servizi, che gestisce svariate decine di milioni di euro ogni anno”.
Poi si concentra sul diritto all’indennità che “non me la sono certamente attribuita io ma mi è stata riconosciuta dall’assemblea dei soci e segnatamente dalla Regione Sicilia”, spiega Ingroia. “Per quanto riguarda invece il capitolo relativo alle spese di viaggio da me sostenute, ricordo solo che all’atto della mia nomina come amministratore unico di Sicilia e-Servizi ero già residente a Roma da tempo e che la legge prevede, in caso di nomina di professionisti residenti fuori sede, il rimborso delle spese di viaggio, ossia trasporto, vitto e alloggio, così confermato da più pronunce della Corte dei Conti. Spese tra l’altro contenute, come ho avuto modo di dimostrare alla procura, sulla base di un regolamento dei rimborsi spese che io per la prima volta ho introdotto a Sicilia e-Servizi. Detto questo, rivendico con orgoglio i risultati raggiunti alla guida di Sicilia e-Servizi, avendo salvato nel 2013 la società dal baratro del fallimento – prosegue – e avendo così salvato sia i servizi informatici per i siciliani che i posti di lavoro dei dipendenti. Rivendico con orgoglio anche di aver fatto risparmiare alla società svariate decine di milioni di euro, basta dire che solo nel primo anno in cui sono stato amministratore la società ha risparmiato circa 19 milioni di euro e che un’altra decina di milioni l’anno ha risparmiato negli esercizi successivi. Sicilia e-Servizi spendeva tra i 30 e i 50 milioni di euro l’anno prima del mio arrivo, mentre oggi il budget è di 5,5 milioni di euro”.
“In ogni caso – prosegue l’ex pm – ho fornito tutti i chiarimenti alla procura sulle leggi abrogate e sul fatto che ho sempre agito nel rispetto delle leggi, dello statuto di Sicilia e-Servizi e delle deliberazioni dell’assemblea dei soci. Restano lo stupore e l’amarezza per questa contestazione fondata su leggi non più in vigore già al tempo dei fatti e, in più, nel constatare che qualcuno ha dato in pasto alla stampa la notizia di questa indagine”. “Ma siccome sono certo del riserbo mantenuto dai magistrati – conclude Ingroia – sono certo che la procura di Palermo saprà agire con la stessa energia e saggezza dimostrata dalla procura di Roma dopo la fughe di notizie sull’inchiesta Consip, perché è stupefacente che la notizia sia stata data dalle agenzie di stampa solo pochi minuti dopo che io ho lasciato gli uffici della procura”.
Intanto Fabrizio Cicchitto (Ncd) dà il suo appoggio morale ad Ingroia in una nota. “Esprimiamo la nostra solidarietà al dottor Ingroia, vittima di un attacco giudiziario che appare per molti aspetti forzato. La sua condizione di indagato si presterebbe a molte speculazioni e anche qualche battuta irridente. Noi invece lo consideriamo innocente fino al terzo grado di giudizio e comunque riteniamo forzate e pretestuose le accuse che gli vengono rivolte”.
Tre gli anni finiti sotto la lente di ingrandimento degli investigatori: 2014, 2015 e 2016. In questo periodo Ingroia avrebbe percepito indebitamente 30mila euro di rimborsi di viaggio e si sarebbe liquidato un’indennità di risultato sproporzionata rispetto agli utili realizzati dalla società: 117 mila euro a fronte di 33mila. L’inchiesta, iniziata mesi fa, nasce da una relazione della Procura della Corte dei Conti finita sulla scrivania dell’aggiunto Dino Petralia. I pm, le scorse settimane, hanno inviato all’ex collega un invito a comparire per l’interrogatorio. Sull’indagine la Procura mantiene uno stretto riserbo, ma, secondo indiscrezioni, ad Ingroia si conterebbe avere intascato rimborsi indebiti per 30mila euro. La norma consentirebbe di riavere solo il denaro speso per i trasporti, mentre l’ex pm avrebbe percepito anche quanto pagato per vitto e alloggio. Il magistrato che indagò sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia vive ormai a Roma, dove svolge la professione di avvocato. L’altro aspetto che gli investigatori stanno cercando di chiarire è relativo all’indennità di risultato. L’ex magistrato si è liquidato 117mila euro a fronte di un utile di 33mila. Sproporzionato, secondo l’accusa. Ma Ingroia in un’ora di interrogatorio si è difeso: la circolare che disciplina i rimborsi, a suo dire, consente di riavere non solo le spese di trasporto, ma anche quelle di vitto e alloggio. Quanto all’indennità di risultato, la cui disciplina è stata cambiata nel 2008, – precisa l’ex magistrato – “si tratta di un riconoscimento previsto dalla legge in caso di raggiungimento di determinati obiettivi e serve a integrare una indennità certamente non commisurata alle grandi responsabilità in capo all’amministratore di una società come Sicilia e Servizi, che gestisce svariate decine di milioni di euro ogni anno”. Ingroia finì sotto inchiesta anni fa, sempre in qualità di amministratore di Sicilia e Servizi, per una serie di assunzioni. L’indagine è stata archiviata.