I Carabinieri del Nas di Palermo, a conclusione di un’articolata attività investigativa avviata d’iniziativa e coordinata della Procura della Repubblica di Termini Imerese, ha notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari a 34 persone, tra medici, infermieri e personale amministrativo in servizio all’ospedale San Raffaele Giglio di Cefalù e presso l’Assessorato regionale della Salute, in quanto ritenute responsabili – a vario titolo, autonomamente e in concorso tra loro – di peculato, falso, abuso d’ufficio, truffa ai danni del Servizio Sanitario Regionale (SSR) e illecita gestione di specialità medicinali ad azione stupefacente, per un totale di 87 capi d’imputazione.
Le contestazioni derivano in larga parte dall’aver agevolato interventi privati di pazienti all’Unità operativa di Chirurgia Generale della Fondazione ospedaliera a danno dei pazienti regolarmente in lista d’attesa per il ricovero e non assistiti direttamente da personale medico della medesima struttura sanitaria, in violazione sia delle normative nazionali e regionali relative alla prenotazione delle prestazioni sanitarie e accesso alle liste per poi essere sottoposti ad intervento chirurgico, sia riguardo alla compartecipazione al costo delle prestazioni sanitarie.
Secondo l’accusa sarebbe stato leso, con il compimento deliberato di favoritismi e discriminazioni, il principio fondamentale dell’imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione.
Le indagini sono state avviate quando, a seguito di un controllo delle sostanze ad effetto stupefacente in dotazione al blocco operatorio della Fondazione San Raffaele Giglio, furono scoperte sia delle irregolarità sulla loro gestione, sia sull’esecuzione di un intervento chirurgico eseguito in maniera illegittima dal primario della citata Unita operativa e da altri medici che non documentarono come previsto un intervento chirurgico eseguito su una paziente minorenne. Le indagini hanno fatto emergere che questo intervento fantasma sulla bambina era solo uno dei tanti, compiuti con le medesime modalità illecite, per favorire la propria attività libero professionale e trarne il conseguente ingiusto profitto economico.
Nello specifico, sarebbero stati eseguiti interventi chirurgici privati utilizzando illecitamente le sale operatorie ed i farmaci in dotazione all’ospedale, avendo cura di non lasciare traccia alcuna sui relativi registri. Inoltre, il medico utilizzava, in favore dei pazienti privati sottoposti ad intervento chirurgico nella struttura pubblica, alcune equipe mediche ed infermieristiche che invece, in qualche caso, erano riservate per le urgenze.
Sulla vicenda il presidente della Fondazione Giglio, Giovanni Albano, alla guida del Cda dal 2015, ha affermato: “Sono fatti e vicende del 2012 del tutto estranei alla nuova gestione della Fondazione Giglio di Cefalù“. “Ci siamo dati dall’insediamento criteri e regole di trasparenza anche sulla gestione delle liste di attesa. E’ stato un vero e proprio cambio di verso che ha portato al risanamento anche economico della Fondazione Giglio. Mi spiace, che il ritorno in cronaca, in un momento delicato che vive la Fondazione, di questa vicenda che – ha precisato – non ci appartiene, possa danneggiare l’immagine di un ospedale e dei suoi operatori a cui i pazienti si rivolgono con grande fiducia. Fra l’altro – ha aggiunto Albano – questa vecchia inchiesta fa riferimento alla chirurgia generale il cui responsabile non è più dipendente della Fondazione Giglio. Ribadiamo la massima collaborazione – ha concluso Albano – con l’autorità inquirente affinché si arrivi rapidamente ad una verità processuale che possa far emergere il nuovo corso dato, in questi anni, alla nuova Fondazione Giglio di Cefalù“.