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Dati Istat e Cgia Mestre

Istat, cala la ricchezza delle famiglie siciliane: l’inflazione “divora” i loro risparmi

giovedì 1 Febbraio 2024
L’Istituto Nazionale di Statistica ha comunicato i dati relativi ai risparmi degli italiani. Alla fine del 2022 in forte calo la ricchezza netta delle famiglie in termini reali, pari a 10.421 miliardi di euro. Rispetto al 2021 è diminuita dell’1,7% in termini nominali, dopo tre anni di crescita. Queste statistiche confermano il trend attuale con i dati siciliani rilevati anche dall’ultimo report del Cgia Mestre.
La nota sulle stime sulla ricchezza dei settori istituzionali in Italia negli anni 2005-2022 elaborate dall’Istat e dalla Banca d’Italia, anche in confronto con altre economie avanzate conferma il trend di difficoltà della famiglie italiane e siciliane.
L’inflazione “galoppa” e a risentirne è tutta l’Italia e in particolare nel Sud, e in particolare in Sicilia dove le famiglie, a causa dell’aumento dei prezzi di beni e servizi, ha prodotto una perdita del potere d’acquisto di oltre 4.000 euro.
Il Trentino Alto Agide, è “maglia nera” in questa particolare classifica, superando i 9 mila euro a famiglia. “Quasi come una nuova patrimoniale” fa notare la Cgia di Mestre nel suo report.
I dati siciliani del report Cgia Mestre 

 

Negli ultimi due anni, l’aumento dell’inflazione ha impattato pesantemente sui conti degli italiani. Ha influito così tanto che Cgia di Mestre paragona le stime di perdita del potere di acquisto ad una tassa patrimoniale.

 

 

 

Il confronto con le Regioni

Il dato quindi è superiore a quello del Trentino Alto Adige, che comunque rimane protagonista con le perdite più alte, che si è fermato ad un aumento dei prezzi al consumo del 15,3 per cento.

Secondo i dati dell’associazione Artigiani e Piccole Imprese è tutto il Sud a mostrare statistiche negative più contenute. Tre regioni su cinque segnano le perdite più basse d’Italia.

 

 

Nel “ranking per perdita a famiglia” la Sicilia è 13° al terzultimo posto, dimostrando una certa resistenza all’aumento dei prezzi causato dall’inflazione.

RisparmioL’aumento dei prezzi causati dall’inflazione costa comunque alle famiglie della Sicilia una perdita di 4.415 euro e negli anni 2022 e 2023 l’inflazione in Sicilia ha portato ad aumento dei prezzi al consumo del 16 per cento. È il secondo aumento più alto in Italia, anticipato solo dal 16,4 per cento della Liguria.

A quelle della Calabria a 4.205. In Basilicata a 4.891 a nucleo. Superano i 5 mila euro le famiglie della Campania e della Puglia. Aggiungendo un’inflazione che è aumentata, rispettivamente, del 13,9 e 14,9 per prezzi al consumo.

Al contrario oltre 7 mila euro sono andati persi, a famiglia, in Liguria (7.107), Veneto (7.121) o Lombardia (7.432) posizionata alle spalle del Trentino.

 

Le province siciliane

Un dato positivo che viene confermato anche dal posizionamento in classifica provinciale.

 

Messina mostra il dato “peggiore” registrandosi 82° su 107 province considerate, Enna è 93°, Catania 95°, Caltanissetta 98°,  Trapani 106esima. L’inflazione “ha morso” in Sicilia, ma molto meno che nel resto d’Italia.

I nove comprensori siciliani sono tutti posizionati, come detto, nelle zone più basse.

Comune di Messina

Messina, che è 82esima ha perso in potere di acquisto quasi 5 mila euro (4.955). Agrigento è invece 87esima, ha una perdita anche in questo caso superiore alla media regionale, pari a 4.759 euro a famiglia.

Le famiglie a Palermo (4.608 euro) sono riuscite a salvare dall’inflazione 151 euro rispetto quelle di Agrigento (4.795 euro), mentre Enna si posiziona al 94° posto  con un perdite pari a 4.529 euro. Catania, 95°, rispetta invece la media regionali con 4.431 andati “in pasto” alla crescita dell’inflazione.

Scendono sotto la media quattro province siciliane che sono CaltanissettaRagusaSiracusa Trapani, nella classifica della Cgia Mestre posizionate rispettivamente al 98°, 99°, 105° e 106° posto nella classifica.

Un risultato positivo, in particolare per Siracusa Trapani scese fin sotto i tre mila euro di perdite in potere di acquisto. In definitiva anche le province siciliane sono decisamente meglio posizionate rispetto ad altre nel resto d’Italia.

La provincia di Bolzano è quella che ha subito la maggiore perdita, con una media di 10.444 euro. seguita da Milano Trento, con perdite medie di 8.677 euro e 8.048 euro rispettivamente.

Questi sono i calcoli che riguardano la spesa per i beni di consumo, a cui si aggiungono Imu Tasi, imposte di bollobollo autocanone Rai-Tv, imposta ipotecaria (1,8 miliardi), successioni donazioni, insieme a tutte le altre imposte previste dalla Stato sul patrimonio degli italiani.

Fonte Dati: Report Ufficio Studi Cgia Mestre

 

Dati nazionali Istat sui risparmi degli italiani

 

Alla fine del 2022 la ricchezza netta delle famiglie italiane, misurata come somma delle attività non finanziarie (abitazioni, terreni, ecc.) e delle attività finanziarie (depositi, titoli, azioni, ecc.) al netto delle passività (prestiti a breve termine, a medio e lungo termine, ecc.), è stata pari a 10.421 miliardi di euro .
Rispetto al 2021, la ricchezza netta in termini nominali è diminuita dell’1,7%, dopo tre anni di crescita; in termini reali la riduzione è stata molto più marcata (-12,5%), per via della forte pressione inflazionistica, iniziata nel 2021 e proseguita nel 2022.
La ricchezza netta è scesa anche in rapporto al reddito disponibile, da 8,7 a 8,1, raggiungendo il livello più basso nel periodo di indagine della presente pubblicazione, tornando ai livelli del 2005.
Le attività finanziarie si sono contratte del 5,2%, principalmente per effetto della riduzione del valore delle azioni e degli strumenti del risparmio gestito. Dopo circa un decennio sono tornati a crescere i titoli di debito detenuti dalle famiglie, in buona parte emessi dalle amministrazioni pubbliche, mentre l’aumento dei depositi è stato contenuto, dopo il forte accumulo osservato nel triennio precedente.
Le attività non finanziarie (6.317 miliardi di euro) sono aumentate del 2,1% a prezzi correnti (+131 miliardi), riflettendo soprattutto la crescita del valore delle abitazioni, che ha riportato l’incremento più elevato dal 2009 (+2,4%; +125 miliardi). Ciò è stato determinato in prevalenza dall’aumento dei prezzi medi del patrimonio abitativo a fine 2022, in un contesto di crescita del numero di compravendite registrato sul mercato residenziale negli ultimi anni  nonché di riqualificazione degli immobili trainata dai bonus edilizi.
Il valore degli immobili non residenziali è rimasto stabile, interrompendo la fase di contrazione in atto dal 2012. Al contrario, le attività finanziarie (5.135 miliardi) si sono ridotte del 5,2%, trainate dal calo del valore delle riserve assicurative (-146 miliardi), delle azioni (-101 miliardi) e delle quote di fondi comuni (-94 miliardi). La crescita dei depositi è sensibilmente diminuita (+15 miliardi, era stata di quasi +80 miliardi nella media del triennio precedente), mentre per la prima volta dal 2012 hanno ripreso ad aumentare le detenzioni di titoli di debito (+22 miliardi), principalmente emessi dalle amministrazioni pubbliche.
Le passività finanziarie sono cresciute del 2,8%, in particolare per l’incremento dei prestiti (+23 miliardi), che è stato tuttavia leggermente inferiore rispetto al 2021 (+28 miliardi).
Gli andamenti negativi dei mercati finanziari hanno determinato una riduzione dei valori delle attività finanziarie, che è stata solo in parte controbilanciata dagli acquisti netti di nuovi strumenti finanziari.
RC auto- assicurazioni-assicurazione-Le famiglie hanno riportato perdite in conto capitale, derivanti principalmente dalla svalutazione di riserve assicurative, quote di fondi comuni, azioni e titoli. Si è interrotta la crescita dei depositi delle società non finanziarie osservata durante la crisi pandemica.
Alla fine del 2022 la ricchezza netta delle società non finanziarie è risultata pari a 956 miliardi di euro, in aumento di 245 miliardi rispetto al 2021, riflettendo una crescita della ricchezza lorda (+125 miliardi) e una riduzione delle passività (-120 miliardi).
Tra le attività non finanziarie, pari a 3.090 miliardi, sono aumentati di circa il 7% sia gli impianti e macchinari industriali sia le altre opere; tra le attività finanziarie, pari a 2.310 miliardi, è cresciuto il valore delle azioni (+5,2%), seppure in maniera più contenuta di quanto osservato nel 2021.
I depositi, che nel biennio precedente erano aumentati di quasi 140 miliardi (da 388 a 526 miliardi tra il 2019 e il 2021), sono cresciuti solo di 6 miliardi nel 2022 per effetto della ripresa degli investimenti e del venir meno del movente precauzionale che aveva caratterizzato la pandemia.

Dal lato delle passività, pari a 4.445 miliardi, il calo delle consistenze di azioni (-94 miliardi) e di titoli di debito (-20 miliardi) è stato quasi interamente determinato dalle riduzioni dei prezzi degli strumenti finanziari.

La crescita delle passività finanziarie (+2,8%) è riconducibile soprattutto alla componente dei prestiti.

Alla fine del 2022, la ricchezza netta delle amministrazioni pubbliche è risultata negativa per 1.188 miliardi di euro, in miglioramento rispetto al 2021 per effetto di una crescita delle attività (+4,7%) e di una riduzione delle passività (-6,9%).
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