Le perplessità non mancano. Gli entusiasmi neanche. La proposta che Nello Musumeci ha anticipato nel corso della conferenza stampa dei 100 giorni di governo iniziali che prevede un’unica forma per dar vita all’esperienza comune di Irfis, Ircac e Crias, contiene indubbiamente elementi di importante suggestione e potenziale fascino. Rimane adesso da verificare la traducibilità in forme concrete di questa idea, fortemente voluta dal vicepresidente della Regione Gaetano Armao.
Il quadro delle partecipate siciliane è frammentato e incerto.
Oggi la grande scommessa sembra quella di mettere insieme Irfis, Ircac e Crias. Un’operazione non semplice da realizzare che, dando spazio a un unico soggetto tra i due enti pubblici (Crias e Ircac) e la società (l’Irfis), pone le basi, questo è almeno l’auspicio, a una forte inversione di tendenza nella gestione dei singoli aspetti di ogni mission.
Innanzitutto, si dovrebbero porre in liquidazione i due enti, dopo aver provveduto alla loro soppressione e conferire tutte le attività a Irfis. Un modello, nel caso in cui si perseguisse questa strada, di incorporazione. In realtà l’operazione sarebbe molto più complessa. Sarebbe necessaria la liquidazione dei due enti al fine innanzitutto di evidenziare, per ciascuno crediti e debiti.
Il vantaggio dell’accorpamento sarebbe legato all’effetto di un maggiore coordinamento delle politiche del credito e del sostegno alle imprese in Sicilia e di un minore sfilacciamento.
L’attività di tipo parabancario, svolta dalla Regione, è al momento spezzettata in tre tronconi. L’artigianato è a cura della Crias, la cooperazione è nelle mani dell’Ircac, industria e piccola e media impresa risulta affidata a Irfis.
Crias gestisce in totale, attraverso i fondi di rotazione, risorse anticipate e messe in circolo e poi restituite all’ente, per quasi mezzo miliardo di euro. In termini quindi di patrimonializzazione Irfis finirebbe certamente col beneficiarne in maniera considerevole. Diventerebbe un player ancora più grosso rispetto ad oggi.
L’accorpamento, sostengono invece i detrattori, contrari all’operazione, sarebbe un favore alle lobby finanziarie e non agli artigiani.
Quale sarà la reazione della politica siciliana e in particolare della traballante maggioranza chiamata a supportare l’esecutivo regionale, dipenderà dalla volontà comune e dal profilo, necessariamente alto, che dovrà essere dato all’operazione.